Bambini con la sindrome del fumatore incallito a causa della diossina
Al ministro della Sanità
Al ministro dello sviluppo economico
Al ministro dell’Ambiente
Premesso che
da diverse fonti giornalistiche si apprende che il dott. Patrizio Mazza, primario di ematologia e vicepresidente della Ail Jonica avrebbe diagnosticato la sindrome del "fumatore incallito" in bambini di 10 anni residenti a Taranto, quartiere Tamburi, a ridosso del quale sorge il centro siderurgico ILVA,
Tale fenomeno si colloca in un contesto sanitario già gravemente compromesso, laddove i decessi per neoplasie risultano più che raddoppiati dal 1971 al 1996 e, sulla base dei dati del Dipartimento di Prevenzione della Asl di Taranto relativi al quadriennio 1998-2001 nella provincia jonica si registrano circa 1.200 decessi annui, dati che collocano Taranto, per le neoplasie tutte, fra le Aree del Sud- Italia a maggiore incidenza e per le neoplasie polmonari.
Il dott. Mazza, nelle dichiarazioni rilasciate, fa sapere di aver riscontrato personalmente “bambini di dieci anni tumori di tipologia adulta o senile, in altre parole un carcinoma del rinofaringe, che generalmente è un tumore che viene nell'anziano fumatore incallito", e che ha avuto modo di riscontrare “decine di famiglie con più di un membro familiare che si ammala dello stesso tumore, tumori altrimenti impensabili in altre sedi nazionali, leucemie o linfomi di aggressività inusitata", tanto da rilevare un "danno genotossico" esteso nella comunità tarantina.
Tale aumentata insorgenza di forme tumorali è da considerarsi causata dagli effetti mutageni e teratogeni causati dalle diossine, di cui questa città detiene un triste primato di produzione: a Taranto infatti, si concentra il 90% della diossina industriale italiana.
L'Ilva, secondo l’ARPA pugliese, immetterebbe nell'atmosfera un quantitativo di diossina pari all'8,8% del totale europeo, mentre rispetto al totale delle emissioni nocive europee incide per il 6,2% degli Ipa (Idrocarburi Policiclici Aromatici immessi in atmosfera.
Nel complesso, emerge dai dati ARPA una produzione di oltre 11,1 nanogrammi/m3 di diossine, quantitativo che supera abbondantemente i limiti previsti dalla legge di 0,1 nanogrammi/m3 ,
Nonostante tali dati siano sconcertanti, essi sono da considerarsi in difetto, in quanto risulta alla scrivente che l’ARPA sia attualmente in grado di monitorare, tramite le proprie centrali di rilevazione, solamente i fumi in ricaduta, poiché la rilevazione a camino risulterebbe eseguita da operatori dell’ILVA stessa. Senza dubitare sulla bontà delle auto-dichiarazioni fornite dall’azienda, risulta tuttavia evidente che la stessa ILVA abbia in capo la dualità di ruoli di controllore e controllato,
risulta infine alla scrivente che tale contesto sanitario sia stato precedentemente rilevato nel comune di Corigliano, sede di cokeria ed acciaieria ove era utilizzato un sistema di lavorazione a caldo, origine di sostanze ad alto potenziale inquinante, oggi in via di trasferimento proprio a Taranto, causando prevedibilmente un ulteriore aggravio della già evidente emergenza sanitaria.
Per sapere
- Se quanto descritto in premessa corrisponde al vero,
- Se i ministri in indirizzo non ritengano necessario prevedere l’installazione coercitiva di un sistema di monitoraggio continuo a camino eseguito dall’ARPA competente di diossina ed i molti altri inquinanti i cui effetti nocivi risultano ampiamente documentati,
- Quali misure intendano mettere in atto per tutelare la salute dei cittadini, e se non sia necessario prevedere un’indagine epidemiologia per verificare lo stato di salute dei cittadini esposti all’inquinamento prodotto dall’ ILVA.
Sen. Franca Rame
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