«100 milioni di euro per l’inquinamento ambientale»
Il Comitato referendario «Taranto Futura» è pronto a chiedere 100 milioni di euro a titolo di risarcimento all’Ilva per i danni causati all’ambiente. L’iniziativa è stata illustrata ieri dall’avvocato Nicola Russo, il quale ha ricordato la sentenza della Cassazione del 2005 con la quale furono condannati i dirigenti del siderurgico tarantino per inquinamento ambientale. Il Comitato, di fronte alla decisione , ritenuta «inspiegabile» di Provincia e Comune, di ritirare la costituzione di parte civile, ha deciso di avvalersi della disposizione dell’articolo 3 del Testo unico Enti locali, secondo cui ciascun elettore può far valere in giudizio le azioni e i ricorsi che spettano proprio a Comune e Provincia.
Si tratta dunque di un’azione popolare che richiederà la redazione di un atto di citazione da notificare anche al Comune di Taranto al fine di consentire all’ente di aderire all’azione, nel rispetto, tra l’altro, del programma elettorale presentato dal sindaco Ezio Stefàno. Secondo il Comitato, Stefàno, riferendosi al ritiro della costituzione di parte civile avvenuta il 27 dicembre 2004, aveva commentato la scelta considerandola «sciagurata e scellerata».
Il risarcimento che si riuscirà ad ottenere con l’azione popolare non andrà ai singoli cittadini, invitati ad aderire a titolo personale all’iniziativa del Comitato, ma nelle casse comunali. Lo stesso Comitato ha poi annunciato che, non essendo stato avviato dal Comune di Taranto l’iter per l’indizione del referendum consultivo proposto lo scorso novembre riguardante le due ipotesi di chiusura totale dell’Ilva con la salvaguardia dei livelli occupazionali da impiegare in settori alternativi, o della sola chiusura dell’area di lavorazione a caldo dell’Ilva, con lo smantellamento dei parchi minerari, presenterà un ricorso d’urgenza (ex art. 700) al Tribunale di Taranto con conseguente, ulteriore richiesta di risarcimento danni.
Tale iniziativa si fonda sulla consapevolezza che, come affermato anche dalla Cassazione, «il Comitato promotore di un referendum agisce nel relativo procedimento in posizione di piena parità con l’organo dell’ente territoriale preposto al controllo di legittimità della richiesta referendaria.
Quest’ultimo, infatti, opera non a tutela di uno specifico interesse dell’amministrazione pubblica, ma, come lo stesso Comitato, per l’attuazione dell’ordinamento». Dopo la presentazione dei quesiti, il sindaco aveva inviato al Comitato una lettera in cui si dichiarava impossibilitato a provvedere all’avvio dell’iter a causa della mancanza dello specifico regolamento comunale. Il procedimento amministrativo, tuttavia, ha dei termini precisi che, per il referendum sulla chiusura dell’I l va , scadranno il 13 marzo 2008. Se entro quella data la situazione non sarà sbloccata, l’unica via sarà quella del ricorso al Tribunale non solo in sede civile ma anche in sede penale, essendo stata ravvisata l’ipotesi di «rifiuto di atti d’ufficio».
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