Le mafie rapinano il futuro dei giovani
“Le mafie sono impedimento di sviluppo economico e di opportunità lavorative. Sono una rapina del futuro ed un abbattimento della qualità di vita dei giovani. Devono e possono essere combattute senza violenze, attraverso legalità e giustizia. I giovani non debbono lasciarsi illudere dalle economie mafiose che ingannano e impoveriscono”.
Si potrebbe sintetizzare in queste parole il messaggio che il giudice Giancarlo Caselli, già procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo e attuale procuratore generale di Torino, ha rivolto agli alunni di undici scuole superiori tarantine nel corso di un incontro- dibattito svoltosi ieri mattina nel gremito salone di Rappresentanza della Provincia, a Palazzo del Governo.
La particolare ed interessante lezione è stata organizzata dall’associazione “Libera” e dalla Provincia di Taranto nell’ambito della campagna di sensibilizzazione denominata “100 passi verso la XIII Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime di mafie", che sarà celebrata a Bari il 15 marzo.
All’incontro tra gli studenti tarantini e il giudice Caselli, erano presenti il presidente della Provincia di Taranto Gianni Florido, Annamaria Bonifazi, referente provinciale di Libera e Lucio Giummo, studioso e profondo conoscitore dell’opera di Danilo Dolci, triestino di nascita, poeta, sociologo educatore e filosofo della nonviolenza.
Per i suoi ideali fu anche processato e condannato. A dieci anni dalla scomparsa, è stata ricordata la figura di questo importante personaggio conosciuto dal giudice Caselli. “Quando ero procuratore a Palermo ho avuto occasione di incontrare Danilo Dolci - ha rammentato Giancarlo Caselli - Lo ricordo soprattutto per il suo impegno per i diritti per gli ultimi, per i più deboli per affermare i valori della Costituzione non soltanto a parole ma anche nei fatti, pagando di persona con processi e carcerazione”.
Negli scritti e nell’opera di Danilo Dolci, emergono il metodo di ascolto e di valorizzazione del singolo cittadino. Per Dolci era importante il dialogo, il confronto, lo stare insieme, il discutere, l’approfondire, il cercare non da soli ma mettendo insieme le esperienze ed il sapere di tutti.
“Era questo uno degli insegnamenti fondamentali di Danilo Dolci - ha sottolineato il procuratore generale di Torino - un veicolo importante, forse insostituibile di crescita di ciascuno e di tutti quanti insieme. Dolci aveva capito, come molti costituzionalisti ed uomini illuminati, che la Costituzione poteva e doveva essere utilizzata a vantaggio della collettività e non solo dell’interesse di alcuni. La straordinaria impressione che si ricava dalle sue idee è che anche la persona più umile, più impreparata, meno colta attraverso il confronto e la discussione con gli altri, se intelligente e con un’esperienza di vita vissuta, è in grado di tirar fuori delle valutazioni, delle riflessioni e anche delle indicazioni di intervento estremamente importanti”.
Se leggendo gli scritti di Dolci si può capire ed imparare molto, di sicuro altrettanto hanno fatto coloro che ieri erano presenti alla lezione di Caselli che ha spiegato cosa sono realmente le organizzazioni criminali di stampo mafioso e quindi la mafia siciliana, nota anche come “Cosa nostra”, la ’ndrangheta calabrese, la “Sacra corona unita” salentina e la camorra campana.
Il procuratore generale Caselli ha quindi spiegato l’economia mafiosa ed i danni che essa provoca allo Stato italiano. “Sappiamo che una delle principali fonti di arricchimento illecito delle varie mafie è il traffico di sostanze stupefacenti. In questo modo le organizzazioni criminali accumulano una quantità imponente di danaro, ma sono soldi della morte perchè i mafiosi guadagano (le famose narcolire di una volta, oggi narcoeuro ndr) sulla pelle di tanti giovani - ha aggiunto il giudice Caselli - Dove c’è la mafia non è vero che c’è più lavoro, non è vero che c’è più ricchezza. Se c’è un guadagno c’è solo per i mafiosi ed i loro complici. Per gli altri ci sono solo briciole”. Che la mafia sia questione economica lo si evince anche dagli scritti lasciati da Danilo Dolci.
Oggi a dimostrare questa verità sono alcuni dati del Censis, l’Istituto di ricerca sociologica più qualificato in Italia, che ha provato che “le varie mafie operanti nel Mezzoggiorno zavorrano l’economia del Meridione. Impediscono all’economia del Sud Italia di sollevarsi dallo loro stato di crisi e di crescere. Ne impediscono lo sviluppo - Ha spiegato il procuratore generale di Torino -
L’effetto delle mafie sull’economia del Sud Italia dimostra che ogni anno si perdono 180mila posti di lavoro e 7,5 miliardi di euro di produzione di ricchezza”. Il risultato conclusivo della ricerca del Censis è che se non ci fossero le organizzazioni criminali di stampo mafioso il Pil pro-capite nel Mezzogiorno sarebbe sostanzialmente vicino a quello del Centro-Nord Italia. Per combattere tutto questo bisogna coniugare e rendere complementari legalità e giustizia che non sono la stessa cosa. La legalità è l’assoluto rispetto delle norme, la giustizia è la democrazia che si emancipa, che risponde alle esigenze della singola persona.
“Le leggi devono essere sentite come nostre - ha concluso Caselli - perchè se osservate ci fanno stare meglio”. Poi rivolgendosi direttamente ai ragazzi ha detto: “ci sono tanti valori a cui potersi appoggiare: la famiglia, la scuola, gli insegnanti, i compagni, la qualità di questi, la fortuna ma insieme a questi fattori dobbiamo intrecciare quello della legalità”.
All’incontro hanno partecipato alcune classi delle scuole superiori: Cabrini, Vittorino da Feltre, Liside, Bachelet, Nitti, Archita, Aristosseno, Ferraris, Quinto Ennio, Leonida ed Einstein.
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