Museo, verrà Rutelli
La data è ufficiale: il 20 dicembre riaprirà i battenti l’intero primo piano del Museo Archeologico Nazionale. Per mettere a punto nei dettagli il programma della cerimonia è freneticamente al lavoro, in questi giorni, una «task force» che vede fianco a fianco la Soprintendenza archeologica e gli uomini dell’Azienda di Promozione Turistica, guidati dal direttore Eduardo Costa e dal commissario Cosimo Gigante. Pressocchè certa la presenza alla cerimonia inaugurale del Ministro per i Beni Culturali e vice presidente del Consiglio dei Ministri, Francesco Rutelli. Una presenza, la sua, che viene a dare lustro istituzionale all’evento sottolineandone la portata, ben al di là della ristretta cornice provinciale o regionale.
Del resto, la riapertura del Museo - concetto che nei mesi scorsi è stato più volte evidenziato - rappresenta, dopo sette anni di chiusura, un’occasione irripetibile per rimettere la struttura stessa al centro della sua collocazione naturale: ovvero l’elemento più spendibile di carattere culturale e storico di cui la città dispone, tanto da poter diventare un fattore di grande capacità attrattiva dal punto di vista turistico. L’elenco di città distanti dai consueti circuiti turistici che negli ultimi anni hanno tratto immenso giovamento dall’attivazione o riattivazione di strutture museali di pregio, non fa che confortare questa tesi: basterebbe pensare a Trento, in Italia, o al caso da manuale del Guggenheim di Bilbao, laddove un’eccellenza architettonica è divenuta addirittura predominante rispetto alla stessa essenza museale, attirando ogni anno un flusso enorme di visitatori in un centro della regione basca in precedenza certo non ai primi posti fra le località turisticamente più appetibili della Spagna.
Dunque il Museo riapre in grande stile, sia pure solo con il primo piano (e il piano terra con il foyer, che era già agibile dal 2001); per riaprire anche il secondo piano sarà necessario attendere almeno sino alla metà del prossimo anno, e confidare nell’arrivo puntuale dei finanziamenti promessi. Ma anche solo il primo piano, che è immenso, consentirà di dislocare appieno quell’idea di Museo della città di Taranto che la Soprintendenza ha in mente e che proprio in questi giorni sta prendendo forma nelle nuove sale, ospitando dalle più antiche testimonianze preistoriche fino a quelle testimonianze tardoantiche che saldano la documentazione archeologica con quella monumentale.
Il primo piano, in particolare, sarà dedicato alla greca Taras, in tutti i suoi aspetti e in relazione anche col mondo indigeno, dal IV secolo a.C. fino alla conquista romana ed alla tarda età romana (quando la città conservava comunque ancora una impronta greca). Nei nuovi spazi di Corso Umberto si potranno ammirare ovviamente gli ori ellenistici e le monete, ma anche il bronzetto di Zeus o i grandi mosaici pavimentali romani, restaurati e finalmente esposti dopo un lungo esilio ad Egnazia; ma si avrà soprattutto la possibilità di leggere, per temi e periodi, la storia di una città che fu tra le grandi del mondo antico e dei suoi rapporti di incontro/scontro con le genti dei territori adiacenti.
E’ naturale che per un evento del genere non si stia trascurando nessun aspetto. Nei giorni scorsi è stato varato il nuovo «logo» del Museo. La scelta è caduta sull’acronimo «Marta», che sta ovviamente per Museo Archeologico di Taranto, così come Moma sta per Museum of Modern Art of New York, ad esempio, o Gnam sta per Galleria nazionale d’arte moderna di Roma. «Marta» riprende un’intuizione già assunta nel corso dell’allestimento provvisorio del primo piano del Museo, quando si ideò uno «Spazio Marta» per dare sfogo a rassegne temporanee capaci di tenere desta l’attenzione intorno al Museo anche durante i lunghi lavori di restauro. Ora l’arch. Francesco Guida ha dato un segno più marcato e più identificabile, unitario, al «marchio» del Museo, riscrivendolo in caratteri greci occidentali, esaltandone la sua pronunciabilità in svariate lingue (anche, volendo, alla francese, con l’ac cento sull’ultima «a»), posizionandolo in un elemento quadrato al cui interno ritroviamo «le due declinazioni cromatiche fondamentali - dice Guida - che intendono richiamare in maniera forte le collezioni del Museo di Taranto: l’oro e l’arancio». Uno riferito ovviamente alla magnifica oreficeria della Taranto magnogreca, l’altro riferito alla produzione vasaria.
Dal 20 dicembre «Marta» sarà dunque il veicolo anche mnemonico, il segno di riconoscimento immediatamente visibile di questa struttura museale che aspira a diventare nuovamente un punto di riferimento in Europa e nel Mondo. Non un semplice Museo, ma un contenitore vivo e dinamico di un patrimonio che è di tutti e che a tutti intende rivolgersi.
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