«Ci sono morti di serie A?»
Al primo impatto, dopo aver appreso la notizia, ho provato un enorme dispiacere per la strage di operai avvenuta nello stabilimento Thyssenkrupp, ma mi chiedo se esistono trattamenti diversi, se esistono morti di serie A e morti di serie B. Tre anni fa, quando è morto mio marito non c'è stata la stessa attenzione». Sono parole amare quelle di Patrizia Perduno, moglie di Silvio Murri, di 38 anni, l'operaio dell'Ilva di Taranto morto il 30 maggio del 2004 dopo essere caduto da un ponteggio nell'acciaieria 1 dello stabilimento siderurgico.
«Ci voleva la strage di Torino – si è chiesto la donna - per far comprendere che servono interventi straordinari per garantire la sicurezza sui luoghi di lavoro?». Ieri si è svolta la seconda udienza del processo a carico di quattro imputati accusati di omicidio colposo in concorso. L’associazione “12 giugno” ha chiesto di costituirsi parte civile.
Ieri si è svolta la seconda udienza del processo a carico di quattro imputati accusati di omicidio colposo in concorso: Luigi Buzzerio, che all’epoca svolgeva le mansioni di capo reparto ponteggiatori; Giovanni Ritelli, tecnico ponteggiatore; Leonardo Contento, capo-squadra; e Giuseppe D’Aniello, operatore. Alcuni esponenti dell'associazione “12 giugno”, costituita da familiari di vittime del lavoro, si sono presentati in tribunale con un nastro nero al collo per solidarietà nei confronti dei familiari delle vittime dell’incidente alla Thyssenkrupp. L’incidente costato la vita a Silvio Murri risale al 21 maggio del 2004.
L’operaio, caduto da un ponteggio mentre smontava una impalcatura metallica, morì dopo dieci giorni di agonia senza mai aver ripreso conoscenza. L'associazione “12 giugno” ha chiesto di costituirsi parte civile. La prossima udienza è stata fissata per il 10 marzo 2008. Si erano costituiti in giudizio, tramite gli avvocati Carlo Petrone, Stefano Vinci e Francesco Murianni, la moglie e il figlio minorenne di Murri. L’operaio era in cima a un ponteggio con altri due colleghi di lavoro quando la struttura si ribaltò. Dopo un volo di otto metri, Murri piombò a terra battendo violentemente il capo, mentre gli altri due colleghi se la cavarono con qualche escoriazione.
L’operaio era alle dipendenze del siderurgico dal 2002 e svolgeva mansioni da ponteggiatore. In precedenza aveva lavorato per una azienda dell’indotto. A seguito del grave incidente, le rappresentanze sindacali unitarie proclamarono lo stato di agitazione. L’inchiesta, condotta dal pubblico ministero Mario Barruffa, è sfociata nel rinvio a giudizio di 4 imputati. Sono diversi i profili di responsabilità individuati dal magistrato inquirente: Buzzerio consentì che la esecuzione dei lavori di smontaggio di una impalcatura metallica fosse eseguita da Ritelli e Contento, i quali non avrebbero predisposto alcun protocollo operativo e non avrebbero esercitato un’adeguata sorveglianza sulla medesima esecuzione dei lavori. D’Aniello, invece, non avrebbe segnalato l’inclinazione irregolare del ponteggio.
Il giudice Cacucci si è riservato la decisione sulla richiesta di costituzione di parte civile presentata dall’Associazione “12 giugno”, costituita dopo la morte di Paolo Franco, 24 anni, di San Marzano, e Pasquale D’Ettorre, di 27, di Fragagnano, i due operai dello stabilimento siderurgico schiacciati da una gru il 12 giugno 2003. Per il duplice infortunio mortale sono già stati rinviati a giudizio 7 imputati per concorso in omicidio colposo plurimo e violazioni alla normativa per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. I due operai furono travolti e uccisi da una delle gru che hanno la funzione di ricevere le materie prime che arrivano dai nastri trasportatori e di stoccarle nei parchi, nonchè di riprenderle e caricarle sugli stessi nastri quando devono andare nei reparti per essere utilizzati.
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