Il Sindaco Ezio Stefàno chiede una mano a Tarantini
Senso civico, spirito di appartenenza, responsabilità personali, voglia di partecipare, rimboccandosi le maniche e non delegando solo alle funzioni di controllo o repressione. Ezio Stefàno scrive ai tarantini l’ultimo di una serie di appelli che, per tv o attraverso i giornali, godono dello stesso comune denominatore: l’invito a vivere la città collaborando alla sua rinascita, prima ancora che alla crescita socio-economica. La lettera di Stefàno va intesa come un appello a tutti. Proprio tutti, politici e alleati compresi. Non è la prima volta che il sindaco si rivolge alla città, utilizzando la questione igienica o l’emergenza vivibilità per far intendere, una volta per tutte, che solidarietà e condivisione programmatica, oltre che operativa, sono ricette la cui applicazione è indifferibile.
«C’è chi mi rimprovera per decisioni che non condivide; c’è chi mi incoraggia e mi invita a tener duro, confermandomi la sua fiducia; c’è chi mi scrive o mi fa sapere d’esser disponibile a dare un contributo - d’opera e di idee - per far rinascere questa città; c’è anche chi si propone in prima persona ad “affiancarmi” nella gestione della città lasciando intendere d’avere - lui sì - la ricetta giusta».
La premessa è di chi ascolta e legge qualsiasi messaggio. Chi conosce Stefàno, sa che il pediatra è così: parla con tutti. Da qui, la seconda necessità: rispondere a tutti in una volta sola. «C’è, insomma, un multiforme approccio al dramma che la città sta vivendo, e che fa da cassa di risonanza ai mille problemi già presenti ma aggravati dal dissesto, in cui risuonano il lavoro che non c’è, l’inadeguatezza dei servizi, l’emarginazione dei più deboli, la tentazione della fuga o del rinchiudersi in se stessi» spiega il sindaco, affidandosi ad un’analisi cruda ma realistica.
L’invito è quantomai perentorio. Viene rivolto a tutti, come detto. Ai cittadini e probabilmente anche ai politici, appunto, protagonisti due volte. «Occorre reagire, pensare in positivo: se non ne fossi convinto, non avrei fatto le scelte che ho fatto. Ho qualche rimpianto, ma so che rinunce anche dolorose sono necessarie se portano a conquistare un bene più grande qual è riportare la mia città fuori dalle sabbie mobili in cui è precipitata».
Non è un segno di resa. Del resto, non vi sarebbero i presupposti. Ma il dissesto è una dolorosa certezza e la bagarre politica una costante mina vagante.
«A tutti voglio rivolgere un appello: lavoriamo tutti insieme per far rinascere Taranto. L’ho detto e l’ho ripetuto, ho più volte invitato tutti i tarantini ad offrire il loro contributo, ho sempre sostenuto che tutti insieme
possiamo, mentre divisi andremo incontro al fallimento. E’ un appello che ripeto con forza e con convinzione ancora maggiore: tanto più grande quanto più difficile sembra la salita e più lontana la vetta. Ad ogni tarantino chiedo ciò che può dare.
L’esempio, innanzitutto: essere cittadini esemplari, che rispettano la loro città, non costa sacrificio ed è anzi motivo di intima gratificazione. Se in alcune occasioni ho invitato i miei concittadini a non gettare le carte per strada, ad usare in modo opportuno i cassonetti per i rifiuti, a utilizzare paletta e sacchetto nell’accompagnare il cane a passeggio, insomma ad osservare le regole – anche le più spicciole – non intendevo banalizzare i problemi di Taranto ma trasmettere la mia convinzione che gli atti quotidiani e i comportamenti dei singoli sono la base irrinunciabile su cui si costruisce la città che tutti vogliamo. Cominciamo da qui.
«Certo - si legge ancora nella missiva del sindaco - sono altri e di ben altra portata i problemi che ci assillano e che minacciano di rallentare il nostro cammino. Ma anche per gran parte di questi problemi - strade dissestate che il Comune non può riparare, edifici degradati perché trascurati dai proprietari, giardini abbandonati, discariche abusive e via discorrendo: la città! C’è chi può, c’è chi potrebbe - se vuole - dare una mano a tutti noi. Se il singolo cittadino può e deve dare il suo contributo già solo adottando un comportamento civile, vi sono le imprese - piccole medie e grandi, ciascuna secondo i propri mezzi - che possono aiutare tutti noi (non il Comune, ma tutti i tarantini) a restituire alla città la sua bellezza, l’ordine, il piacere di viverci».
Si scende nel pratico, nel giornaliero:
«Se i commercianti tenessero pulito il pezzo di marciapiedi su cui s’affacciano i loro esercizi, se la piccola impresa s’offrisse di cambiare le lampadine fulminate sul proprio tratto di strada, se vi fossero medie e grandi imprese che volessero riasfaltare le strade più malandate, o rimettere su edifici o scuole malandati, o ripulire e spianare zone di periferia da adibire a parcheggio o a zona di svago attrezzata per i bambini. Se…».
«Il mio appello - spiega infine il sindaco, rivolgendosi a tutti i tarantini - serve a fare in modo che i “se” trovino chi si offra spontaneamente a fare, dopo il tanto dire. Rimbocchiamoci le maniche tutti indistintamente - chiede ancora Stefàno, rivolgendosi con forza alla città intera - destiniamo alla città una parte di ciò di cui disponiamo, ritroviamo l’orgoglio di sentirci comunità, tanto più unita e capace di lottare quanto più è dura la lotta e difficile tornare al sorriso. Io ci credo, e so che in molti mi risponderanno» chiude la missiva.
Mittente, Ippazio stefàno. Destinatari, i tarantini tutti. Di centro, di destra e di sinistra. Il dissesto è un’epidemia che non risparmia nessuno
Allegati
Un Marziano a Taranto - 1parte
736 Kb - Formato jpgL'articolo recentemente pubblicato da L'Espresso che disegnava il Sindaco di Taranto come un "Marziano"Un Marziano a Taranto - 2parte
2698 Kb - Formato jpgL'articolo recentemente pubblicato da L'Espresso che disegnava il Sindaco di Taranto come un "Marziano"
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