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Sulla campagna di monitoraggio incombe la possibilità che l’Ilva nei prossimi giorni fermi l’Agglomerato. Una condizione che non consentirebbe di effettuare controlli reali delle emissioni in atmosfera

Diossina, controlli in forse

“I test devono essere realizzati in una situazione di funzionamento routinario degli impianti”
17 maggio 2007
Michele Tursi

12052007

C'è un rischio che incombe sulle operazioni di monitoraggio della diossina immessa in atmosfera dallo stabilimento Ilva. Un pericolo che, per il momento, è ancora potenziale, ma che potrebbe compromettere il buon esito dei test il cui avvio è fissato per il prossimo 11 giugno. Sarebbe stata paventata, infatti, la possibilità di una fermata dell'impianto di agglomerato nei prossimi giorni. Se l'ipotesi fosse confermata si tratterebbe di una condizione che non consentirebbe una fotografia reale delle emissioni. Secondo quanto stabilito in una riunione svoltasi lo scorso sette maggio, i controlli sarebbero dovuti iniziare l'11 giugno a cura dell'Arpa e del Cnr (quest'ultimo su incarico della stessa Ilva). Sono previsti sei campionamenti di otto ore ciascuno. Tre sono a cura dell'Agenzia regionale per l'ambiente attraverso l'utilizzo di una sonda isocinetica collocata a 54 metri dal suolo. Gli altri tre saranno effettuati dal Cnr.

E' chiaro che la fermata dell'impianto, anche parziale, in concomitanza con l'avvio dei test, offrirebbe un risultato alterato nel senso che non registrerebbe le emissioni di diossina con l'agglomerato nelle normali condizioni di marcia. Ad allarmare i tecnici dell'Arpa è stato un sopralluogo effettuato nei giorni scorsi a cui sono seguiti altri incontri nella sede di Bari dell'Agenzia. Il direttore generale dell'Arpa, professor Giorgio Assenato, con la ferma pacatezza che lo contraddistingue, per ora, getta acqua sul fuoco. “Fino a questo momento - spiega - il programma di controlli della diossina resta confermato.

Da parte nostra c'è la volontà di tenere fede agli impegni previsti nell'atto d'intesa, ma questo dipende dalle condizioni di agibilità che l'Ilva potrà garantirci perchè è evidente che i controlli devono essere effettuati in una situazione di funzionamentoroutinario degli impianti”. Tra l'altro, va sottolineato che la campagna di monitoraggio per l'Arpa (che è una struttura pubblica e quindi finanziata con il denaro dei cittadini pugliesi) comporterà uno sforzo professionale ed economico notevole finalizzato aveva sottolineato lo stesso Assennato lo scorso sette maggio “a tutelare l'ambiente e la salute dei cittadini di Taranto e delle zone limitrofe”. L'emergenza diossina è esplosa in tutta la sua drammaticità in seguito all'aumento stimato dall'Imes (Inventario Nazionale Emissioni e loro Sorgenti) secondo cui nel 2005 le emssioni sono aumentate a 93 grammi annui, portando così l'Ilva a produrre il 90,3 % di tutto l’inquinamento industriale nazionale da diossina. Nonostante questi dati l'Ilva rientra nei valori di legge per effetto dell'autorizzazione rilasciata dalla Regione Puglia nel 1999 che prevede un tetto teorico di 210 grammi.

A tal proposito lo stesso Assennato aveva ricordato che per lo stabilimento Lucchini di Trieste, la Regione Friuli ha imposto un limite di 0,4ng/m³, il cui rispetto viene periodicamente monitorato. A fronte di ciò in una sua nota Arpa Puglia giudicava comunque “significative” le emissioni di diossina e auspicava la revisione della soglia massima adottando “nell'immediato almeno i limiti dell'Agenzia per Protezione Ambientale (Epa), pari a 1ng/nm³”. Michele Tursi

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