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L'amministrazione regionale pone una giusta enfasi sulle politiche ambientali.

Emissioni Co2 in Puglia: ci vuole più coraggio.

Jeremy Rifkin, l'ecologo di fama mondiale, è di casa in Puglia e l'assessore all'ambiente della Regione Michele Losappio vanta l'approvazione di ben 21 leggi in campo ambientale dall'insediamento della nuova giunta.
7 dicembre 2007
Fonte: Corriere del Mezzogiorno

- Porre la lotta alla desertificazione e all'inquinamento, la diversificazione energetica, la difesa del suolo, la tutela dell'ambiente e la salute dei cittadini come elementi centrali e strategici dello sviluppo nei prossimi anni è sicuramente una scelta coraggiosa e condivisibile. Ma, senza adeguati supporti finanziari, il rischio che non vengano raggiunti molti degli ambiziosi obiettivi che la giunta si è posta è alto.

Ci si aspetterebbe, così, che nella nuova programmazione 2007-2013 dei Fondi comunitari presentata dalla Puglia alla Commissione europea, i finanziamenti relativi all'ambiente costituissero un'assoluta priorità.

Invece, nel Piano di Sviluppo Rurale la quota assegnata all'asse 2, relativ o agli interventi agro-ambientali, è del 30%, la più bassa d'Italia, contro una media nazionale del 41% e quella di alcune Regioni che si avvicina al 50%. Nel Programma Operativo regionale, che riguarda gli interventi finanziati dai Fondi strutturali, la spesa per gli assi 2 e 4, che comprendono la massima parte degli interventi ambientali, è sostanzialmente nella media dei parametri del Quadro Strategico Nazionale per le aree dell'obiettivo convergenza, cui appartiene la Puglia.

Questo sforzo particolare per le politiche ambientali, quindi, non c'è stato. La non sempre adeguata rispondenza tra obiettivi e investimenti reali è stata tempo fa rimarcata anche da Francesco Tarantini presidente regionale di Legambiente, che lamentava l' incongruenza tra la costituzione di nuovi parchi regionali e i fondi disponibili, che non bastano neanche per gestire quelli vecchi.

Secondo i risultati di una ricerca condotta dalla ECO-WAY emettono 6,2 milioni di tonnellate di anidride carbonica in più dei limiti stabiliti dal protocollo. Taranto e Brindisi in “cima”

Per cui, se si vuole che i propositi di tutela e riqualificazione ambientale, di una nuova pianificazione del territorio e della conservazione del paesaggio — come sta cercando di fare l'assessora Angela Barbanente — e soprattutto il Piano Energetico Ambientale Regionale non rimangano in buona parte un esercizio retorico, occorre più coraggio nell'utilizzare al massimo per le tematiche ambientali i fianziamenti disponibili. E creando anche una maggiore connessione tra i diversi obiettivi d'intervento sul territorio e tra i Fondi, non sempre adeguatamente coordinati tra loro.

Altrimenti si rischia di replicare quanto succede a livello nazionale per il Protocollo di Kyoto. L'impegno dell'Italia è di ridurre del 6,5% entro il 2012 la quantità di emissioni di CO2 del 1990. Attualmente l'emissiome di anidride carbonica è aumentata, rispetto a questa data, del 13% e l'obiettivo sembra sempre più irragiungibile, a dispetto di ogni allarme ambientale.

Intervento del Prof. Federico Pirro.
Gli investimenti attendono risposte certe Pecoraro Scanio non dà segnali

Mentre la Spagna attrezza velocemente il porto di Algeçiras per farne uno dei più grandi scali del Mediterraneo capace di accogliere supernavi portacontainer in grado di sbarcare migliaia di teu da trasferirsi su ferrovie veloci verso Francia e Germania, il porto di Taranto di interesse internazionale rischia - come ha denunciato l'assessore regionale ai trasporti Mario Loizzo - di essere paralizzato perché il ministero dell'Ambiente da mesi ormai non formalizza il suo parere positivo ai lavori di dragaggio, utili per abbassarne i fondali e accogliere navi di maggiore tonnellaggio.

Il Ministro ora dice di aver dato il suo assenso: ma lo ha messo per iscritto, dopo che lo ha firmato il dirigente competente del suo dicastero secondo le procedure vigenti fra amministrazioni dello Stato?

O siamo solo all'espressione di opinioni personali formulate peraltro dopo (troppi) mesi di ritardo? E i fanghi derivanti dai lavori sui fondali - se e quando eseguiti - dove saranno depositati ? E dovranno essere, sia pure parzialmente, depurati ?

Sono tante ormai le domande sui comportamenti del ministero dell'Ambiente che esigono risposte perché si ha la sempre più netta sensazione che il ministro e la sua dirigenza, o almeno parte di essa, esercitando legittimamente le loro funzioni, tendano a rallentare oltre ogni sopportabilità economica e sociale decisioni che, invece, esigono sempre di più tempi rapidi, pur nell'ovvio rispetto di norme e procedure a tutela degli ecosistemi.

E' nota all'opinione pubblica la dialettica - usiamo un eufemismo - fra i ministeri dello Sviluppo economico e quello dell'Ambiente su questioni ormai cruciali per lo sviluppo del Paese che non può assumere i tempi dell'estremismo ecologista, volto spesso a rallentare, fermare o addirittura ad impedire investimenti, opere e interventi necessari per la crescita.

Se qualcuno pensa che l'Italia - già in declino strutturale da vent'anni - debba continuare su questa china sol perché le grandi e ormai ineludibili scelte di sviluppo vanno piegate al microlocalismo ambientalista e all'immobilismo di chi ha solo paura della modernizzazione, ebbene costui, se è al Governo, ne esca: se, invece, restandovi vuole solo alimentare guerriglie procedurali e normative contro centrali elettriche, rigassificatori, motorizzazione di massa e tav, allora lo si isoli ponendolo sistematicamente in minoranza e assegnando al premier, come da lui stesso rivendicato, le decisioni nell'interesse supremo del Paese. Il no alla rottamazione di auto e moto per il 2008, se resterà tale, causerà minore produzione nei comparti e, forse, cassa integrazione. Questo si vuole al Ministero di Pecoraro Scanio?

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