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L'iniziativa di un oncologo dopo le strane morti di persone e pecore: «In Campania nessuna area è immune»

Diossina ad Acerra rilevate da analisi fai da te

In Campania ci sono 835 laboratori di analisi di cui 700 privati, ma nessuno è in grado di rilevare il livello di diossina nel corpo umano.
25 settembre 2007
Antonio Marfella (Tossicologo-oncologo della Fondazione Pascale)
Fonte: IlManifesto

Manifestazione Acerra Dallo scorso marzo ad Agnano, Napoli, è attivo un centro capace di verificare tali valori tossicologici del sangue, ma stranamente non entra in funzione. Un tossicologo-oncologo della Fondazione Pascale, il professor Antonio Marfella, sulla scia dello scandalo di Acerra, dove uomini e pecore continuano ad ammalarsi e a morire, ha optato per il fai da te. Si è sobbarcato le spese (oltre 5 mila euro) e ha inviato quattro prelievi di sangue all'Inrca di Venezia, che monitora gli operai di Porto Marghera, nonché in Canada tramite Benedetto De Vivo, docente di chimica ambientale e geologia della Federico II.

Ad essere sottoposti al biomonitoraggio di diossine, Pcb (policlorobifenili) e metalli pesanti, tre viventi e un morto: lo stesso Marfella, il colonnello dell'esercito Giampiero Angeli e due fratelli, pastori acerrani, Mario e Vincenzo Cannavacciuolo, quest'ultimo deceduto di tumore a maggio poco dopo il prelievo di sangue. I risultati sono stati comunicati domenica dall'Assise di Palazzo Marigliano a Napoli: Angeli 45 whote per picogrammo di grasso, Marfella 74, Mario Cannavacciuolo 47 e suo fratello deceduto 255; il valore medio di un abitante in una metropoli industrializzata dovrebbe essere 10. Questo significa che in tutti e quattro il livello tossicologico presente è di molto superiore a quello riscontrato nelle pecore di Acerra, centinaia di capi morti o abbattuti per sicurezza negli ultimi 10 anni.

Gli animali erano stati monitorati per un lungo periodo da Leopoldo Iannuzzi, un ricercatore del Cnr, che a maggio aveva riscontrato un livello di diossina 13 volte superiore a quello consentito per legge. Ma nonostante lo studio pubblico da brivido l'area non è mai stata messa in sicurezza, anzi al ricercatore sono stati tagliati i fondi e interrotto ogni esperimento. Oggi però si dovrà prendere atto che nella cittadina mai bonificata, dove invece a novembre entrerà in funzione l'inceneritore più grande d'Europa, gli abitanti sono intossicati dallo sversamento di rifiuti illegali e dallo scarico di industrie come la Montefibre o la ditta Pellini.

Che i cittadini, malati e non, presentano un livello d'inquinamento pesante delle matrici biologiche con presenza di diossina in alcuni casi in concentrazioni ben superiori a quanto indicato dall'Oms come tollerabili in città industriali. Livelli simili a quanto rintracciabile in aree gravemente inquinate da industrie chimiche, siderurgiche ed inceneritori, o in zone disastrate come Severo o Caffaro.

Ma c'è di più. L'intossicazione è presente ed elevata anche nel professor Marfella, che da decenni vive e lavora al centro storico di Napoli. Perché? «Nessuno è immune dall'inquinamento - spiega - quello che c'è ad Acerra arriva in tutta la Campania tramite le falde acquifere e il ciclo alimentare. E' inutile pensare di avere il fiume più inquinato d'Europa, il Sarno, e di essere al riparo solo perché non si beve direttamente quell'acqua. I risultati sono sconvolgenti lo dico in maniera colorita, a tutti e quattro la diossina ci esce dalle orecchie».

Marfella è da tempo malato cronico di epatite, ed è diabetico: «Con questi livelli di intossicazione è naturale - conclude - perché la diossina non provoca solo il tumore, ma gravi deficienze endocrine». L'Assise di Marigliano denuncia l'indifferenza delle istituzioni e chiede di prendere le dovute precauzioni: «No all'inceneritore in un'area da mettere in sicurezza».

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