«Rigassificatore? La Regione si assuma le proprie responsabilità»
Onorevole Vico, il rigassificatore agita i sonni del Pd?
«L’orgoglio è una pianta sterile».
Come?
«Preferirei sostenere posizioni, progetti certi, per parlare finalmente di una nuova classe dirigente, che restituisca a Taranto un futuro».
Onorevole, divaga.
«In fondo ho i capelli bianchi, in questi anni ci sono state varie stagioni: Filonide torna in piazza con le pulizie dell’Amiu, poi la stagione di chi ha saccheggiato le casse comunali, mentre nei luoghi baricentrici della politica si segnava il destino di Taranto».
Onorevole, divaga.
«Troppo ad est rispetto a Lecce, troppo a sud rispetto a Bari, per le capitali dell’economia italiana, abbiamo ragionato per troppo tempo da colonia. E quando si trattava di scegliere si preferiva escludere Taranto. Oggi non si può commettere più quell’errore, non si può scendere più nei personalismi, ma affrontare i problemi e risolverli. e se questo vuol dire scegliere ed escludere occorre assumersi la responsabilità».
Ecco. Chi si assume le responsabilità sul rigassificatore?
«Il governo, la Regione. E’ la Regione che deve scegliere. C’è la valutazione d’impatto ambientale su Brindisi, è stata avviata la stessa procedura a Taranto e non so se le istituzioni locali sono al corrente. La Regione decida. Ovviamente per prendere una decisione bisogna consultare le istituzioni cittadine di Taranto e Brindisi. Proprio perché il Pear, il Piano regionale sull’energia, prevede un solo rigassificatore».
Onorevole, va bene la Regione, ma a Taranto il rigassificatore non lo vogliono. Che fa il Pd?
«Ma non è un argomento su cui il Pd deve discutere. Ripeto: devono discutere il governo, la Regione, le città».
E allora il Pd su cosa deve discutere. Sulle discordanze in Consiglio comunale, sulla benevolenza, sulla tolleranza verso la maggioranza di cui parla Florido?
«E’ tempo di fare scelte. E se le scelte significano escludere, ben vengano. Ritengo essenziale smetterla col dire: bisogna superare Cito. Dirlo a parole, poi. Cito si supera in un solo modo, ricostruendo il governo del centrosinistra e facendo uscire Taranto dall’emergenza. E Florido fa bene a dire quelle cose».
Sì, ma se con la maggioranza di Stefàno vi spaccaste, ad esempio, sul rigassificatore? Se persistesse la voglia di vezzeggiare Cito e coltivare il voto ad personam di consiglieri del Pd?
«Ma perché scaricare le responsabilità politiche su Taranto. Certo, in un caso del genere dovrebbero intervenire i vertici nazionali del Pd. Ma dovrebbero intervenire anche i vertici nazionali della sinistra: da Vendola a Giordano, su su fino a Bertinotti».
Su cosa riunire il centrosinistra allora?
«Sulle cose da fare nel 2008, all’indomani dei primi successi dell’Osl. Vi è certezza dell’uscita dal dissesto. Le pare poco?
I punti essenziali. Non ho il pregio di essere interprete di tutti i punti che il Pd potrebbe elaborare, ma a mio giudizio il primo punto è concentrare i nostri sforzi sul porto, affermare che siamo la porta del Mediterraneo significa assumere queste priorità. Anzitutto la realizzazione dei dragaggi. La seconda cosa: lo sviluppo sostenibile. La sfida è l’ecocompatibilità dell’Ilva. La sfida è la compatibilità con Taranto degli interessi industriali nazionali come nel caso dell’Eni».
Un industrialista come lei. Tocca un tasto dolente...
«Occorre un’idea di futuro. Tra 25 anni l’area a caldo dell’Ilva sarà esaurita. L’Arsenale dovrà trasferirsi. Cosa ne facciamo del Mar Piccolo. Occorre riaprire subito la partita delle dismissioni delle aree demaniali attraverso un accordo di programma. Poi, l’Università. La città va ridisegnata prima del Pug. Sono i temi sui quali negoziare, sapendo che ci sono urgenze: la zona franca e il recupero fondi per l’atto d’intesa sui Tamburi; l’area vasta - c’è un miliardo di euro - è prioritaria. Bisogna scegliere».
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