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Le due città pugliesi inserite nella “lista nera” dell'Agenzia del ministero dell'Ambiente.

Brindisi e Taranto: «Brutta aria»

Dopo il blitz di Greenpeace, Enel ribatte: siamo nei limiti del protocollo di Kyoto. La replica del Presidente della Regione Puglia, Vendola: «Dopo Manfredonia, bonificheremo Brindisi e Taranto»
30 novembre 2007
Fonte: Gazzetta del Mezzogiorno

- In Italia, ci sono oltre 13.000 siti potenzialmente contaminati di cui circa 4.400 dichiarati già contaminati. Sono le stime effettuate dall’Apat (l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici, emanazione del ministero dell'Ambiente), secondo cui il numero è destinato a salire ogni anno. A questi dati, vanno aggiunti gli oltre 1.500 siti minerari abbandonati censiti e le aree comprese nei 54 Siti di interesse nazionale ad oggi istituiti (altri sono in fase di istituzione da parte del ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare) che corrispondono ad oltre il 3% dell’intero territorio italiano e a oltre 170.000 ettari di aree a mare.

All’interno dei Siti di interesse nazionale (mega-siti contaminati) ricadono – spiega l’Apat in una nota – le più importanti aree industriali della penisola: tra queste i petrolchimici di Porto Marghera, Brindisi, Taranto, Priolo, Gela; le aree urbane ed industriali di Napoli Orientale, Trieste, Piombino, La Spezia, Brescia, Mantova.

Alcune stime presentate recentemente dall’Università Bocconi mostrano che è possibile valutare in oltre 30 miliardi le risorse necessarie per la bonifica dei soli Siti di interesse nazionale e che l’avvio di un mercato legato alle bonifiche potrebbe consentire, nei prossimi 10 anni, di aumentare il prodotto interno lordo.

Di questo si è parlato nel workshop «Approcci sostenibili per la gestione e la bonifica di mega-siti:nuove prospettive», organizzato dall’Apat in collaborazione con il Tno (Netherlands Organization for Applied Scientific Research), che ha visto la partecipazione del Ministero dell’Ambiente, del Vrom (ministero dell’Ambiente Olandese), dell’Istituto superiore di sanità, dell’Ispesl, dell’Icram, della Regione Veneto, dell’Arpa Veneto e di molti altri Enti.

Dall’istituzione dei primi Siti di interesse nazionale ad oggi, molto è stato fatto; per il Sito di interesse nazionale di Porto Marghera (quasi 6000 ettari) sono stati approvati progetti di bonifica per quasi il 30% delle aree e il 6% delle aree sono state bonificate o, addirittura, dichiarate riutilizzabili, facendo registrare un notevole incremento rispetto agli stessi dati relativi al 2006.

Per il Sito nazionale di Priolo, sono stati approvati, proprio nei giorni scorsi, progetti di bonifica che interessano circa 300 ettari di territorio fortemente degradato, ovvero quasi il 10% delle aree perimetrate a terra.

«Lo sviluppo di nuove strategie per la bonifica dei mega-siti contaminati rappresenta una priorità per il Paese sia dal punto di vista tecnico-scientifico che dal punto di vista economico» ha affermato Giancarlo Viglione, Commissario straordinario dell’Apat. «Esiste una filiera economica legata alle attività di bonifica che può e deve essere sviluppata e valorizzata. Lo sviluppo di tale filiera è però strettamente connesso al progresso tecnico-scientifico nel campo delle bonifiche». «Dal censimento Apat dei siti contaminati emergono numeri preoccupanti», ha commentato Viglione, secondo il quale l’obiettivo prioritario è provvedere all’efficace bonifica di tale aree eliminando naturalmente le principali fonti di tale inquinamento, nell’ottica di incrementare lo sviluppo socio-economico delle zone interessate.

Secondo uno studio effettuato dall’Università Bocconi la bonifica di siti di interesse nazionale comporterebbe una spesa ingente di circa 30 miliardi di euro: «Un problema non solo ambientale, quindi, ma anche economico» ha precisato.

Il ministero dell’Ambiente ha lanciato un nuovo metodo di approccio nei confronti dei siti contaminati: non solo mantenere fermo il principio del «chi inquina paga», ma soprattutto offrire benefici economici per chi decide di investire in tali aree.

«Venezia ha bisogno di uscire da una situazione novecentesca per entrare nel nuovo secolo puntando sulla bonifica ambientalmente compatibile» ha dichiarato Ezio Da Villa, assessore all’Ambiente della Provincia di Venezia. Per la città la bonifica rappresenta il tema principale di riqualificazione territoriale e secondo l’assessore le opere realizzate dal Magistrato alle Acque di Venezia sono esempio di un corretto approccio alle problematiche dei siti contaminati: infatti, il Magistrato ha già realizzato oltre il 70% delle barriere impermeabili necessarie alla riduzione dell’inquinamento delle acque.

Da Villa ha auspicato una pronta soluzione del “caso Marghera”: «Se fosse risolto definitivamente, ciò rappresenterebbe un esempio per tutta l’Europa. Sia per la gravità della situazione veneziana sia per sua la centralità territoriale e strategica».

L'Agenzia ambientale della Regione Veneto è molto coinvolta nella delicata questione dei siti contaminati: il suo contributo è fondamentalmente rappresentato da attività di caratterizzazione di suoli, sedimenti, acque, vaste aree agricole e zone residenziali. Come ha ricordato il Direttore Generale Andrea Drago nel corso del workshop l’Arpa ha validato 40 siti contaminati per un totale di 1600 ettari, ha elaborato 2 milioni di dati, prelevato 1000 campioni ed effettuato una gestione informatica di tutte le informazioni disponibili.

«Gli sforzi messi in campo da Enel nella lotta ai cambiamenti climatici, hanno prodotto, nei propri impianti, una riduzione delle emissioni di anidride carbonica del 24%, dal 1990 ad oggi, dunque ben il doppio di quanto previsto dai limiti posti dal Protocollo di Kyoto al 2012».

È questa la risposta di Enel a Greenpeace, i cui manifestanti hanno compiuto un blitz nella centrale a carbone di Brindisi del gruppo italiano, in cui si sottolinea come «le azioni di Greenpeace contro le centrali Enel, sono male indirizzate, tanto più a Brindisi ove l’Azienda ha investito 200 milioni di euro negli ultimi 4 anni, e ne investirà altri 200 fino al 2009, solo per opere di ambientalizzazione».

La nota di Enel sottolinea invece come «l'aumento delle emissioni di anidride carbonica a livello mondiale, dovrebbe imporre a tutto il pianeta di trovare soluzioni ad un problema che è, e che resta di tutto il pianeta nel post Kyoto», un protocollo che «non ha una dimensione veramente globale, visto che i Paesi che si sono impegnati a effettuare le riduzioni di CO2, incidono solo per il 30% delle emissioni complessive». La società italiana nel frattempo «esprime la propria solidarietà ai lavoratori della centrale Federico II di Brindisi che stanno protestando contro chi ha offeso ingiustamente il loro lavoro e la loro dignità».

BARI - «La bonifica integrale a Brindisi del sito inquinato di interesse nazionale si farà. Al pari di quello di Taranto, perché lo Stato deve assumersi le sue responsabilità. A Manfredonia, invece, sono già in corso i lavori e ricordo che in questo caso pendevano su di noi anche le richieste dell’Unione Europea». Così il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, in occasione della presentazione della nuova sede di Confindustria e Ance Puglia, ha voluto rassicurare dopo la pubblicazione della classifica diffusa oggi da “Greenpeace” sui «peggiori impianti in Italia per emissioni di anidride carbonica», secondo cui si trovano in Puglia i tre stabilimenti più inquinanti.

«L'Enel a volte si comporta male e viene meno ai patti sottoscritti. Per iniziare – ha spiegato Vendola – è necessario che abbatta l’incidenza del carbone». Per il presidente di Confindustria Puglia, Nicola De Bartolomeo, «è comunque necessario assicurare alle imprese un passaggio graduale e garantito nel periodo di riconversione energetico».

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