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Il Comitato per l'unità della sinistra da Taranto interviene sull'ILVA

La sicurezza all'Ilva non è di casa

Nello stabilimento tarantino si sono verificati spiacevoli episodi che hanno visto i lavoratori "pagare" per aver richiesto la messa a norma di alcuni comparti. Ci si chiede se questo "modus operandi" sia frutto di decisioni personali di alcuni responsabili o di direttive aziendali
17 gennaio 2008

Morti Bianche: industria e servizi i settori più a rischio, Bari e Taranto le province più colpite Il comitato per l'unità della sinistra da Taranto, aperto al confronto ed al contributo di tutti i lavoratori e cittadini, ha assunto tra i suoi compiti quello di individuare i problemi che determinano la realtà dura del mondo del lavoro di oggi e cercare attivamente di contribuirne alle soluzioni.

Segnala all'opinione pubblica questa testimonianza di grande significato riguardante due lavoratori dell'Ilva di Taranto, chiede a tutta la sinistra politica della città presente nelle istituzioni e nelle organizzazioni democratiche di farsene carico. Richiama l'Ilva al rispetto delle norme che tutelano la dignità e la sicurezza dei lavoratori ponendole prima di ogni altro interesse.

Dice il vecchio adagio:"Anno nuovo, vita nuova.." ma all'interno dello stabilimento Ilva di Taranto nulla è cambiato, anzi.

Ci troviamo ancora a dover fare i conti con una azienda che, a fronte di una serie di problematiche di sicurezza che i lavoratori quotidianamente pongono, risponde duramente con contestazioni disciplinari, pesanti pressioni psicologiche e, non ultimi, spostamenti di lavoratori da un reparto ad un altro, spesso dequalificandoli.

Tanto per citare un esempio, è di questi giorni lo spostamento di due giovani lavoratori dei Forni a Calce 2(FOC2) ad altri impianti di altri reparti. L'unica colpa di questi lavoratori è stata quella di aver posto ai loro diretti superiori precise e pertinenti questioni di sicurezza, tra le quali ne citiamo solo due a titolo esemplificativo:

- Aver sostenuto la necessità di dotare gli addetti al controllo degli impianti di rilevatori portatili di Gas, atti a misurare in tempo reale l'eventuale presenza di monossido di carbonio (viene prodotto come parte del processo di "cottura" del calcare e in caso di perdita di gas dal vicino Gasometro).

- Aver rifiutato, in qualità della loro mansione di conduttore impianto, nonostante le pressioni del caporeparto, di avviare la via nastri alla quale erano state inibite le sicurezze e nonostante vi fossero lavoratori delle ditte appaltatrici nelle vicinanze, considerando che anche proprio in corrispondenza dei nastri trasportatori dello stabilimento si sono verificati, negli ultimi anni, incidenti gravissimi, alcuni dei quali mortali.

A fronte di queste ed altre questioni di sicurezza poste dai lavoratori sono state intraprese, da parte dell'azienda, una serie di risposte quali: contestazioni disciplinari pretestuose, fuoriuscita dalle turnazioni, blocco degli straordinari, ferie forzate e, per finire, come anticipato anche precedentemente, spostamenti ad altri reparti.

Ci chiediamo se questo "modus operandi" sia frutto di decisioni personali di alcuni responsabili o sia invece dettato da precise direttive aziendali, in netta contraddizione con quanto dichiarato nelle recenti comunicazioni ufficiali dell'azienda sul tema della sicurezza.

Ci sembra infine che il miglior modo per ricordare, con un impegno concreto, i lavoratori che quotidianamente perdono la vita sul loro posto di lavoro sia quello di denunciare questa ed altre situazioni in un dossier che stiamo preparando e che presenteremo nelle prossime settimane agli organi di stampa, alle istituzioni locali e nazionali, alla magistratura competente, sperando che si smetta una volta per tutte di considerare le morti sul lavoro come "fisiologiche".

*Comitato per l'unità della sinistra da Taranto

Salvatore Dicorato
Giovanni Pompigna
Giancarlo Girardi
Andrei Summa

laboratorioperlasinistra@gmail.com

“Le inesattezze di Losappio”
Pompigna (PDCI) risponde all'Assessore Losappio

“Il Corriere del Giorno ha dedicato ampio ed opportuno spazio alla venuta dell’Assessore regionale all’ambiente Losapppio. E’ stata da lui fatta una ricognizione sulle grandi questioni energetiche e siderurgiche che ci riguardano direttamente. Un giusto elogio alla qualità ed all’efficienza della
produzione della Vestas, una azienda danese che tiene più di ogni altra nel nostro territorio alla sicurezza ed alla salute dei suoi lavoratori lì operanti.

E’ stata, però, anche l’occasione di riproporre il Pear ed alcune inesattezze rispetto allo stato reale delle cose che a Taranto molti sanno e che i responsabili istituzionali devono conoscere. Non è stato mai vero che una parte della produzione di gas di recupero possa essere immesso o bruciato in atmosfera, sarebbe un atto fuorilegge oltre che economicamente dannoso. Non lo è stato nella prima fase del siderurgico, con una centrale,
né nella fase del raddoppio con due. La ragione è semplice, produzione e consumo sono proporzionati all’intero ciclo produttivo, attualmente con le due centrali Ise è possibile farlo. Se Ilva è costretta a scaricare, come afferma Losappio, (per questo egli giustifica il consenso della Regione alla costruzione della centrale), gas in atmosfera per l’aumento della produzione di acciaio, deve immediatamente ridurre la produzione del suo ciclo integrale e rientrare nei limiti del possibile consumo, oppure deve smentire le dichiarazioni dell’Assessore.

La verità è che l’investimento di Ilva serve solo per abbattere ulteriormente i costi dell’acciaio, una convenienza solo economica. Adesso tutti i gas sono bruciati, come nel passato, nelle due centrali Ise. Losappio non parla di dismissione e sostituzione di una delle attuali centrali a vantaggio di Ilva, ovviamente, perchè trattasi di due differenti proprietà. Dal suo ambiguo ragionamento potremmo avere a Taranto oltre al più grande centro siderurgico d’Europa un grande polo energetico con una produzione di energia triplicata in Eni, ben tre centrali elettriche tra Ilva ed Ise. Investimenti miliardari con pochissime ricadute occupazionali con un’ulteriore impatto ambientale per la città, ma con grandi guadagni per queste aziende, un’ulteriore crescita economica senza alcuno sviluppo o beneficio per la città.

Tale ambizioso disegno ha la necessità della presenza di un rigassificatore, farlo a Taranto o a Brindisi, data la vicinanza dei siti è ininfluente,basta non farlo a Bari o a Gallipoli! Giuste sono state le prospettive e le argomentazioni a sostegno dell’eolico e del solare ma francamente non si può sostenere che serve per evitare il rischio di aumentare ancora la produzione con carbone o gasolio. Ma come! Se già produciamo il doppio di ciò che necessita alla Puglia? Lo stesso Pear, in larga parte ereditato dal centrodestra, è in contraddizione con il programma dell’Unione che vede le prospettive in una “democratica” distribuzione nazionale delle produzioni e dei consumi elettrici, la creazione di “isole” capaci di evitare il blak-out di alcuni anni fa, una vergogna nazionale per cui nessuno ancora ha pagato, danni paragonabili a quelli della spazzatura napoletana”.

Giovanni Pompigna
Pdci Taranto

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