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Intercettato un messaggio per il Presidente della Regione Puglia

Lettera di Babbo Natale a Nichi Vendola

Dall'inquinamento alle basi militari, Babbo Natale quest'anno esprime la sua delusione a Nichi. Sfiorata la tragedia mentre sorvolava la raffineria: "Quasi precipitavo per la puzza", confessa. E minaccia di fare sciopero se...
24 dicembre 2006
Babbo Natale

Caro Nichi,
volando dall'alto della mia slitta quest'anno non vedo una Puglia migliore.
Babbo Natale


Ho notato che poco è cambiato. Gli stessi poligoni di tiro, le stesse basi militari, le stesse industrie puzzolenti.

Ma vedo che il peggio deve ancora arrivare: un rigassificatore per Brindisi, uno per Taranto... E non è finita. Da Genova portano a Taranto i fumi più velenosi, tutta la produzione a caldo dell'acciaieria, quella più inquinante, proprio quella che lì non vogliono più.

So di tante persone a letto. Non sono ammalate di influenza ma di cancro.

E non è finita qui la storia, caro Nichi: la raffineria di Taranto la vogliono ampliare! Volandoci sopra quasi precipitavo per la puzza.

Tornando per questo Natale devo proprio confessarti che non ho trovato la Puglia più bella che mi avevi promesso ma un futuro grigio e peggiore.
Nichi Vendola


Caro Nichi, credo che prima o poi dovrò fare sciopero.

Vengo dal Polo (non quello delle Libertà) e devo dirti che i ghiacci si stanno sciogliendo. Gli scienziati scuotono il capo. Tra trentacinque anni le calotte polari non le vedremo più. E mentre venivo in Puglia ho saputo che il signor Riva non vuole ridurre i fumi dalle sue ciminiere. Sbirciando fra i giornali leggo che questo signore non ha alcuna intenzione di rispettare il protocollo di Kyoto per la riduzione delle emissioni. E che è disposto a licenziare 4000 operai pur di non diminuire i fumi delle sue ciminiere.

Corpo di Bacco! Visto che lo incontri digli di cambiare idea!

Invece di licenziare 4000 operai farebbe bene a comprare un po' di impianti nuovi e più puliti: ma tu queste cose gliele hai dette? Lo sai che ha conti in banca da nababbo? Io, con i miei superpoteri, riesco a vedere oltre il segreto bancario e so che avrebbe i soldi per pulire tutta Taranto. Ma non mette mano al portafogli! Io a quello gli porto sempre del carbone, ma è tutto inutile: lui lo prende e lo butta sul quartiere dei Tamburi a Taranto. E le case si sporcano ancora di più.

Fra trentacinque anni lui, il signor Riva, non esisterà più. E non esisterà più l'Ilva. E - ricordalo - non esisteranno più le calotte polari: a voi spetta il compito di fermare il disastro!

La mia slitta fra qualche hanno non avrà ghiacci su cui scivolare. Come la mettiamo?

Caro Nichi, ricordati di quando eri bambino e ogni tanto pensami. Vivo nei tuoi ricordi, vivo nel cuore di tutti i bambini e di tutti gli uomini di buona volontà. Sono la speranza dell'umanità. Sono l'attesa di un mondo più bello. Senza di me, che cosa vi rimarrà?

Buon Natale, Nichi.

Il tuo

Babbo Natale

Note: Riva accusato di truffa ed estorsione



Taranto - Nessuna clemenza per Riva: due giorni dopo la richiesta di condanna a 3 anni e mezzo nel processo che vede coinvolti i vertici di Ilva e Agip per inquinamento atmosferico, il pm Maurizio Carbone, ha chiesto 5 anni di reclusione per Emilio Riva, accusato di truffa ed estorsione ai danni dei 316 lavoratori “Nuova Siet”, la più grande ditta dell’appalto Ilva. In particolare si contesta il licenziamento di 300 lavoratori con una finta chiusura che, secondo il magistrato, sarebbe stata solo una manovra per riassumerli ex novo alleggerendo salari e diritti. Nessuna scelta per gli operai: sarebbero stati costretti ad accettare con ricatti ed estorsioni. L’inchiesta e il processo sono partiti da un esposto dello “Slai Cobas”, all’epoca sindacato maggioritario nella Rsu “Nuova Siet”, e parte civile in questo processo con 150 dipendenti. Decisa l’arringa del magistrato che ha ricostruito nei dettagli la vicenda, precisando le singole responsabilità. Tra gli imputati, oltre al presidente del gruppo Riva, il figlio Claudio, Biagiotti, responsabile dell’ufficio personale Ilva, e l’ex amministratore delegato della Siet, Perona. Insomma un Natale che non si presenta nel migliore dei modi per l’industriale, imputato in ben due processi e con la spada di Damocle di ben due condanne. Due giorni fa, infatti, il pubblico mistero, Franco Sebastio, e il sostituto Alessio Coccioli, hanno chiesto cinque condanne e un “non luogo a procedere” per prescrizione nel processo per l’inquinamento atmosferico causato alla città dal 2000 ad oggi. I pm hanno chiesto la condanna a tre anni e sei mesi di reclusione per il presidente del Cda del gruppo Riva, Emilio Riva, e per il direttore dello stabilimento siderurgico di Taranto, Luigi Capogrosso; tre anni e due mesi di reclusione sono stati chiesti per Roberto Penza, all’epoca dei fatti dirigente del reparto cokerie dell’Ilva. Il “non luogo a procedere” per prescrizione è stato chiesto per il figlio di Emilio Riva, Claudio. Tutti rispondono di omissione di cautele contro gli infortuni sul lavoro, getto pericoloso di cose, violazione di norme antinquinamento e danneggiamento aggravato di beni pubblici. Degli ultimi tre reati rispondono anche due ex dirigenti dell’Agip di Taranto, Domenico Elefante e Alfredo Moroni, per i quali è stata chiesta la condanna a quattro mesi di arresto e l’assoluzione dall’accusa di danneggiamento. Dopo la requisitoria hanno tenuto le arringhe i legali delle due parti civili, Legambiente e la Uil. Il processo, che si tiene dinanzi al giudice monocratico Martino Rosati, riprenderà l’8 gennaio 2007.

Intanto sullo stabilimento si abbatte la pesante tegola ambientale: secondo il protocollo di Kyoto il siderurgico dovrebbe ridurre la produzione del 40% per salvaguardare l’ambiente. Ciò significa che all’Ilva si potranno produrre 6 milioni di tonnellate d’acciaio annue, a fronte delle 10 prodotte attualmente. Un danno enorme non solo per Taranto ma per l’intera industria siderurgica italiana. Riva chiede l’intervento del Governo. Una misura in contrasto con i piani industriali, che prevedono un incremento produttivo e degli organici, che potrebbe ricadere direttamente sui lavoratori. La parola a Roma: salvaguardare l’ambiente o il lavoro di centinaia di operai?

Stefania Menditto

21.12.2006 ore 12:35:00.
http://www.ilmeridiano.info/articolo.php?Rif=4321

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