Inceneritore? Verifichiamone l’impatto
Con riferimento alle affermazioni dell’ex vicesindaco Gaetano Carrozzo in merito all’Amiu ed in particolare al termovalorizzatore, preciso che tale impianto è stato acquisito dal Comune di Taranto per merito del giudice Pio Guarna che ha condannato con sentenza (confermata dalla Corte d’Appello) l’ex sindaco Rossana Di Bello, consentendo così il recupero a favore del Comune di Taranto dell’impianto affidato con la delibera “incriminata” alla Termomeccanica.
È stato solo grazie a quest’acquisizione che il commissario Blonda ha potuto in seguito donare il termovalorizzatore all’Amiu, donazione che ha consentito la ricapitalizzazione dell’azienda salvandola dal fallimento.
Però, contrariamente a quanto affermato dall’ex vicesindaco, non è auspicabile una rapida messa in funzione dell’impianto stesso dato che l’incenerimento dei rifiuti, fra tutte le tecniche di smaltimento, è quella più dannosa per l’ambiente e per la salute umana.
Tali impianti di smaltimento di rifiuti immettono infatti nell’atmosfera milioni di metri cubi al giorno di fumi inquinanti, contenenti polveri grossolane (pm10) e fini (pm2,5) costituite da nanoparticelle di metalli pesanti, idrocarburi policiclici, policlorobifenili, benzene, diossine estremamente pericolose perché persistenti e accumulabili negli organismi viventi. Un impianto simile, a causa degli elevati costi di gestione, è economicamente conveniente soltanto se brucia più rifiuti possibile.
Ma, più la combustione dell’inceneritore è efficace, più questo produrrà particelle letali che, una volta entrate nell’organismo, innescano tutta una serie di reazioni che possono tramutarsi in malattie quali neoplasie, malformazioni fetali, malattie infiammatorie, allergiche e perfino neurologiche.
Si capisce perfettamente come la convenienza di questa tecnica di smaltimento sia inversamente proporzionale alla salute dell’uomo. Inoltre, perché tale impianto bruci molto, necessita di notevoli quantità di rifiuti, e ciò ostacola fortemente quelle condizioni che dovrebbero invece incentivare la raccolta differenziata e la riduzione dei rifiuti. E dovrebbero invece essere proprio la riduzione dei rifiuti ed il rilancio della raccolta differenziata (insieme alla tecnica di compostaggio) i capisaldi di un serio piano industriale che punti alla ripresa dell’azienda Amiu, ormai al suo minimo storico in quanto a gestione consapevole ed ottimizzata dei rifiuti solidi urbani.
Ma a volte, purtroppo, le prospettive di lauti guadagni, i notevoli interessi economici che potrebbero sottostare a tali “scelte strategiche” possono “incenerire” quegli obiettivi primari di tutela e salvaguardia del benessere comune che una sana e responsabile società civile deve porsi. Pertanto, anche sulla base delle norme europee sulla gestione dei rifiuti, è un tipo di impianto da prendere in considerazione soltanto dopo che sono state avviate strategie di prevenzione, riduzione, riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti; infatti, soltanto dopo aver ben identificato la quantità di rifiuti non recuperabile si può dimensionare un impianto di smaltimento per questo residuo, che comunque dovrà essere “battezzato” e continuamente monitorato dall’Arpa perché sia garantito il rispetto del limite previsto dalle normative europee (gas dalla ciminiera al di sotto di 0,1 ng/m3).
Inoltre, anche se si tratta di un inceneritore a recupero energetico, cioè che permette di ricavare energia per produrre corrente elettrica, anche se con rese piuttosto basse, e calore, non è classificabile come impianto di recupero, bensì come impianto di smaltimento: la Corte di Giustizia Europea, con le sentenze C-228/00 e C-458/00 del febbraio 2003, ha stabilito questa classificazione in quanto la frazione di energia recuperata è 5-6 volte inferiore a quella persa nella combustione dei rifiuti.
Il riuso ed il riciclo sono nettamente più "valorizzanti" dell’incenerimento. Si risparmia molta più energia riutilizzando e riciclando una bottiglia di plastica di quanta energia non si ricavi dalla sua combustione, perché quest’ultima permette di recuperare solo una minima parte dell’energia e delle materie prime consumate per produrla. Concludendo, è solo quindi a seguito di un’ attenta e approfondita valutazione dei pro e contro di un tale metodo di smaltimento che si dovrebbe decidere quando e come rimettere in funzione il termovalorizzatore; valutazioni e decisioni che in ogni caso dovrebbero privilegiare non solo gli aspetti economici, ma anche e soprattutto la qualità della vita, a maggior ragione della vita di chi ormai da anni è costretto a fare quotidianamente i conti con l’aria che respira.
Filomena Vitale
consigliera comunale incaricata dal sindaco per l’Amiu
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