«Ad ogni tarantino 2,7 tonnellate di veleno all'anno»
Ogni tarantino respira mediamente 2,7 tonnellate di sostanze inquinanti all’anno: Benzene, Monossido di carbonio, Ossido di zolfo, Ossidi di azoto, Ipa (Idrocarburi policiclici aromatici) e Pm10. E’ questo il risultato ricavato con qualche semplice operazione, prendendo in esame i dati del registro Ines, l’inventario nazionale delle emissioni e loro sorgenti (riferiti al 2005), dividendoli per il numero degli abitanti del capoluogo (per semplificare ne abbiamo calcolati 200mila). Alle fonti industriali vanno aggiunte le emissioni derivanti da traffico e impianti di riscaldamento. Secondo le statistiche dell’Apat (l’Agenzia nazionale per la protezione ambientale), a Taranto il 93% dell’inquinamento atmosferico è attribuibile all’industria, il 7% è di altro tipo. Per cui alle 2,7 tonnellate pro capite di sostanze inquinanti, va aggiunto un ulteriore 7% di veleni.
E il totale sarebbe potuto essere maggiore se l’Ilva avesse fornito i dati riferiti alle emissioni di Pm10 all’Ines. Nella tabella delle dieci industrie italiane con le maggiori emissioni di polveri sottili, ripresa da Legambiente nel rapporto Mal’aria 2008 diffuso nei giorni scorsi, non figura lo stabilimento siderurgico di Taranto.
“Si potrebbe supporre - commenta Lunetta Franco, responsabile di Legambiente Taranto - che almeno in questo caso il siderurgico non detenga il primato e che giaccia in posizioni più basse della classifica.
In realtà i dati sulle emissioni di Pm10 dell’Ilva non sono disponibili nei registri e dunque non è dato sapere come l’azienda si collochi nella classifica degli impianti industriali che emettono Pm10”.
Eppure le polveri sottili a Taranto, ed in particolare al rione Tamburi sono di casa. Dall’inizio dell’anno, la rete di monitoraggio dell’Arpa ha rilevato 17 superamenti del valore di legge nella stazione di via Machiavelli e 5 in quella di via Archimede per un totale di 23 in meno di un mese a fronte dei 35 all’anno consentiti dalla normativa vigente.
I dati contenuti nel dossier Mal’Aria 2008 sono impressionanti. Dando uno sguardo alle sei tabelle sulle emissioni di Benzene, Monossido di carbonio, Ossido di zolfo, Ossidi di azoto, Pm10 e Ipa appare chiaro come lo stabilimento siderurgico di Taranto superi, in termini emissivi, tutte le altre industrie di almeno un ordine di grandezza. Eclatante è il caso degli Idrocarburi policiclici aromatici (Ipa): l’Ilva di Taranto rappresenta il 93% delle emissioni totali da impianti industriali. Alle sue spalle la Sgl Carbon di Narni con il 2,8% del totale, ovvero circa 34 volte in meno rispetto alla prima.
Nella tabella delle polveri sottili non c’è l’Ilva, ma in compenso al quarto posto si trovano le centrali Edison (collocate sempre in Ilva) con 203 tonnellate annue. A dimostrazione che le centrali non costituiscono un problema solo per l’anidride carbonica. Lo stabilimento Ilva si distingue anche per le emissioni di benzene pari a 219 tonnellate annue, il 40,5% del totale delle emissioni in Italia, circa dieci volte di più della Raffineria Eni di Sannazzaro de Burgondi (28tonnellate, 5,3% del totale).
In questa top ten non viene menzionata la raffineria Eni di Taranto. Fa paura la quantità di monossido di carbonio emessa dall’Ilva di Taranto: 538mila tonnellate, il 73,5% del totale. E l’Ilva detiene il primato anche per Ossidi di zolfo (13,9%) e Ossidi di azoto (10%). “Inutile dire - prosegue la Franco - che di fronte a questi dati, lo scoramento è notevole. Sembra che l’inquinamento della nostra città sia una sorta di mostro inattaccabile e invincibile. Crediamo però che debba prevalere qualcos’altro: la volontà di esserci, di dire la nostra, di affermare che la coabitazione con l’Ilva può essere sopportabile per la città e soprattutto per la salute dei suoi abitanti solo se questo livello di inquinamento viene sostanzialmente abbattuto. Questo ci sembra l’unico obiettivo da perseguire subito, senza indugi, nè tentennamenti. Su questo il nostro Circolo sta lavorando a diversi livelli e, ovviamente, con le modeste possibilità e risorse (umane e materiali) di un’associazione di volontariato”.
A tal proposito lo stesso dossier di Legambiente fornisce utili indicazioni nella lettura dei dati e nelle risposte per affrontare il problema. “Le top ten - si legge nel rapporto - mostrano un quadro non ancora soddisfacente. Rispetto al 2004, il 2005 ha visto aumentare le emissioni totali degli Ipa del 19,1%, del benzene di circa il 6,4% e del monossido di carbonio (CO) del 13,1%. Sono in netta diminuzione, invece, gli ossidi di zolfo (-12,6%), il Pm10 (-26,4%) e gli ossidi di azoto (-5,4%) (...) Per raggiungere migliori risultati in termini di diminuzione delle emissioni, è necessario un attento e continuo monitoraggio degli impianti più inquinanti, ed è urgente applicare una serie di interventi volti alla riduzione delle emissioni da attività industriali(...).
E’ importante l’utilizzo delle Bat (Best Available Technologies) per offrire tecnologie alternative a quelle tradizionali più efficienti e meno inquinanti. È fondamentale, però, che le applicazioni di questi strumenti portino ad una reale riduzione dell’inquinamento atmosferico: infatti, se le attività rispettano i limiti fissati dall’Aia ma al tempo stesso aumentano la produzione, la qualità dell’aria non subisce alcun miglioramento e così non si riduce nemmeno il rischio per la salute dei cittadini che vivono in zone limitrofe agli insediamenti industriali, come nel caso di Taranto”.
A proposito di monitoraggio, giovedì prossimo Amministrazione comunale e Arpa firmeranno un protocollo d’intesa con cui all’Agenzia regionale per la protezione ambientale, verranno affidate in gestione le centraline della rete comunale. L’Arpa ne razionalizzerà l’utilizzo e nell’arco di un mese sarà in funzione un sistema di controllo ancora più efficace di quello attuale.
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