Economia, i nodi da sciogliere
ZONA FRANCA URBANA
Si attende la risposta dell’Unione europea a cui il Governo ha inviato la proposta per le Zfu, Zone franche urbane. Obiettivi di queste zone già sperimentate in Francia: attrarre investimenti e favorire il rilancio dello sviluppo, oltrechè la stessa riqualificazione urbana, attraverso un mix di agevolazioni e incentivi anche di carattere fiscale. Taranto sarà fra le realtà che sperimenterà le Zone franche urbane. Sul tavolo c’è la proposta espressa da Confindustria e sulla quale s’è già registrata la condivisione delle istituzioni e cioè una Zona franca urbana tra i quartieri Tamburi e Lido Azzurro, tra l’area portuale e quella retroportuale. Questa proposta mette insieme due tra le aree più degradate della città (i Tamburi sono a ridosso dell’Ilva e quindi vivono l’impatto dell’inquinamento industriale), ma guarda anche alle nuove potenzialità di sviluppo se si considera che porto e retroporto sono uno dei più importanti asset dell’economia locale. La proposta della Zone fu recupera diversi progetti e, per Confindustria, «mira alla valorizzazione del porto di Taranto». Le progettualità cui si fa riferimento sono l’Accordo di programma quadro (in fase di sottoscrizione tra Governo e Regione) per il risanamento del rione Tamburi (49 milioni di euro da spendere della delibera 2000/2004 del Cipe), il Programma integrato territoriale 6 (fondi Por Puglia 2000-2006) che fa leva sulla portualità e sulla logistica, uno studio di fattibilità per la creazione di una Società di trasformazione urbana (Stu) proprio nell’area in questione.
ILVA
Almeno tre le questioni aperte con l’azienda siderurgica del gruppo Riva: 1) attenzione ai temi della sicurezza sul lavoro e dell’impatto ambientale; 2) verifica dell’attuazione dell’Atto d’intesa; 3) andamento degli investimenti. Sull’ambiente, c’è da discutere il piano che di recente l’Ilva ha fatto apoprontare dal Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) e che prevede ulteriori interventi sui parchi minerali, con un rafforzamento e miglioramento di tutte le procedure finalizzate a contenere la dispersione delle polveri, e l’innalzamento di una barriera verde tra la città, il rione Tamburi, e la fabbrica. Nei giorni scorsi, intanto, gli assessori comunali all’Urbanistica e all’Ambiente, Alfredo Cervellera e Bruno Pastore, hanno già avuto con i dirigenti Ilva un primo confronto sugli aspetti legati alla salvaguardia dell’ambiente e alle misure in programma per abbattere i livelli di emissione dello stabilimento. In particolare, Pastore e Cervellera hanno approfondito il cronoprogramma previsto dall’Atto d’intesa per l’applicazione delle Bat (le migliori tecnologie in materia di gestione degli impianti siderurgici) e il progetto della nuova barriera frangivento che impedisca la diffusione delle polveri, così come previsto nell’Accordo di programma di prossima adozione (è quello relativo alla riqualificazione di parte del rione Tamburi con i 49 milioni di euro della delibera Cipe).
La barriera antipolveri, hanno chiarito i dirigenti Ilva, sarà alta 21 metri ed integrerà quella già esistente. In questo modo avverrà il completamento delle colline ecologiche a salvaguardia delle aree limitrofe allo stabilimento. E intanto saranno resi noti oggi i risultati completi riguardanti i controlli delle diossine eseguiti dall’Arpa Puglia (l’Agenzia regionale di protezione ambientale). La verifica dei livelli di diossina del siderurgico è una delle ultime integrazioni inserite nell’Atto d’intesa tra Ilva, parti sociali, Regione e iastituzioni locali. Ora i dati verranno pubblicati sul sito di Arpa Puglia: www.arpa.puglia.it Il campionamento dei fumi emessi dal camino E312 dell’impianto di agglomerazione è stato effettuato dall’11 al 16 giugno scorsi. Alle operazioni di rilevamento si sono alternati, nei sei giorni, i tecnici di Arpa Puglia, dell’Istituto nazionale di chimica dell’ambiente (a cui si è affidata l’Arpa per le analisi) e del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr, scelto dall’Ilva).
I campioni ottenuti attraverso l’utilizzo di una sonda al titanio, capace di captare gas e polveri, sono stati analizzati all’Istituto nazionale di chimica dell’ambiente a Porto Marghera e presso i laboratori dell’Istituto inquinamento atmosferico del Cnr a Roma. Inoltre, i dati del monitoraggio sono stati materia di una relazione presentati dall’ingegnere Roberto Primerano di Arpa Puglia a «Dioxin 2007», un simposio scientifico che si è tenuto a Tokyo dal 2 al 7 settembre.
ARSENALE
L’attenzione è concentrata sulla prossima Finanziaria. Si tratta di vedere quali risorse possono essere recuperate per il miglioramento e l’ammodernamento degli Arsenali, sapendo già in partenza che non ci sono tanti soldi a disposizione (anzi, bisogna vedere che succede con la stretta che Padoa Schioppa ha imposto a tutti i ministeri di spesa) e che in ogni caso bisognerà lavorare ad un piano minimo. Lo stretto necessario che eviti all’Arsenale un ulteriore depauperamento impiantistico, tenuto conto che l’area riservata alle imprese è da mesi sotto sequestro e che buona parte dell’indotto è in cassa integrazione.
PORTO
A fine anno l’Autorità portuale avrà 50 milioni di euro da investire nelle opere infrastrutturali. Sono i fondi dell’avanzo di amministrazione, risultato di più elementi, non ultimo l’allentamento delle stretta finanziaria che il Governo aveva effettuato sui porti negli anni precedenti. A queste risorse vanno poi sommate le maggiori entrate pari a circa 15 milioni di euro. Tasse di ancoraggio ed erariale che con l’ultima Finanziaria vanno appunto alle Autorità portuali e non più allo Stato. Il porto di Taranto può quindi spendere e lavorare sui grandi obiettivi che si è dato, ovvero sviluppo della logistica e aumento del traffico container e navi ro-ro per il servizio di cabotaggio. Ma prima bisogna affrontare alcune questioni a monte: i dragaggi, una rete ferroviaria efficiente, gli insediamenti retroportuali: Distripark e Agromed. Sui dragaggi si attende che il Governo emetta la nuova regolamentazione. In assenza, progetti bloccati e investimenti a rischio, a partire dalla piattaforma logistica proposta dal gruppo Gavio con un investimento di 156 milioni di euro. Non migliore è la situazione di Distripark e Agromed, due progetti per i quali sono state costituite società ad hoc ferme però da un sacco di tempo.
RIGASSIFICATORE
Non ci sono novità sul progetto presentato oltre un anno fa dagli spagnoli di Gas Natural (8 miliardi di metri cubi annui di gas, 42 mesi di lavoro e 4-500 milioni di euro di investimenti). Gli stessi spagnoli, intuendo il clima non proprio favorevole ai rigassificatori hanno più volte chiesto di sospendere la procedura di valutazione di impatto ambientale da parte del ministero dell’Ambiente. Il che consente di tenere le bocce ferme a Roma, Bari e Taranto. Dunque, uno stop in attesa di tempi migliori. E di valutare, da parte di Gas Natural, se c’è una qualche disponibilità da parte dell’Amministrazione comunale, per la quale - sono le ultime dichiarazioni del sindaco Ezio Stefàno in proposito - «il rigassificatore, per ora, non serve a Taranto perchè impedirebbe lo sviluppo del porto. Quando il porto decollerà ed esprimerà le sue potenzialità, valuteremo con i tecnici i rischi, i vantaggi e le opportunità».
RAFFINERIA
Fra un mese, un mese e mezzo tornerà a riunirsi in Prefettura la cabina di regia istituita dalla Regione allo scopo di verificare, prima del via libera, il piano di potenziamento della raffineria di Taranto presentato dall’Eni. Un miliardo di euro di investimenti e aumento della capacità produttiva da 6,5 a 11 milioni di tonnellate tra benzina e gasolio. Provincia e Arpa hanno chiesto all’Eni nel corso dell’ultimo incontro (giovedì in Prefettura) una risposta su una serie di quesiti: emissioni di C02, impatto sulla sicurezza, ripercussioni sul traffico navale. L’Eni si è impegnata a rispondere per iscritto, ma il clima del vertice è stato definito sostanzialmente buono dalle parti. Insomma ci sono le premesse per continuare a discutere.
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