Qualità dell’aria: Meno centraline, più personale
“Sempre più spesso, fin da quando Arpa Puglia ha iniziato la campagna di controlli sulle diossine emesse dal camino dell’impianto di agglomerazione dello stabilimento Ilva, mi sento porre ogni sorta di domande da parte di amici e conoscenti. Fra i vari quesiti, il più comune e ricorrente è quello sulle centraline (chiamate anche colonnine, stazioni di misura, sistemi di monitoraggio) di rilevazione della qualità dell’aria del Comune di Taranto, e sul perché queste non vengono riattivate.
Ciò mi ha fatto, quindi, rendere conto che, nonostante i numerosi articoli dedicati a questo argomento dai vari organi di stampa, ed escluso un ristretto gruppo di “esperti”, la maggior parte dei cittadini non ha idee chiare sullo stato dei controlli che, attualmente, vengono effettuati sull’aria, e su quelli che si possono – o si potrebbero – effettuare. Per prima cosa è bene chiarire che, anche se le centraline del Comune di Taranto non funzionano, a Taranto sono invece perfettamente funzionanti le stazioni di misurazione facenti parte della Rete Regionale di rilevazione della Qualità dell’Aria (RRQA) gestita dall’Arpa, che comprende 9 centraline all’interno del territorio comunale di Taranto e tre in provincia (Grottaglie, Mandria e Martina Franca), queste ultime appartenenti alla Provincia, ma facenti capo sempre ad Arpa Puglia.
I dati quotidiani e validati delle centraline dell’Arpa sono attualmente disponibili sul sito della stessa Agenzia (www.arpa.puglia.it) insieme con i report mensili, che espongono lo stato della qualità dell’aria a Taranto (non buona) e i superamenti dei limiti (frequenti). D’altra parte, nel mese di marzo di quest’anno, in seguito ad una riunione avvenuta in Prefettura proprio sul problema della riattivazione delle centraline di proprietà del Comune, l’Arpa ha presentato una proposta di riorganizzazione e razionalizzazione delle centraline per il monitoraggio della qualità dell’aria presenti in città.
Bisogna sapere infatti che, nella rete di 25 centraline attualmente presenti nel territorio del comune (di cui, come detto, solo le 9 di Arpa funzionano), sono presenti ridondanze (centraline disposte a pochissima distanza l’una dall’altra), incongruenze normative (postazioni di misura troppo vicine a strade, incroci, stazioni di distribuzione di carburanti) o stazioni di monitoraggio che misurano solo alcuni dei parametri previsti dalla normativa in materia.
Bisogna, quindi, razionalizzare la rete sia per razionalizzarne la spesa, perché ogni centralina costa mediamente dai 15.000 ai 20.000 euro l’anno di manutenzione – si tenga presente, per avere un riferimento, che il numero di centraline presenti nell’intera provincia di Milano, in base ai requisiti di legge, è di 24 stazioni; sia perché è più utile migliorare la qualità della rete di rilevazione, ampliando i parametri monitorati e conseguentemente il livello di conoscenza dello stato dell’aria, che aumentare indiscriminatamente il numero delle centraline.
È ovvio che per realizzare il suddetto piano è necessario l’assenso fra tutti gli enti interessati, ed un primo passo è stato già compiuto con la recente convenzione firmato fra Arpa Puglia e Amministrazione Provinciale di Taranto. Un altro fatto che va tenuto presente è che le centraline possono rilevare solo alcuni inquinanti, come le polveri (e il famoso “PM10”), gli ossidi di azoto, l’ozono, gli ossidi di zolfo, per i quali sono stati messi a punto monitor in continuo, cioè strumenti in grado di fornire, attimo per attimo e “automaticamente”, la concentrazione istantanea di tale parametro nell’aria.
Altri inquinanti, come le diossine, non possono essere misurati dalle centraline perché per essi sono necessari campionamenti di lunga durata, ed analisi molto complesse, svolte in laboratori specializzati e appositamente attrezzati. Bisogna spiegare, forse, che i campionamenti cosiddetti “in continuo” delle diossine, di cui qualcuno può aver sentito parlare (si annoverano, fra l’altro, tra le proposte fatte da Arpa nella sua relazione tecnica sui risultati dei campionamenti di diossine in Ilva) sono prelievi effettuati con campionatori automatici, quindi programmabili (anche “in remoto” e per un tempo anche di vari giorni) ma che poi, comunque, richiedono le stesse complesse e raffinate analisi di laboratorio.
Il nocciolo della faccenda è, quindi, che questi controlli richiedono risorse umane proporzionali al numero di controlli che si intendono effettuare, e sono questi gli investimenti necessari, più che quelli rivolti ad aumentare il numero delle centraline funzionanti. Discorso analogo vale per gli Idrocarburi Policiclici Aromatici, o IPA, quegli inquinanti prodotti dalle cokerie Ilva e che hanno la inquietante proprietà di essere cancerogeni dimostrati per l’uomo; anche se per tale parametro esistono, effettivamente, dei monitor “automatici” questi forniscono un dato parziale e non conforme alla normativa, mentre un dato analitico valido richiede un’analisi gas-cromatografica effettuata dopo campionamento dell’aria ad alto flusso.
Discorso analogo vale per i metalli “pesanti”, ovvero arsenico, nichel, cadmio e mercurio, per i quali, insieme agli Ipa, il recente Decreto 152/2007 impone il campionamento giornaliero, e le conseguenti analisi: dove stanno i laboratori finalizzati a tali determinazioni, e dove sono le unità di personale “dedicate” a tali attività?
È necessario, quindi, che la cittadinanza intera prema sugli Enti e, specialmente, sulla Regione Puglia, affinché l’Arpa di Taranto venga potenziata, in modo tale da essere in grado di effettuare tutti i controlli previsti e necessari, oltre che per ottenere l’adeguamento dei limiti delle emissioni per le diossine per lo stabilimento Ilva a quelli previsti dalla decisione dell’Unione Europea e ripresi dalla regione Friuli”.
Maria Spartera
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