Sviluppo e ambiente, le responsabilità di Confindustria
“A me pare, da uomo di sinistra, francamente incomprensibile il convegno recente di Confindustria a Grottaglie sulla modernità come leva del cambiamento e della crescita economica. E’sembrato un trionfo di buoni sentimenti, una sorta di unanimismo dal quale si è distinto, opportunamente, il sindaco di Taranto parlando della necessità di uno sviluppo legato all’ambiente.
Un palco di prime donne sul quale il presidente Montezemolo sembra aver offerto a qualcuno la qualifica di socio onorario di Confindustria, l’antica pacca sulla spalla. Una volta c’era almeno il gioco delle parti, oggi si fa a gara ad essere al servizio, di chi decide il tipo di economia possibile a prescindere se necessaria per lo sviluppo del territorio. Non c’è oggi un capitalismo dal volto accettabile in contrapposizione ad un altro che non lo è.
La questione è quella per cui oggi il peso di Confindustria è determinante nella politica economica dei governi e determina le scelte ed anche gli uomini che le eseguono. La grande questione che ha oggi la sinistra che si ritrova unita finalmente, speriamo profondamente rinnovata negli uomini e nei programmi, è quella di affrontare questo rapporto.
Le recenti vicende sulle quote di emissioni permesse ad Emilio Riva sono sintomatiche del problema. Ma davvero Confindustria è senza peccato? E’ realmente esente da errori? Cosa ha fatto in oltre quaranta anni di siderurgia a Taranto, per creare un indotto degno di questo nome?
Sono state le grandi vertenze locali dei lavoratori e delle loro organizzazioni, oltre all’intervento dello Stato, con i nostri soldi quindi, a supplire a quegli errori. Cosa si è fatto per non perdere alcune grandi aziende oggi presenti in altre parti del mondo? Adesso l’assistenzialismo dello Stato viene meno, a Taranto come a Torino, si fa leva sui bisogni dei territori per imporre determinate scelte oppure si minaccia di delocalizzare altrove.
Come si fa, d’altra parte, facendosene un vanto ancora oggi, a continuare a parlare di vocazione energetica per la Puglia, quando le nostre uniche risorse naturali, le materie prime, sono il sole ed il vento ed esportiamo il sessanta per cento dell’energia lasciando a Brindisi e Taranto gli scarti nocivi ed inquinanti delle produzioni?
Come si fa a chiedere ancora rigassificatori, energia nucleare ed infrastrutture, quando si fa penare la gente per una modesta rivendicazione dei salari per chiudere un contratto nazionale contestato nella stessa Ferrari? Quando si ottiene da questo governo grandi vantaggi con due finanziarie ed un accordo del luglio scorso, frutto di una scellerata politica dei due tempi che ha messo nel secondo, non più esigibile oramai, gli interessi dei lavoratori?
Ognuno deve fare il proprio dovere! E’ la solita musica che assolve chi trae il maggior beneficio dalle situazioni, mentre i lavoratori italiani restano i peggio pagati d’Europa e rimane il drammatico problema delle loro condizioni di sicurezza e di salute”.
Giovanni Pompigna
Pdci - Taranto
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