Caro Pirro, l'Ilva inquina e non è eterna
Permettetemi di esprimere il mio totale dissenso nei confronti dell'articolo del professor Federico Pirro pubblicato sul Corriere del Mezzogiorno in data 27 dicembre u.s. titolato "Scienza e ambiente convivono bene".
Mi riesce alquanto difficile dare una giustificazione plausibile a quanto scritto nel suddetto articolo, considerata la residenza dell'autore, tutt'altro che vicina alla problematica sollevata, quale per l'appunto nella zona Barese. Proprio così. Vorrei dire al professor Federico Pirro che ritengo sia importantissimo parlare con la gente del posto (che non saranno tutti sindacalisti, imprenditori ecc...), respirare l'aria di quei luoghi,
C'è differenza tra parlare di industrie e viverci accanto, mangiare i prodotti che crescono in quella zona o più semplicemente viverci. A questo punto la domanda che mi pongo è una e una sola. Compiere uno sforzo non indifferente nel comprendere se Pirro abbia mai sentito parlare di "diossina", fuorché quella sprigionata dalla bruciatura di teli di pacciamatura (spesso clandestina dei contadini).
Il mio riferimento è alla zona «reale vera» di Taranto. Nello specifico quella con la quale il settimanale Espresso, qualche mese ha fatto la propria copertina attribuendo alla zona in questione il 94,3% della totalità dell'inquinamento nazionale di diossina.
Con le sue dichiarazioni, Pirro fa capire al lettore che ha mai sentito parlare del ricatto che il dottor Emilio Riva ha posto come condizione per essere autorizzato ad aumentare, se pur lievemente, le emissioni inquinanti: licenziamento in tronco di circa 4000 prestatori di lavoro! E poi si parla di tecnologia avanzata a favore della salvaguardia dell'ambiente? Coraggioso.
Con tutta modestia, non saprei dire quando mai un'impresa non ha fatto del principio edonistico (minimo sforzo massimo rendimento), un proprio cavallo di battaglia nella gestione e pianificazione del proprio assetto commerciale. Le aziende che operano nella zona di Taranto e Brindisi, ritengono che con le famose "royalities" possano occupare indisturbati i territori in cui si insediano.
In ultimo, per spezzare una lancia a favore dei cosiddetti "forsennati", mi sia consentito proporre al professor Federico Pirro un quesito a cui penso e spero lui potrà rispondere: se la Cina dovesse chiudere i «rubinetti» del carbone, che ne sarà dell'Ilva? In conclusione formulo un auspico che il professore, da persona colta condividerà: pensiamoci in tempo
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