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L'Associazione per meglio contestualizzare l'ipotesi Rigassificatore in Puglia ha collaborato nella stesura delle controdeduzioni presentato la seguente inchiesta

La politica energetica in Puglia in confronto alle altre regioni

10 maggio 2007
Associazione Sviluppo Sostenibile

Il Piano energetico della Puglia attende l'approvazione del consiglio

Gran parte del mondo scientifico , come conferma il recentissimo Rapporto dell’ IPCC dell’Onu, concorda nel sostenere che il clima della Terra possa essere influenzato dalle emissioni di gas ad effetto serra di origine antropica. Nonostante vi siano notevoli incertezze, la parte rilevante della comunità scientifica ritiene che sia necessario intraprendere, seguendo il cosiddetto “principio di precauzione”, delle azioni immediate per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra.

L’anidride carbonica, principale gas serra, presente oggi nell’atmosfera è pari a poco più di 372 ppm in volume e continua a crescere annualmente di alcuni parti per milione, come è largamente evidenziato dalla rete mondiale di monitoraggio che con puntualità (WMO) fornisce le oscillazioni della concentrazione di CO2 nell’atmosfera.

Anche ponendo in atto, da subito, efficaci misure capaci di diminuire significativamente le emissioni annue di origine antropica di gas serra, il valore del forcing globale è destinato a crescere per molti anni ancora. I gas ad effetto serra non sono solo quelli a tutti noti ed inclusi nel Protocollo di Kyoto, ma ad essi è necessario aggiungere l’ozono ed i suoi precursori, che sono oggetto di altre convenzioni internazionali tese al loro controllo o limitazione.

Il trend virtuoso delle emissioni di CO2 e degli altri gas ad effetto serra degli anni scorsi si riduce, e questo è dovuto ad una richiesta maggiore di produzione di energia elettrica, che presenta picchi estivi analoghi ai picchi invernali. Gli impianti di produzione elettrica sono aumentati per numero e potenza installata, causando notevoli impatti sia territoriali che idrici (sui consumi per il raffreddamento).

Permane in ritardo la messa in cantiere dell’efficienza della rete di trasmissione, mentre le stime di risparmio ottenibile (pari a circa 11.000 MWe) con questa azione la indicano come uno dei terreni di intervento più importanti. L’insieme del quadro appare preoccupante per il raggiungimento degli obiettivi previsti nel Piano Nazionale Assegnazioni (PNA) delle quote del protocollo di Kyoto sul quale emerge che, confrontando tecnologie in essere e attuali prestazioni, le imprese hanno solo circa due anni di tempo per approntare le innovazioni tecnologiche e gestionali loro richieste per realizzare le riduzioni previste di emissioni, pena il pagamento delle multe.

Dal punto di vista del risparmio energetico si rileva il ritardo nell’applicare le nuove tecnologie nel settore residenziale, ed anche nel settore trasporti permane un grave ritardo nell’approntare le trasformazioni del sistema nel suo complesso, con ormai situazioni al limite dell’emergenza nell’ambito urbano e nel trasporto merci: nel primo per gli impatti sulla salute e sulla qualità della vita, e nel secondo per i costi crescenti, con settori nei quali il carburante incide ormai per il 40% del costo finale del prodotto. Il gas climaterante più importante in termini di emissioni è la CO2. Le emissioni di CO2 costituiscono, oltre l'80% delle emissioni di tutti i gas coperti dal Protocollo di Kyoto.

Data la predominanza delle emissioni di CO2 rispetto agli altri gas ad effetto serra, e visto che il settore energetico costituisce la fonte di emissione prevalente, nel seguito si considereranno esclusivamente le emissioni di CO2 dal settore energia; tale scelta, nonostante l’elevato potenziale di riscaldamento globale del metano, del protossido di azoto e dei fluorocarburi è giustificata dal fatto che solo una quantità limitata delle emissioni di tali gas deriva direttamente dal settore energetico e quindi le politiche necessarie per il loro contenimento attengono principalmente ad altri settori produttivi quali ad esempio l’agricoltura.

La fonte dei dati, che in qualche caso hanno richiesto una elaborazione autonoma, è il rapporto Energia e Ambiente dell’ENEA ,del 2005, l’ultimo pubblicato al momento, che costituisce il riferimento ufficiale anche per l’Istat. Al fine di comprendere la grandezza delle quantità in gioco, conviene ricordare 1 Mtep è pari a 11,6 miliardi di kWh termici, corrispondenti a 4,5 miliardi di kWh elettrici. Il consumo energetico italiano per il 2000 è stato di 185 Mtep con un tasso di crescita annuale dell’1%. A soddisfare tale consumo hanno contribuito le fonti endogene di energia per il 14,4%, mentre la quota d’energia importata è stata dell’85,6%.

E’ possibile fare una prima riflessione a commento dei dati italiani, si osserva che la dipendenza dell’energia importata è fortemente al di sopra della media europea e pone il Paese in una situazione di insicurezza strategica rispetto alle crisi petrolifere internazionali. Ogni apporto di energia endogena, per questo motivo, deve essere visto con grande favore ed apprezzato economicamente per il suo valore strategico: è senza dubbio il caso delle fonti rinnovabili. Mentre la realizzazione di nuovi rigassificatori , compresi quelli di Brindisi e Taranto, non favorisce la riduzione dell’energia importata, ma solo cambia la qualità di essa.

Per la connessione che ha con le problematiche delle fonti rinnovabili, occorre sottolineare che ogni kWh prodotto con centrali termoelettriche si accompagna ad una emissione di CO2 equivalente pari a circa 750 g. Ne consegue che ogni kWh di energia rinnovabile immesso nella rete evita l’immissione nell’atmosfera di circa 750 grammi di gas serra.

Nel 2003 il settore energetico italiano, nel suo complesso, è stato responsabile dell’emissione di circa 447 Mt di anidride carbonica( rispetto ad un valore di circa 401 milioni di tonnellate di CO2 emesse nel 1990). Di queste, circa il 35% è emesso dalla produzione e trasformazione dell’energia, seguito dal settore dei trasporti con il 27,6% e dalle industrie manifatturiere e delle costruzioni e dagli altri settori che si equivalgono con circa il 18%.

Purtroppo le emissioni d’anidride carbonica, in parallelo con la tendenza alla crescita dei consumi di energia, dopo essere aumentate del 14% tra il 1990 e il 2004, dovrebbero aumentare ancora del 4% circa tra il 2004 e il 2012, e progressivamente meno negli anni successivi (a tassi medi annui inferiori allo 0,5%).

Il costante aumento delle emissioni di CO2 che segue quello dei consumi energetici può essere spiegato con il fatto che la crescita del livello d’attività non è compensata da sufficienti diminuzioni dell’intensità energetica del PIL, mentre sia la quota di fonti fossili sul consumo totale che l’intensità carbonica dell’energia fossile si riducono solo nel breve periodo.

In termini relativi, l’intensità carbonica dell’energia (CO2 emessa per tep) si riduce principalmente nella prima parte dell’orizzonte temporale, mentre tende a stabilizzarsi nel lungo periodo, poiché la sostituzione del petrolio con il gas naturale viene parzialmente compensata dall’aumento del consumo di carbone, mentre le fonti rinnovabili, pur aumentando in valore assoluto, restano relativamente marginali.

Le emissioni pro-capite aumentano invece in modo costante, a tassi medi annui leggermente inferiori allo 0,5%, determinando un avvicinamento al valore medio pro-capite dei Paesi europei (nonostante il clima più favorevole). A livello settoriale le variazioni seguono l’impatto dei prezzi sui consumi energetici, per cui le riduzioni sono concentrate nell’industria e nel settore elettrico, mentre la variazione delle emissioni nel settore trasporti è piuttosto marginale.

Sulla base delle quantità di prodotti trasformati e consumati, ricavate dai bilanci energetici regionali e riferite all’anno 2003, sono state stimate le emissioni di CO2.

Le emissioni di CO2 sono diverse a livello regionale, dipendendo dagli impieghi delle fonti energetiche (produzione, trasformazione, usi finali).

Le scelte di intervento per la loro riduzione saranno pertanto adeguate alle quantità di emissioni e alle caratteristiche di ciascuna Regione:

.

Nel settore Termoelettrico sette Regioni (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lazio, Puglia, Calabria e Sardegna) hanno fatto registrare quote di emissione di CO2 da quasi il 40% in su, fino al massimo del 48,1 % della Puglia.

Le emissioni di CO2 per abitante, in Italia, sono state pari a 7,8 tCO2/ab. nel 2002; la Liguria (13,5tCO2/ab.) ha registrato il valore più elevato, seguita dalla Puglia (12,7 tCO2/ab.);

Inoltre la tabella mostra inequivocabilmente che la Puglia è la prima regione italiana per emissioni di CO2 nel settore termoelettrico, che comprende anche gli impianti meno inquinanti (centrali a ciclo combinato gas-vapore). La seconda regione la Lombardia con una popolazione doppia emette solamente il 60 % della CO2 della Puglia.

I tre risultati illustrati devono indirizzare la politica energetica della Puglia esclusivamente nel campo delle energie rinnovabili . La realizzazione di nuove centrali termoelettriche a combustibili fossili non ha nessun senso in una regione che già purtroppo contribuisce al non rispetto del Protocollo di Kyoto. Anche la realizzazione di impianti come i rigassificatori, che hanno un impatto diretto limitato sulle emissioni, ma che presentano emissioni nel ciclo di vita (si pensi alle emissioni dei motori delle navi per il trasporto del gas liquido) e problemi di sicurezza non trascurabili, deve essere quindi ripensata in una regione che produce una “impronta ecologica” già piuttosto elevata.

Prof. Nicola Cardinale - Università della Basilicatà

Per ulteriori informazioni sul Decreto Liberalizzazione dell'energia elettrica (D.Lgs 79/99 cosiddetto "Decreto Bersani") e i derivanti impatti ambientali, consultare gli allegati

Note: L’Associazione Sviluppo Sostenibile persegue l’obiettivo di rappresentare una infrastruttura per l’esercizio allargato della cittadinanza e per la partecipazione attiva al governo della città di Bari da parte della società civile, sostenendo attivamente proposte di intervento sui grandi temi di interesse pubblico. L’aspetto innovativo di questo progetto è che esso tende a far convergere, in un unico contenitore, alcune componenti ecologiste storicamente rappresentate nella città e varie professionalità provenienti dalla società civile, tra gli addetti alla ricerca e formazione della Scuola, dell’Università, del Politecnico e del Consiglio Nazionale delle Ricerche, al fine di rendere disponibili competenze e capacità in più settori della vita pubblica, e costituire una sorta di rete scientifica di consulenza, un comitato di esperti con competenze nelle discipline scientifiche per contribuire al miglioramento della qualità della vita e dello sviluppo sostenibile della nostra città. L’Università e il Sistema Ricerca rappresentano un motore socio-culturale responsabile della produzione dei saperi finora usato al minimo delle sue potenzialità e che sviluppandosi può incarnare il tessuto connettivo dell’innovazione e contribuire allo sviluppo del sistema paese e dell’ambiente materiale ed immateriale in cui sono collocati, con contributi programmatici e interventi sistemici a garanzia dello SVILUPPO SOSTENIBILE dell’economia e della conoscenza. Lo scopo dell’Associazione, nata nei primi mesi del 2004, è di affrontare temi come l’ambiente urbano; la produzione di cultura e la formazione; il diritto alla salute, la responsabilità e l’etica delle professioni, la qualità e la trasparenza della comunicazione pubblica; la prevenzione della devianza e dell’illegalità. Nei suoi 3 anni di attività Sviluppo Sostenibile ha prodotto con oggi 4 proposte progettuali che ha messo a disposizione della cittadinanza intera ovvero:

1) lo studio di fattibilità per il progetto “Parco sulla Fibronit”
2) il progetto di riqualificazione urbana del quartiere Libertà con la sede per l’amministrazione della Giustizia
3) progetto per il porto di Bari
4) futuro del Policlinico

Abbiamo così inteso contribuire alla realizzazione del progetto di “democrazia partecipata” per il governo della città, intervenendo nel dibattito pubblico sulle scelte per il futuro sviluppo urbanistico della città e del territorio in modo da consentire la partecipazione della cittadinanza attiva alla costruzione di un progetto strategico volto a migliorare la qualità della vita e dello sviluppo della città mediante l’elaborazione di contributi programmatici e interventi sistemici a garanzia dello sviluppo sostenibile. La “governance” dello sviluppo sostenibile, intesa come interazione tra istituzioni, soggetti economici e società civile nel favorire l’economia, la professionalità e l’impiego, nell’implementazione delle politiche di sostenibilità considera la gestione delle risorse ambientali cruciali per la sostenibilità dello sviluppo dell’area mediterranea e, in particolare nella valorizzazione delle risorse locali ambientali nel rispetto delle norme internazionali per lo sviluppo sostenibile, comprese le modalità di circolazione delle informazioni e di sensibilizzazione pubblica riguardo al rischio ambientale. Riteniamo che la soluzione di problemi complessi quale quelli ambientali, si possa trovare solo con il contributo di competenze multiple che contribuiscono alla formazione di una intelligenza collettiva, e non ricorrendo all’apporto di esperienze individuali qualificate come “massimamente esperte”. Pertanto il metodo utilizzato è quello dell’approccio multidisciplinare attraverso il quale professionalità diverse offrono competenze e sensibilità al servizio della cittadinanza per contribuire al miglioramento della qualità della vita.

La soluzione di problemi complessi quali i problemi legati all’inquinamento ambientale, rappresentano l’esempio eclatante di come solo partecipando attivamente alla costruzione di un progetto strategico per il governo che sia davvero condiviso e partecipato, si può raggiungere l’obiettivo di migliorare la qualità della vita e dello sviluppo della nostra società. L’elaborazione progettuale si basa sull’attività di un gruppo multidisciplinare di esperti provenienti dall’area di ricerca dell’Università, dal Politecnico e dal CNR, che hanno lavorato per tappe costruendo una proposta collettiva che rappresenta una sintesi del contributo offerto dai singoli individui che hanno consentito di convogliare ogni specifica competenza in una proposta che tiene conto di ognuno degli aspetti conflittuali che la trasformazione richiede, e ne propone un’adeguata soluzione. E’ tempo che la città si evolva secondo modelli che non includano più nei progetti l’interesse privato, l’indolenza verso le acquisizioni della scienza e verso i bisogni vitali che emergono dalla società civile, nella consapevolezza che l’unico modo di poter “risparmiare” economicamente è quello sul lungo periodo di investire sulla “salute” della città e dei suoi abitanti, confortati dal concetto di sostenibilità dello sviluppo secondo i più avvertiti protocolli internazionali.

Elda Perlino
Presidente associazione Sviluppo Sostenibile

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