Nichi Vendola sulla diossina dell'Ilva di Taranto
Portale Ambientale della Regione Puglia
Il Presidente
Bari, 21 settembre 2007
prot. n. 6308/sp
All’On. Alfonso Pecoraro Scanio
Ministro dell’Ambiente
Gentile Signor Ministro,
nella nostra Regione, e, specificatamente, nell’area industriale di Taranto, all’interno del centro siderurgico ILVA, opera un impianto di agglomerazione che, sulla base delle stime EPER/INES, produce più del 90% del totale delle emissioni di diossine negli impianti industriali italiani.
Nell’ambito del protocollo d’intesa siglato tra questa Regione, gli Enti locali, le parti sociali e l’ILVA, è stato specificamente prevista una campagna di monitoraggio per la misura delle diossine emesse dal camino dell’impianto di agglomerazione. A seguito di tale campagna, realizzata nei giorni 11-16 giugno u.s. da parte dell’INCA, Istituto Nazionale di Chimica per l’Ambiente di Venezia, per conto di Arpa Puglia, e da parte del CNR – Inquinamento atmosferico, per conto dell’Azienda, sono stati finalmente ottenute le prime misure di diossine nei fumi del camino, nonché misura sulle immissioni in tre diversi siti a varia distanza dalla sorgente. Mentre i risultati relativi alle immissioni nelle matrici ambientali hanno mostrato valori al di sotto dei limiti di legge, più problematici appaiono i livelli di emissione di diossine nel camino, che oscillano tra 2,4 e 4,9 ngi-teq/Nm3.
Tuttavia, una volta ottenuti i risultati si è posta la questione del confronto dei livelli riscontrati con i valori limite indicati dalle normative vigenti: il problema sorge dall’impossibilità di raffrontare il valore della concentrazione totale dei 17 congeneri previsti dalla norma, corretta per la tossicità equivalente (I-TEQ), con il limite di legge del D.Lvo 152/06, pari a 10 ng/Nm3, che si riferisce invece alla concentrazione totale di tutti i 210 congeneri di diossine e furani. In effetti, tutta la letteratura in materia e gli stessi documenti di riferimento europei, oltre che la normativa nazionale sugli inceneritori (D. Lvo 133/05), sono riferiti alle concentrazioni dei congeneri tossici di PCDD/Fs espresse in TEQ. La situazione normativa si è resa ancor più confusa con l’approvazione nel 2006 del Protocollo di Aarhus e della decisione CEE/CEEA/CECA n. 259 del 19 febbraio 2004, ratificata con la legge 125 del 2006 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 13 maggio 2006, nella quale si indica che i riferimenti normativi alle diossine devono essere espressi in termini di tossicità equivalente (TEQ) non già come valori assoluti, come indicato nel decreto legislativo 152.
La soluzione a tale groviglio normativo, che crea turbamento ed inquietudine nella pubblica opinione pugliese, può essere operativamente ottenuta a livello dell’Autorizzazione Ambientale Integrata (AIA) che il Ministero col supporto di Apat sta curando per l’ILVA, dato che in essa saranno definite le modalità di adozione delle BAT da parte di ILVA e i corrispondenti nuovi standard stabiliti ai fini dell’autorizzazione stessa. Si fa comunque presente che il contesto normativo europeo, pur essendo piuttosto variegato, include Paesi che hanno adottato valori molto conservativi (Germania con 0,4 ngTEG/NM3) e Paesi con standard più elevati.
Con la presente questa Regione sollecita ad una rapida definizione dei nuovi livelli autorizzativi a livello di AIA, risolvendo definitivamente il problema legato alla condizione del limite fissato dal Decreto legislativo 152/2006.
Il rilancio industriale del più grande stabilimento siderurgico d’Europa non può non passare attraverso un radicale abbattimento delle emissioni inquinanti e attraverso l’ammodernamento tecnologico e la “ambientalizzazione” degli impianti produttivi.
Nichi Vendola
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