Una Petizione al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
Taranto 9 ottobre 2007
Al Presidente della Repubblica Giorgio NAPOLITANO
Palazzo del Quirinale – ROMA
Signor Presidente,
prima di decidere di inviarLe questa PETIZIONE, abbiamo esitato a lungo. Il nostro interesse è rivolto al miglioramento dell’inquinamento ambientale nella città di Taranto originato in larga misura dallo stabilimento siderurgico di Ilva SpA. Ci siamo resi conto, però, che la questione riguarda l’Italia intera.
Ha, quindi, prevalso il convincimento che, di fronte alle gravi anomalie che stiamo per evidenziare, Lei si pronuncerà nel modo più giusto in relazione al comportamento di Parlamento, Governo, Ministeri e Corte dei Conti e all’adozione di immediati provvedimenti a tutela dei cittadini italiani.
Con il D. Lgs. 372/1999 l’Italia ha adottato la Direttiva europea 65/96/CE. L’art. 4, comma 11 di tale Decreto stabiliva che tutti gli impianti dovessero essere in possesso di Autorizzazione Integrata Ambientale (nel seguito detta più brevemente AIA) entro il 30 ottobre 2007, data fissata nel 1996 per l’intera Unione europea (Direttiva 65/96/CE).
L'AIA condiziona l'esercizio degli impianti al rispetto di vincoli relativi alle emissioni di inquinanti in aria, acqua e suolo, limiti fissati con dispositivi di legge. Il successivo D. Lgs. 59/2005, che ha integrato e sostituito il D. Lgs. 372/1999, non ha modificato né i contenuti dell’AIA, nè la data entro la quale gli impianti devono esserne in possesso. La scadenza ultimativa del 30 ottobre 2007 era quindi nota in Italia almeno dal 1999, come pure era noto che l’impianto privo di AIA avrebbe potuto proseguire nell'esercizio provvisorio solo dietro proroga tassativamente non superiore a 6 mesi.
A Taranto abbiamo saputo qualcosa sulla procedura per l’AIA di Ilva solo agli inizi di agosto 2007, in barba agli obblighi di trasparenza e di consultazione fissati nella Convenzione di Aarhus e nella stessa normativa AIA. Nonostante il poco tempo a disposizione siamo riusciti a formulare le nostre “Osservazioni” all’“autorità competente” che, per gli impianti indicati dalla legge (praticamente le grandi aziende), è la Direzione Salvaguardia Ambientale del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Le “Osservazioni”, qui alleghiamo la lettera al Ministro Pecoraro Scanio e la “Sintesi”, sono di spessore tale che difficilmente la Direzione Salvaguardia Ambientale sarà nelle condizioni di emettere l’AIA e non sarà sufficiente neanche la proroga di sei mesi.
Non è né pensabile né auspicabile che il 30 aprile 2008 qualcuno possa ordinare all’Ilva di fermare gli impianti perché privi di AIA. La priorità assoluta è quindi che il Ministro Pecoraro Scanio decida, per l’AIA di Ilva Taranto, di seguire il percorso del comma 20 dell’art. 5 del D. Lgs. 59/2005 in base al quale “possono essere conclusi, di intesa tra lo Stato, le regioni, le province e i comuni territorialmente competenti e i gestori, specifici accordi, al fine di garantire, in conformità con gli interessi fondamentali della collettività, l’armonizzazione tra lo sviluppo del sistema produttivo nazionale, le politiche del territorio e le strategie aziendali”.
Sarà così possibile ottenere dall’Azienda la precisazione di strategie e piani attendibili, in un accordo/impegno solenne, immodificabile e garantito. Il nostro suggerimento può risolvere lo specifico caso di Ilva Taranto, ma resta il problema generale, che riguarda tutti gli impianti assoggettati ad AIA da parte di DSA. Stando alle ultime informazioni in nostro possesso, le “istruttorie” delle domande di AIA non sono neanche partite perché: 1° la Commissione a cui spetta fare l’istruttoria tecnica delle domande ancora oggi non è operativa in quanto la Corte dei Conti, da agosto, non ha ancora registrato il relativo Decreto di nomina; 2° il Ministero dello sviluppo economico non ha fissato le cosiddette tariffe IPPC, il cui mancato pagamento impedirebbe l’avvio dell’istruttoria per l’AIA.
L’insieme di questi due incomprensibili ritardi sancisce definitivamente che l’Italia non rispetterà gli impegni fissati dall’Europa con la Direttiva 65/96/CE. Le imprese continueranno ad esercire gli impianti senza impegni di sorta per ridurre l’impatto ambientale. I cittadini continueranno a subire le emissioni attuali senza alcun provvedimento migliorativo. Nessuno si preoccupa né delle conseguenze sulla salute delle persone, né delle sanzioni che la Corte di Giustizia europea potrà comminare, tanto sarà lo Stato a pagare.
A Taranto l’ARPA Puglia ha accertato definitivamente emissioni di diossina dall'impianto di agglomerazione dell'Ilva, con valori di concentrazione tali che l'impianto dovrebbe essere fermato se si trovasse in un qualsiasi Stato europeo tranne che in Italia dove, "misteriosamente", quel limite, di fatto, è stato alzato enormemente. In città l’allarme è notevolissimo e rischia di avere conseguenze di ogni genere perché la “diossina a Taranto” è ormai un caso nazionale mentre nessuna autorità scientifico - sanitaria è in grado di dire in quali condizioni e quantità la terribile diossina nuoce a uomini e animali.
Certi del Suo interessamento, Le porgiamo i nostri più deferenti saluti.
AIL – AIUTIAMO IPPOCRATE MARIA ANGELA MIOLA ONLUS - AMICI DI BEPPE GRILLO ASSOCIAZIONE FABRIC - ASSOCIAZIONE SINISTRA CRITICA- CENTRO GIOVANILE E UNIVERSITARIO JONICO - CIRCOLO CULTURALE CORIFEO COMITATO DI QUARTIERE CITTÀ VECCHIA - COMITATO JONICO PRO AGENDA 21 COMITATO PER TARANTO - COMITATO VIGILIAMO PER LA DISCARICA CONFEDERAZIONE COBAS – DELFINI ERRANTI - FGCI - GIOVANI COMUNISTI-GIUSTA TARANTO - IL CORMORANO - ITALIA NOSTRA - LIBERA - MOVIMENTO AZIONE CITTADINA - OSSERVATORIO DELLA LEGALITÀ - PEACELINK RETE JONICA PER L’AMBIENTE - TARANTOVIVA – UIL – WWF
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