«Condannate Emilio Riva»
Fumi, polveri e gas. La magistratura presenta il conto per l’inquinamento prodotto dalla grande industria. Il procuratore generale Nicolangelo Ghizzardi ha chiesto la condanna per tre dirigenti dell'Ilva, tra i quali il presidente del consiglio di amministrazione Emilio Riva, accusati di getto pericoloso di cose, danneggiamento aggravato, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro nel reparto Cokerie e inosservanza dei provvedimenti dell'Autorità Giudiziaria.
L'inchiesta esplose l'11 settembre del 2001 con il sequestro preventivo delle batterie 3-6 del reparto cokerie: una perizia stabilì il superamento dei valori limite di emissioni inquinanti. Il procuratore generale, al termine della requisitoria, ha chiesto 3 anni di reclusione per Emilio Riva, un anno e 7 mesi per suo figlio Claudio, rappresentante legale dell'azienda, 2 anni e 8 mesi per Luigi Capogrosso, direttore dello stabilimento tarantino, e l'assoluzione per Roberto Pensa, dirigente del reparto Cokerie.
Rispetto alla sentenza di primo grado ci sono due variazioni: la richiesta di inasprimento della pena (da un anno e 6 mesi a un anno e 7 mesi) per Claudio Riva e la richiesta di assoluzione per Pensa (che aveva rimediato in primo grado la condanna a 6 mesi e 15 giorni con pena sospesa).
Si sono costituiti parte civile la segreteria provinciale della Uil e Legambiente Taranto. La prossima udienza, che potrebbe concludersi con la sentenza, è prevista per il 12 marzo. Tutti gli imputati furono assolti dalla violazione di una legge antinquinamento perchè nel frattempo è cambiata la normativa. Il 16 luglio del 2002, la Procura intimò all’Ilva la riduzione del 25 % della produzione del carbon coke. Una prescrizione ritenuta inaccettabile dall’Azienda, che avviò la chiusura degli impianti.
I dati raccolti a suo tempo dal Dipartimento di Prevenzione dell’Asl, relativi alla salubrità dell’aria e all’incidenza delle malattie dell’apparato respiratorio, erano davvero allarmanti. La Regione Puglia, il Comune e la Provincia di Taranto e il Comune di Statte avevano rinunciato a costituirsi parte civile in virtù dell’atto di intesa sull’ambiente siglato a Bari il 15 dicembre del 2004.
Secondo la tesi degli investigatori, l’inquinamento prodotto dall’Ilva era così massiccio da non provocare solo disturbi alla salute ma danni notevoli anche ai beni pubblici. Emilio Riva e Luigi Capogrosso furono anche interdetti dall’attività industriale e dichiarati incapaci di contrattare con la pubblica amministrazione per la durata della pena. Francesco Caltagirone, presidente del consiglio di amministrazione della Cementir, sarà invece giudicato con il rito abbreviato. La grande industria, alla resa dei conti, risponde di vilipendio all’ambiente.
Dall’inchiesta-madre è nato il processo per lo sversamento di polveri dai parchi minerali (in appello la condanna a 7 mesi di arresto fu tramutata in una multa di 7980 euro per il presidente dell’Ilva Emilio Riva e il direttore dello stabilimento tarantino Luigi Capogrosso, assoluzione per i dirigenti Giancarlo Quaranta e Salvatore Zimbaro). Riva, Capogrosso e Pensa rispondono di «omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro». Secondo la tesi degli inquirenti, avrebbero «omesso di dotare le batterie 3, 4, 5 e 6 del reparto cokerie di tutte le apparecchiature necessarie per evitare la dispersione, nel luogo di lavoro e nelle aree circostanti, di fumi, gas, vapori e polveri di lavorazione, onde prevenire la possibilità di disastri, infortuni e malattie conseguenziali in danno dei lavoratori addetti e comunque operanti nella zona».
La perizia disposta dal dal procuratore aggiunto Franco Sebastio, che coordina il pool formato dai pm Alessio Coccioli, Remo Epifani e Maurizio Carbone, stabilì che il tasso di inquinamento prodotto dalle cokerie aveva superato i valori-limite. Il 22 maggio del 2002, il gruppo Riva aveva firmato un primo protocollo d’intesa con Regione Puglia, Comune e Provincia di Taranto e Comune di Statte per il risanamento delle cokerie, impegnandosi a terminare entro l’aprile del 2003 i lavori per la bonifica delle batterie 5 e 6 ed entro il dicembre del 2004 la ristrutturazione delle batterie 3 e 4.
Riportiamo di seguito i capi d’imputazione che un anno fa, al termine del processo di primo grado, determinarono l’affermazione di responsabilità per i vertici dello stabilimento siderurgico dell’ILVA.
EMILIO RIVA, LUIGI CAPOGROSSO Art. 110, 437 codice penale (omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro) perchè, nelle rispettive qualità di presidente del C.d.A. dell’Ilva SPA (il Riva), di direttore dello stabilimento di Taranto (il Capogrosso) e di dirigente responsabile reparto cokerie (il Pensa), nell’ambito delle rispettive competenze, omettevano di dotare le batterie del reparto cokerie aventi nr. 3-4-5-6, di tutte le apparecchiature necessarie per evitare la dispersione, nei luoghi di lavoro e nelle aree circostanti, di fumi, di gas, vapori e polveri di lavorazione, onde prevenire la possibilità di disastri, infortuni e malattie consequenziali in danno dei lavoratori addetti e, comunque operanti nella zona, il tutto anche in relazione alla specifica normativa a tutela dei lavoratori (DPR 547/55. 303/56) e dell’ambiente (art. 674 c.p. e DPR 203/88) e pure essendo consapevoli che la mancata adozione delle misure di cui sopra aggravava il rischio di infortuni, così come previsto dal “documento sulla valutazione dei rischi” approvato dalla stessa ILVA SPA. Art. 650 codice penale (inosservanza dei provvedimenti dell’autorità) per avere, nelle qualità indicate, omesso di ottemperare all’ordinanza del sindaco del Comune di Taranto emessa in data 22/05/2001, con la quale - per ragioni di tutela della salute pubblica- veniva ordinata l’immediata sospensione dell’esercizio delle batterie 3-4-5-6 della cokeria.
In Taranto dal 22/05/2001 fino al settembre 2002 (epoca di disattivazione dell’impianto) EMILIO RIVA, CLAUDIO RIVA, LUIGI CAPOGROSSO, ROBERTO PENSA Art. 674 codice penale (getto pericoloso di cose) perchè nelle rispettive qualità, il primo di presidente ed amministratore delegato dell’ILVA Lamiere e Tubi e ILVA SPA, il secondo di amministratore delegato, il terzo di direttore dello stabilimento ed il quarto di responsabile del reparto cokerie, consentivano o comunque non impedivano permanenti emissioni-all’interno dello stabilimento siderurgico ILVA e nelle zone circostanti dell’abitato cittadino, in particolare nel quartiere “Tamburi”- di grossi quantitativi di polveri minerali e gas (IPA, benzene) atti ad offendere, imbrattare e molestare le persone.
In Taranto accertato il 10/07/2001 con condotta permanente Articoli 81, 635 comma 2° nr. 3 codice penale in relazione all’art. 624 nr. 7 c.p. (danneggiamento) perchè, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, nelle predette qualità ed attraverso la condotta descritta all’art. 674, imbrattavano e quindi deterioravano gli arredi urbani e gli edifici pubblici (strade, cimiteri) del Comune di Taranto Fatti accaduti in Taranto fino alla data del 10/07/2000
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