Pet-coke a Taranto, vi sveliamo i retroscena
Nella documentazione che alleghiamo al presente comunicato emerge che, su sollecitazione del Settore Ecologia del Comune di Brindisi, la Regione Puglia ha dovuto esaminare la spinosa questione del Pet-Coke quale "sostanza pericolosa". La Regione Puglia si è dovuta così sobbarcare l'onere effettuare una verifica quanto mai "scottante" sul pet coke da stoccare a Brindisi. Ha dovuto esaminare se fosse una "sostanza pericolosa" e quindi anche con effetti "cancerogeni, mutageni e teratogeni".
La Regione Puglia per Brindisi, investita del peso di questa responsabilità dal Comune di Brindisi, ha dovuto condurre approfondimenti ed è arrivata alla conclusione che "da quanto esplicitato il carattere "pericoloso" del pet - coke può essere rinvenuto nella sua infiammabilità e non è escluso che possa essere ugualmente classificato pericoloso per uno o più degli altri caratteri riportati dalla Legge 29 maggio 1974, n. 256 ". La Regione Puglia per Brindisi non se l'è sentita di escludere che il Pet-coke potesse essere anche "cancerogeno, mutageno e teratogeno" e pertanto ha ritenuto di "sottoporre a procedura di VIA il progetto in esame al fine di approfondire e chiarire gli aspetti evidenziati" ossia per quanto concerneva la qualificazione del Pet-coke come "sostanza pericolosa".
Se si legge con attenzione l'atto con cui la Regione Puglia esamina la questione del Pet-Coke a Brindisi si nota che la parola "pericoloso" o "sostanza pericolosa" ricorre ben 11 volte .
Invece per Taranto la definizione "pericoloso" o "sostanza pericolosa" non compare mai nel parere di "compatibilità ambientale" della Regione Puglia: il Pet-coke, come si evince dalla lettura della determina, non viene mai associato alla definizione di "sostanza pericolosa".
Due pesi e due misure fra Brindisi e Taranto sulla stessa questione. E ciò è ancora più grave se si considera il fatto che la determina regionale sul Pet-coke di Brindisi (5/9/2005) precede quella sul Pet-coke di Taranto (15/2/2006). Quindi la Regione Puglia avrebbe potuto fare tesoro per Taranto delle stesse cautele e preoccupazioni che erano state sollevate pochi mesi prima per Brindisi. Avrebbe potuto sottoporre la questione alla pubblica attenzione della popolazione stattese interessata, come previsto dalla Convenzione di Aarhus e dai diritti di partecipazione e trasparenza ambientale in essa contenuti. Ma nulla di tutto questo è stato fatto e la procedura è andata avanti in forme tutt'altro che pubbliche e partecipate.
E così il Pet-coke, che a Brindisi è "sostanza pericolosa", a Taranto diviene una sostanza stoccabile con semplici accorgimenti tecnico-amministrativi come l'impermeabilizzazione del fondo del deposito e l'umidificazione del cumulo.
Fa riflettere il fatto che la Regione Puglia non ravveda per Taranto le stesse preoccupazioni che invece emergono per Brindisi. La Regione Puglia alla fine delega la Valutazione di Impatto Ambientale al SUAP (Sportello Unico Attività Produttive) di Brindisi, decretandone di fatto la bocciatura. Un simile impulso di autodifesa del territorio non emerge invece a Statte e la "compatibilità ambientale" di un deposito di Pet-coke a cielo aperto passa con relativa facilità.
Ravvisiamo una evidente disparità di trattamento fra Taranto e Brindisi su questioni cruciali per la salute dei cittadini.
E veniamo alla "pericolosità" del Pet-coke.
Il Pet-Coke è l'ultimo prodotto delle attività di trasformazione del petrolio, tanto da guadagnarsi il nome di "feccia del petrolio". Per la sua composizione, il Pet-Coke comprende IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici) e in particolare benzopirene, che è cancerogeno. Il Pet-coke può contenere metalli pesanti come il nichel, il cromo e il vanadio. Nella combustione crea inquinamento e se movimentato senza speciali precauzioni può sollevare polveri dannose per l'organismo umano. Il carico, lo scarico e il deposito del Pet-Coke deve quindi seguire ferree regole dettate da un decreto del Ministero della Sanità equiparabili al trasporto di sostanze pericolose.
Se questa è la realtà, le due determinazioni della Regione Puglia ci stupiscono per come lo stesso Pet coke viene valutato diversamente in relazione alla salute e alla sicurezza a seconda che il Pet coke sia stoccato a Taranto o a Brindisi.
Forse a Taranto siamo di tempra robustissima e siamo resistenti a tutte le sostanze cancerogene, mutagene e teratogene?
Ripercorriamo brevemente la storia recente del Pet-coke. Il sindaco di Taranto Ippazio Stefano negli scorsi giorni aveva lanciato l'allarme Pet-coke scrivendo all'Arpa e sollevando il problema della movimentazione del Pet-coke che il sindaco indicava come sostanza contenente dei cancerogeni come gli IPA. Parallelamente la magistratura aveva fatto scattatare un'inchiesta, grazie ai carabinieri del Noe e all'Agenzia dogane. Le contestazioni della magistratura partono paradossalmente da un'indagine fiscale: circa seimila tonnellate di Pet coke, stoccate nell'Italcave, sono state sequestrate per presunte irregolarità.
Che questa indagine della magistratura scatti dopo un controllo fiscale e una lettera del sindaco all'Arpa è quanto mai degno di una seria riflessione. Quali controlli ha predisposto la Regione dopo l'autorizzazione del Pet-coke a Taranto? Si era "dimenticata" che - avendo dato parere di compatibilità ambientale a migliaia di tonnellate di "sostanza pericolosa" - occorreva ordinare severi controlli periodici per tutelare la salute pubblica? Come mai invece i "severi controlli" alla fine li fa la magistratura?
E' una brutta storia in cui emergono responsabilità istituzionali e politiche evidenti: seimila tonnellate di Pet-coke a spasso per Taranto su centinaia di camion non sono certo "invisibili". Da tempo scorazzavano con questa "sostanza pericolosa" e non sapevamo quale effetto potessero avere sulla salute.
Appare purtroppo evidente una cosa: la pratica relativa all'autorizzazione del Pet-coke a Taranto è stata avviata con la giunta Fitto e si è perfezionata con la giunta Vendola. Questo dimostra per Taranto una sconcertante continuità fra la gestione ambientale del centro-destra e quella del centrosinistra su questioni di così grave rilevanza per la salute dei cittadini.
Alla luce di quanto esposto chiediamo alla Regione Puglia che venga effettuata una tempestiva e rigorosa indagine interna sull'operato dei responsabili di autorizzazioni che come cittadini contestiamo fermamente.
Per il Comitato per Taranto
Biagio De Marzo
Salvatore De Rosa
Giuseppe D'Aloia
Francesco Maresca
Alessandro Marescotti
Antonietta Podda
Francesco Sorrentino
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