Il NO al Rigassificatore fa sperare (anche se...)
Gentile direttore,
ho accolto la notizia del no al rigassificatore da parte del Comune di Taranto con grande sollievo, ma anche con la soddisfazione e l’orgoglio di chi si è sentito finalmente rappresentato e rappresentato con decisione.
Una determinazione che, per una volta, riconosce alla nostra città la dignità di decidere senza imposizioni dall’alto, tanto più che queste imposizioni raramente hanno a che vedere con situazioni favorevoli, anzi.
A ben guardare poi, più che trattarsi di un "no", si tratta di un "sì": il "sì" allo sviluppo del porto in chiave logistica, infrastrutturale, commerciale e turistica, ovvero nell’ottica di quanto previsto nel piano pluriennale di investimenti stilato per il nostro porto, da tutti considerato come la nuova frontiera della nostra rinascita.
Nel merito del no, occorre anche considerare la pericolosità del sito previsto per l’insediamento del rigassificatore, proprio a ridosso dei serbatoi Eni e della città, quasi a voler insistere nell’errore fatto in origine con l’Ilva. Tutto questo in cambio di 20, 30 posti di lavoro a regime, molti meno di quanti non ne potremo ricavare con i progetti in cantiere per il porto, appunto.
La partita continuerà a giocarsi in Regione e al Ministero, è vero, ma ora potremo essere forti di una squadra fatta dalla città e dal Comune, non poco. Ultima riflessione, un po’ amara ma non tanto da rovinare la bella giornata di ieri, la voglio dedicare al testo presentato sull’argomento dal Pd ieri in Consiglio, e che si voleva sostituisse quello poi approvato. Tra le righe di un "no" di facciata, ho letto come questo fosse in realtà rivolto esclusivamente alla Gas Natural, lasciando di fatto la porta aperta al rigassificatore di qualsiasi altra multinazionale senza scrupoli.
D’altra parte il diktat lanciato da D’Alema proprio a Taranto pochi giorni fa in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Bari, parlava chiaro: "in Italia i rigassificatori servono", e lo venne a dire proprio qui, chissà perchè. Il risultato, per nostra fortuna, non è stato quello sperato da D’Alema, ma certo il Ministro degli Esteri potrà essere fiero dell’obbedienza dei suoi seguaci, disposti, per lui e per il partito, a sacrificare Taranto.
Massimo Ruggieri
Taranto
Articoli correlati
- Il fervido cattolicesimo dei Riva
Inquinavano e credevano in Dio
E' crollato definitivamente il sistema di potere che veniva benedetto e celebrato a Pasqua e Natale in fabbrica, con generose donazioni dai Riva all'ex arcivescovo di Taranto monsignor Benigno Papa.11 giugno 2021 - Alessandro Marescotti - Relazione sul webinar di PeaceLink
Taranto, cronaca di un disastro ambientale
Di fronte all'inquinamento del polo industriale e in particolare dello stabilimento siderurgico vi è stata, dal 2008 in poi, una crescita della cittadinanza attiva. La società civile organizzata, supportata dai dati scientifici dell'Arpa Puglia, ha saputo contrastare lo strapotere dei Riva.10 giugno 2021 - Laura Tussi - Condanne durissime, condannati anche i politici
Sentenza Ambiente Svenduto, confiscati gli impianti dell'area a caldo ILVA
Nessuno aveva mai parlato della diossina a Taranto prima del 2005. Fummo noi a prenderci la responsabilità e i rischi di denunciarlo pubblicamente. Oggi è una grande giornata di liberazione dopo una lunga resistenza e tante vittime. Venivamo chiamati "allarmisti" ma avevamo ragione noi.31 maggio 2021 - Alessandro Marescotti - Riflessioni dopo la condanna di Nichi Vendola
Il momento più duro
Sono stata portavoce di Nichi nel 2005 la prima volta che si è candidato alla presidenza della Puglia. Il problema vero è che Nichi ha cercato di avere come interlocutori, e di più, come alleati, i Riva. All’epoca già sotto inchiesta. Parlava di stima reciproca.7 giugno 2021 - Francesca Borri
Sociale.network