Cemit rilancia l’offshore
Cemit si candida per riportare a Taranto la costruzione degli impianti offshore dopo i «fasti» della Belleli e per questo chiede la concessione dell’area a mare Sidermontaggi (65mila metri quadrati).
La richiesta va domani all’esame del comitato dell’Autorità portuale. La questione è aperta e ci sono almeno tre aspetti da tenere in considerazione: la sentenza con cui il Tar di Lecce, il 10 ottobre scorso, ha sospeso il provvedimento della stessa Authority del marzo scorso col quale veniva concessa, per sei anni, alla procedura di liquidazione Sidermontaggi (l’azienda è infatti in concordato preventivo) l’area in questione; la disponibilità di Cemit a costruire a Taranto una serie di moduli off-shore e trattamento gas su commessa della brasiliana Petrobras, facendo un investimento ad hoc di 6 milioni di euro e assumendo un centinaio di unità; infine, l’orientamento dell’Autorità portuale a tenere sì conto della sentenza del Tar ma nel suo insieme, e quindi promuovendo una gara per l’assegnazione dell’area, ubicata sullo yard del molo San Nicolicchio. O, in alternativa, assegnando la stessa area a tutti i soggetti industriali che ne faranno richiesta sulla scorta di progetti da realizzare.
LA SENTENZA DEL TAR DI LECCE - E’ stata la prima sezione a pronunciarsi sul ricorso presentato da Cemit contro l’Authority. L’azienda - presieduta da Gerardo Pappalardo, vice presidente Confindustria Taranto, con un fatturato 2006 di 30 milioni di euro e 500 dipendenti - ha chiesto che venisse sospeso il provvedimento dell’Authority relativo alla concessione di un’area demaniale marittima alla procedura Sidermontaggi. Da rilevare che Cemit era affittuaria di un ramo di azienda Sidermontaggi e che in questa veste occupava un’area del porto già assegnata alla stessa Sidermontaggi effettuandovi lavorazioni offshore. Nel dicembre scorso, Cemit ha chiesto all’Authority la concessione diretta di quell’area, motivandola con un piano di investimenti, ma con due provvedimenti (a marzo e luglio scorsi) l’Autorità portuale ha detto all’impresa, che da molti anni opera a Taranto, di non poter accogliere la sua richiesta. Così è partito il ricorso di Cemit al Tar di Lecce. Cosa hanno risposto i giudici amministrativi? «La scelta del concessionario - si legge nel provvedimento firmato dal presidente Aldo Ravalli, estensore Ettore Manca - deve essere sempre conseguente ad una procedura competitiva e concorrenziale, ispirata ai principi comunitari di non discriminazione, parità di trattamento, trasparenza, mutuo riconoscimento e proporzionalità». Nel caso specifico, dice ancora la prima sezione del Tar di Lecce, «non sussistono le ragioni che consentono di derogare a tali principi, sia perchè in tal senso non rilevano precipuamente le ragioni dei creditori cui l’amministrazione (l’Authority - ndr) ha fatto riferimento, sia perchè non risulta del tutto evidente l’utilità, dal punto di vista del pubblico interesse, di una scelta diretta del concessionario limitata al 2007, quando comunque per gennaio 2008 la stessa amministrazione si è già impegnata a svolgere la gara, sicchè l’acquirente del ramo d’azienda Sidermontaggi non ritrarrà dalla concessione in esame alcuna siginificativa utiliità».
LE RAGIONI DELLA CEMIT - Forte ora del provvedimento del Tar, la Cemit torna alla carica e chiede che l’Authority ,col comitato portuale, affronti la questione e decida se assegnare o meno all’impresa l’area di 65mila metri quadrati. «Noi - spiega Pappalardo -, che abbiamo già costruito in Brasile moduli offshore e siamo l’unica impresa italiana qualificata da Petrobras, abbiamo tutto l’interesse e la volontà di realizzare quest’impor tante investimento a Taranto. L’azienda ha anche ottenuto un cofinanziamento regionale, a valere sul Pit 6 relativo all’area di Taranto, di 2,6 milioni di euro. Sono agevolazioni in quota al nostro investimento di 6 milioni, sicchè oggi ci troviamo nella strana situazione che la Regione, con le sue strutture di valutazione, ci concede fiducia mentre l’Authority ci frappone ostacoli nella concessione dell’area. Che è condizionante ai fini della realizzazione del nostro progetto che altrimenti dovrà essere realizzato in Brasile, dove già siamo dal 2004, e non più a Taranto. Ma perchè? Perchè - aggiunge Pappalardo - un teritorio già così segnato da una serie di crisi economiche e occupazionali deve lasciarsi sfuggire una chance, un’opportunità? Se ripensiamo alla vicissitudini di Cemit, non è difficile fare un riferimento a situazioni già viste e vissute. Vedi Fantuzzi, che voleva venire a Taranto, insediarsi sull’area ex Belleli, a tutt’oggi inutilizzata anche perchè necessita preventivamente della caratterizzazione ambientale, e poi è stato fatto scappare via; vedi Marcegaglia, che ha dovuto ridimensionare il suo progetto per Taranto, circoscrivendolo al solo sito della ex Simi».
«Non si ha idea - sottolinea Pappalardo - di quante situazioni analoghe discutiamo in Confindustria. Ovvero, di soggetti propensi ad investire ma poi bloccati da ritardi, lungaggini, mancate concessioni, mancate autorizzazioni. Ma Taranto deve darsi una svolta e non avvitarsi su se stessa, altrimenti il declino sarà davvero irreversibile. Ci sono progetti validi, interessanti? Ci sono proposte che, se realizzate, possono rilanciare l’economia? Bene, facciamo tutte le verifiche ma poi mettiamo i promotori nelle condizioni di agire. Oltretutto, Taranto ha una tradizione ed una professionalità nel campo di queste lavorazioni e non si capisce perchè debba essere dispersa».
IL PROGETTO - Cemit punta a realizzare un impianto per la saldatura robotizzata sull’area portuale di grandi manufatti per l’impiantistica offshore. «L’impianto - spiega l’azienda - consente una riduzione delle intermittenze del processo di saldatura, l’uso di intensità di corrente sino a 400°, il preriscaldo di lamiere di grosso spessore senza penalizzare la continuità operativa del sistema ro-botizzato, la possibilità di adattare on-line i parametri di processo a vantaggio della qualità delle saldature». Cento gli addetti che verrebbero assunti. Gli impianti, costruiti, assemblati a Taranto e spediti via mare - ecco l’utilità di un’area a filo di banchina - lavorerebbero sul nuovo giacimento scoperto da Petrobras: nell’Atlantico, a sei chilometri di profondità e sotto uno strato di sale e roccia. Petrobras punta a scavare in quella zona 19 pozzi investendo 1,9 miliardi di dollari. Il business è significativo e Petrobras porterebbe con questa nuova scoperta le riserve brasiliane di petrolio da 14 miliardi e oltre 50 miliardi di barili. La commessa per Cemit sarebbe di alcune decine di milioni di dollari.
LA LINEA DELL’AUTHORITY - «Nessuno vuole ostacolare o disincentivare Cemit. L’impresa ha fatto una precisa richiesta e noi domani la portiamo al vaglio del comitato portuale - afferma il presidente Michele Conte -. Possiamo decidere in tre modi: gara pubblica, così come il Tar ma soprattutto le norme europee chiedono in caso di concessione dell’area ad un soggetto; assegnazione di volta in volta a coloro che ne avessero necessità perchè costruiscono impianti da spedire via mare; o, ancora, assegnazione a più soggetti che hanno sempre l’esigenza di assemblare un manufatto industriale e poi spedirlo con una nave al committente. Nel secondo e terzo caso, il sito diverrebbe così un’area - jolly».
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