Taranto, tragedia sfiorata in raffineria
Sono solo feriti e le loro condizioni non sembrano destare preoccupazioni: li ha colpiti un’esplosione mentre stavano eseguendo interventi di manutenzione su un compressore d'aria.
All'origine dello scoppio potrebbe esserci una scintilla, ma i vigili del fuoco e la polizia di stato stanno ancora indagando sulle cause dell’incidente. Il compressore, stando alle prime ricostruzioni, era inutilizzato da un anno.
I due lavoratori feriti sono un giovane di 31 anni, di San Vito dei Normanni, in provincia di Brindisi, e un 36enne di Brindisi. Il primo ha riportato la frattura della mano con una prognosi di 35 giorni; il secondo ha riportato escoriazioni al volto e agli arti con una prognosi di 15 giorni.
Sul luogo sono intervenuti i vigili del fuoco che operano all’interno dello stabilimento, i tecnici dello Spesal (Servizio prevenzione e scurezza negli ambienti di lavoro) e agenti della Digos della questura. Sul posto, su mandato del sostituto procuratore Franco Sebastio, sono giunti anche gli ispettori del lavoro, coordinati da Fernando Severini. Sul caso la magistratura ha avviato un’inchiesta.
E a ottobre scorso ci fu l’allarme per una nube tossica
Il 12 ottobre una nube avvolse la città. La sirena della raffineria suona qualche minuto dopo le 16. Così, quel giorno, scattò l’allarme all’Eni di Taranto dove si sono vissuti momenti di grande apprensione. Il dispositivo acustico ha risuonato in ogni ambiente, in ogni stanza degli stabilimenti sulla statale 106, alle porte di Taranto. Ma l’allarme è rientrato nel giro di poche ore.
L’emergenza ha interessato solo il reparto «RHU», l’impianto in cui i residui della distillazione del greggio vengono trattati con un processo che li trasformerà in carburante. L’intoppo nel sistema è proprio lì. Una delle tubazioni, che trasportava gasolio ad alta pressione, si è crepata. I tecnici della raffineria dovranno accertarne le cause, anche se si crede che possa essersi trattato di un problema strutturale. Dal buco, non più grande di quattro o cinque millimetri, fuoriesce il carburante. L’alta pressione ha fatto tutto il resto. La perdita, a contatto con l’atmosfera, ha sprigionato una miscela di idrocarburi. Immediatamente l’impianto si è bloccato ed è scattato l’allarme generale.
L’allarme che si è attivato, però, ha interessato, come si diceva, soltanto un reparto della raffineria. Ed è lì che, nel giro di pochi secondi, è stata attivata la procedura di sicurezza. Immediatamente nel reparto sono arrivati i tecnici specializzati, i vigili del fuoco dello stabilimento, i sanitari. Fonti interne alla raffineria, ad ottobre, assicurarono che si era attivato il «protocollo». Ovvero, una serie di procedure standard da seguire alla lettera per garantire la sicurezza degli uomini, prima ancora che quella degli impianti.
«Ma in quel tubo non doveva esserci del gas»
«Mancavano, all’incirca venti minuti a mezzogiorno ed io stavo avendo un colloquio informale con alcuni dirigenti dello stabilimento quando il rumore di una forte esplosione ci ha colto di sorpresa». A parlare è Giuseppe Maffucci, segretario provinciale della Femca Cisl. Il sindacalista, contattato dalla «Gazzetta» poco prima delle 13, indossa quasi i panni del testimone. Descrive, infatti, le sue sensazioni a pochi minuti dall’esplosione del tubo di quel compressore che ha ferito due operai. «Ovviamente - insiste Maffucci - abbiamo interrotto la nostra conversazione ed abbiamo cercato di capire cosa fosse accaduto. Naturalmente, quando si verificano incidenti di questo tipo, per evidenti motivi di sicurezza, non ci viene consentito di avvicinarci agli impianti». Poi Maffucci prova a ricostruire la dinamica dell’incidenti. «Questi due operai di una ditta sub appaltatrice (la Tecnogas - ndr) stavano eseguendo alcuni interventi di manutenzione ad un compressore.
Probabilmente, mentre stavano intervenendo ci sarà stata una piccola fuga di gas fuoriuscita dai tubi cghe ha causato l’esplosione. Ma questa, sia chiaro, è solo u n’ipotesi. Tutta da verificare». Il sindacalista della Cisl ritiene comunque lo stabilimento Eni-Agip di Taranto «abbastanza sicuro. Posso affermare, senza alcun dubbio, che ci sono condizioni di sicurezza buone. La direzione è molto sensibile su questo tema e, peraltro, c’è un elevato livello di concertazione sindacale. In altre parole, le relazioni industriali sono garantite. Forse - ammette il segretario della Femca Cisl - ultimamente le ditte appaltatrici e quelle sub appaltatrici non sono così attente a curare tutti glia spetti della sicurezza».
Anche il segretario provinciale della Filcem Cgil, Isidoro Petrini, rileva che «la raffineria Agip è molto sicura. L’esplosione di oggi (ieri per chi legge, ndr) non deve trarre in inganno. Devo riconoscere infatti che il management dell’Eni mette al primo posto la sicurezza dei suoi lavoratori. Ora - aggiunge il sindacalista Cgil - non ricordo le cifre ma posso affermare che gli investimenti fatti a Taranto per rendere gli impianti sicuri sono davvero ingenti».
Ha invece dovuto interrompere una riunione sindacale in corso a Brindisi, Amedeo Guerriero, segretario provinciale della UIlcem Uil, per dirigersi subito allo stabilimento Eni-Agip di Taranto. «Qualcosa - osserva - non ha funzionato. Non sappiamo ancora cosa ma, di certo, qualcosa non è andata per il verso giusto». Il sindacalista della Uilcem aggiunge: «Nei giorni scorsi quell’impianto (anzi, l’intera area) era stata bonificata con dell’azoto come, in genere, si usa fare in queste circostanze. In altre parole, da quel tubo (una volta iniziati gli interventi di manutenzione) non avrebbe dovuto fuoriuscire del gas. Eppure, invece, questo è avvenuto e, di conseguenza, c’è stata qust’esplosione che ha praticamente devastato il tubo collegato al compressore. Le conseguenze avrebbero potuto essere molto più gravi. Attendiamo le prossime ore - conclude il segretario della Uilcem - per sapere come è andata nei minimi dettagli. Per ora, infatti, ci sono molti interrogativi».
Fermo intanto il progetto sul raddoppio
Ma nell’ultimo anno la raffineria di Taranto ha fatto discutere anche per un altro problema: il progetto di raddoppio degli impianti presentato dall’Eni nel febbraio 2007 alla Regione, la quale decise poi di insediareuna cabina di regia con le istituzioni locali alfine di valutarne meglio i termini progettuali e le ricadute ambientali. Il piano prevedeva investimenti per un miliardo di euro nel periodo 2007-2010, un’occupazione di cantiere complessiva di 1.600 addetti, un’occupazione addetta alla gestione dei nuovi impianti di 120 unità. Con questo raddoppio la raffineria porterebbe la sua capacità di produzione da 6,5 milioni di tonnellate l’anno a circa 11 milioni di tonnellate.
Previsti anche l’ammodernamento della centrale elettrica, da olio combustibile a gas naturale con aumento di potenza a 240 MW, collegamento via oleodotto con la Campania e il petrolchimico di Brindisi. Attualmente il progetto è fermo perchè non sono state valutate le conseguenze ambientali. L’Eni ha paventato la possibilità di ritirarlo e realizzarlo altrove a causa dei ritardi accumulati in Puglia.
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