Diossina Record all'ILVA di Taranto: Comunicato del "Comitato x Taranto"
La diossina ha un impatto cancerogeno, provoca malformazioni e patologie terribili. L'allarme diossina lanciato negli scorsi anni dal movimento ambientalista tarantino aveva un fondamento. Lo dimostrano i dati dell'Arpa che ora vengono anche commentati e accompagnati da una serie di importanti proposte operative per ridurre le emissioni di diossina.
Il Comitato per Taranto si è riunito il 17 settembre per analizzare la relazione tecnica dell'ARPA (Agenzia Regionale Protezione Ambiente) della Puglia sulla rilevazione delle diossine nei fumi di processo emessi dal camino E 312 dell'impianto di agglomerazione AGL/2 dell'ILVA di Taranto.
La relazione dell'ARPA Puglia contiene molte posività che proviamo ad elencare anche se in modo parziale e per sommi capi.
1) ADOTTARE I LIMITI EUROPEI.
L'Arpa ritiene opportuno che si adotti il limite di 0,4 nanogrammi a metro cubo di diossine come avviene in Friuli Venezia Giulia per l'impianto di agglomerazione di Servola. Tale limite del Friuli Venezia Giulia - che recepisce le norme europee - è stato ampiamente superato dalle rilevazioni effettuate all'Ilva di Taranto. Se l'impianto di agglomerazione di Taranto fosse in Friuli Venezia Giulia esso sarebbe già stato fermato per provvedere all'adozione delle migliori tecnologie disponibili. Fra le proposte di carattere normativo e prescrittivo, l'ARPA Puglia parla della "fissazione del valore limite di 0,4 ng I-TEQ/Nm3 alle emissioni di PCDD/F del camino E 312". Esattamente ciò che abbiamo chiesto noi, oer non rimanere cittadini di serie B con limiti non conformi alla normativa europea.
2) ELIMINARE LA "LEGGE-REGALO".
La relazione ARPA riporta informazioni di grande interesse e pregio. Elenca, a titolo esemplificativo, ciò che hanno fatto da tempo le nazioni europee per ridurre le emissioni di diossina. Ad esempio, si legge che l'Austria da tempo aveva fissato il limite delle diossine a 0,4 nanogrammi a metro cubo per scendere a 0,1 nel 2006. In Inghilterra il limite è a 0,2; in Germania anche i vecchi impianti di agglomerazione devono puntare all'obiettivo di 0,1 nanogrammi a metro cubo. In Olanda, caso per caso, il limite degli impianti oscilla fra il limite di 0,4 e di 0,1. Nel lungo elenco delle legislazioni spicca infine l'Italia per non aver adottato i limiti europei. Il paradosso è che l'impianto di agglomerazione di Trieste è soggetto a normative differenti rispetto a quello di Taranto. L'impianto di Trieste è infatti sottoposto alla severa legislazione europea mentre quello di Taranto è regolato dalla blanda e compiacente legge italiana. Una annotazione vale più di tante parole: la legge italiana che vale per Taranto (ma non per Trieste) è stata "creata" dal governo Berlusconi e offerta su un piatto d'argento a Riva poco prima di terminare il suo mandato. Solo grazie a questa "legge-regalo" oggi i valori di diossina dell'Ilva a Taranto sono "a norma". Se invece fossero stati applicati i sopra citati limiti europei la diossina dell'impianto di agglomerazione di Taranto sarebbe "fuori norma". Dipende da chi fa le norme...
3) FISSARE NELL'AIA I NUOVI LIMITI.
L'Arpa Puglia chiede che il limite di 0,4 nanogrammi a metro cubo sia fissato nell'AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), esattamente come richiesto dal Comitato per Taranto con raccomandata al Ministero dell'Ambiente del 10 agosto scorso. Inoltre la relazione chiede il "coinvolgimento esplicito di ARPA Puglia nel processo di verifica della conformità della gestione dell'impianto alle prescrizioni contenute nell'AIA". In altre parole: basta con la favola del bravo controllato che è controllore di se stesso.
4) FARE CAMPIONAMENTO 24 ORE SU 24.
L'Arpa Puglia chiede l'"installazione sul camino E 312 di un sistema di campionamento continuo dei microinquinanti, che consentirebbe l'effettuazione di prelievi attivati in modo "remoto" per periodi di osservazione prolungati". E' esattamente ciò che il Comitato per Taranto ha richiesto formalmente al Ministero dell'Ambiente ed è uno dei punti più qualificanti perché con la tecnologia del monitoraggio in continuo si potrà sapere 24 ore su 24 e 365 giorni all'anno quanta diossina esce dal camino dell'impianto di agglomerazione, persino la notte. Il che sarebbe un passo in avanti eccezionale in quanto di notte l'Ilva inquina di più, complice il buio e l'assenza di reali ed efficaci controlli. Tali controlli sarebbero realizzati da un ente esterno all'Ilva: sarebbe una novità importantissima che noi abbiamo chiesto che venga attuata da subito.
5) CONTROLLARE GLI ALIMENTI.
L'Arpa Puglia chiede che venga realizzato un "controllo sistematico delle ricadute al suolo dei microinquinanti, con analisi su matrici adeguate alla ricerca di diossine (in alimenti, flora, fauna, terreni, aria) e simulazioni modellistiche delle ricadute delle emissioni su area vasta". Questo significa l'analisi di ciò che mangiamo. E' il passo successivo all'attuale monitoraggio. Gli studi scientifici infatti indicano che la diossina entra nel corpo umano attraverso l'inalazione (1,5%) e l'alimentazione (98,5%). Rimane quindi da fare ancora il grosso del monitoraggio per capire quanta diossina mangiamo. Sarebbe importante analizzare quanta diossina è presente nel corpo umano attraverso l'analisi del sangue, del tessuto adiposo e del latte materno.
6) ADOTTARE NUOVI ELETTROFILTRI.
L'Arpa sottolinea la necessità di adottare, a partire da nuovi elettrofiltri, le migliori tecnologie diponibili per ridurre al minimo le emissioni di diossina). E aggiungiamo noi: 700 milioni di euro di utili nel 2006 consentono a Riva di acquistare nuove e più efficienti tecnologie. Il Gruppo Ilva non piange miseria: "Il settore siderurgico - si legge in una nota stampa Ilva del 15 settembre 2007 - non sta assolutamente attraversando un periodo di crisi o di affanno; al contrario vive un momento di grande crescita come si può facilmente dedurre osservando il bilancio consolidato del Gruppo Riva che nell'ultimo esercizio (2006) ha registrato i migliori risultati della sua storia, raggiungendo tra l'altro un Utile di esercizio di quasi 700 milioni di euro, dei quali gran parte sarà reinvestita proprio nel potenziamento e nel miglioramento dei propri impianti a Taranto".
7) DOVE FINISCONO LE POLVERI ALLA DIOSSINA?
L'Arpa Puglia punta il dito sulle polveri contaminate da diossina e trattenute dagli elettrofiltri. Che fine fanno? L'ARPA ha chiesto di acquisire "i risultati delle caratterizzazioni di tutte le materie in ingresso ed uscita dagli impianti, per il periodo di rilevazione di PCDD/Fs, incluse le polveri prelevate dagli elettrofiltri primari e secondari per le quali si è già richiesto che siano identificate le quantità ricircolate dai primari sulla Linea E e quelle smaltite come rifiuti a partire dal 1 gennaio 2007 ed i relativi CER". L'ARPA richiede l'"eliminazione completa del riciclo delle polveri derivanti dagli elettrofiltri primari ESP e smaltimento delle stesse in conformità alla normativa secondo le risultanze analitiche delle analisi per la classificazione dei rifiuti". Noi abbiamo chiesto queste cose subito dopo il monitoraggio, con una lettera aperta pubblicata sulla stampa. Ricordiamo che i "rifiuti alla diossina" dovrebbero andare in discariche di tipo 3, che sono quelle per i rifiuti più pericolosi e tossici e ad oggi non ne esistono in Puglia.
8) L'EFFETTO "MULINO BIANCO" HA FOTOGRAFATO UN'ALTRA ILVA.
La relazione in più punti annota che nei giorni del monitoraggio l'impianto è stato gestito in condizioni "ottimali" e ben diverse dalla gestione "routinaria". E' una conferma dei dubbi da noi manifestati: parlammo di "effetto Mulino Bianco". I dati confermano una sostanziale riduzione delle emissioni inquinanti proprio nei giorni del controllo, mentre nei giorni precedenti e successivi le emissioni sono ritornate alla "normalità", ossia a valori molto più elevati rispetto a quelli ottimali osservati durante i controlli. Ciò significa che la diossina emessa in condizioni normali è ben maggiore di quella registrata dall'ARPA.
9) CONFERMATI I DATI DI PEACELINK.
Ciò nonostante le proiezioni annue di diossina effettuate dall'ARPA Puglia sono addirittura superiori rispetto a quelle contenute nel dossier di PeaceLink, basato sulle stime INES. Questo dimostra che il dossier di PeaceLink che lanciò l'allarme era fondato e veritiero, anzi era addirittura "moderato" rispetto a ciò che è stato misurato dall'ARPA. PeaceLink diffuse la stima di 93 grammi/anno di diossina. L'ARPA ne calcola ben 119/anno sulla base dei rilievi finali dell'ultimo giorno di rilevazione (si veda pagina 31 della relazione). Questo significa che in 45 anni di produzione di agglomerato (funzionamento dell'impianto di agglomerazione - Attenzione, AGL/2 è entrato in esercizio nel 1974 in aggiunta ad AGL/1) potrebbero essere stati prodotti anche circa 5 chili di diossina.
10) QUANTE SEVESO CI SONO STATE A TARANTO IN 45 ANNI?
La quantità di diossina fuoriuscita nell'incidente di Seveso del 1976 è ancora oggetto di dibattito e non tutti gli studiosi concordano sulle stime. A tale scopo e per cautela ci siamo attenuti ai dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). A Seveso secondo l'OMS sarebbero fuoriusciti nell'incidente catastrofico dell'Icmesa dai 2 ai 3 chili di diossina. Questo significa che nella nostra città ci sarebbero state 2 Seveso "a lungo termine". Ma le cose potrebbero essere andate ancora peggio. Infatti le rilevazioni dell'ARPA sono avvenute in condizioni anomale in quanto è stata insufflata artificialmente aria nel camino per diluire i fumi. Le rilevazioni su fumi "diluiti" hanno fatto sorgere forti dubbi nella stessa ARPA. Se si applicasse una "normalizzazione all'11%" dell'ossigeno e si defalcasse l'"aria fresca" insufflata, le concentrazioni sarebbero ben maggiori e si giungerebbe ad un calcolo di 290 grammi di diossina/anno. Proiettando questo calcolo sui 45 anni di produzione di agglomerato (funzionamento del centro siderurgico) si ottengono oltre 13 chili di diossina pari a 5 "Seveso a lungo termine" spalmate su 45 anni e con fumi diffusi su tutta la Puglia e la Basilicata da un camino di oltre 200 metri.
Ormai l'ARPA Puglia ha concluso la sua complessa indagine.
Ora la palla passa dall'ARPA alla politica.
Di fronte a questi dati la Regione Puglia e gli enti locali devono scegliere. Possono dare attuazione alle varie raccomandazioni dell'ARPA o ignorarle. O prendere tempo, come da tempo accade. Possono intervenire o meno anche essi nell'Autorizzazione Integrata Ambientale Ilva, sostenendo le richieste fatte dall'ARPA e dal Comitato per Taranto. Possono chiedere che a Taranto vengano applicati gli standard europei a difesa della salute.
I prossimi giorni ci diranno se chi governa le istituzioni farà il suo dovere. Capiremo chi si sarà schierato dalla parte dei cittadini e chi a tutela degli interessi di Riva. E anche chi non farà nulla dimostrerà di essersi di fatto schierato: dalla parte sbagliata.
"Per noi l'Ilva è in regola", ha dichiarato l'assessore regionale all'ecologia Michele Losappio. E' un brutto segnale.
Biagio De Marzo
Stefano De Pace
Salvatore De Rosa
Giulio Farella
Alessandro Marescotti
Pietro Mottolese
Antonietta Podda
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