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Assennato: «Taranto è un problema nazionale»

Dopo il latte alla diossina parla il direttore generale dell´Arpa «Stiamo lavorando con le università a un progetto per identificare tutte le emissioni. Si tratta di un´iniziativa ambiziosa e costosa. L´unica in grado di fare marciare a braccetto lo sviluppo industriale con la tutela dell´ambiente e la salute dei cittadini. In queste ore ho saputo che saremo sostenuti finanziariamente dall´Ilva. Anche l'amministrazione regionale non dovrebbe voltarci le spalle»
23 marzo 2008
Lello Parise
Fonte: Repubblica

- Se la Puglia non è più solo quella dei veleni perché «le cose migliorano» da Manfredonia a Bari fino a Brindisi, la realtà di Taranto rimane preoccupante. «E´ la vera emergenza ambientale di questa regione» spiega il dg dell´Arpa, Assennato. E, questo, al di là delle notizie rassicuranti sul latte alla diossina. «Per guarire il capoluogo ionico è necessario uno sforzo straordinario: da soli non possiamo farcela».

Il latte alla diossina in quel di Taranto sarà pure un «caso isolato» come spiegano dal quartier generale della Regione a Bari, ma Peacelink nutre «forti dubbi» a proposito delle «dichiarazioni tranquillizzanti» e tira fuori un documento «mai pubblicizzato». Risale al 2001 e riguarda un´indagine su 450 campioni provenienti da diverse aziende agricole pugliesi: all´istituto di chimica della facoltà di Veterinaria accertarono valori «non desiderabili» di Pcb - il policlorobifenile, un contaminante paragonabile proprio alla diossina - nel latte, appunto.

Al di là delle paure così come delle parole rassicuranti legate alle disavventure del pastore che portava le pecore a pascolare nei pressi della zona industriale, per il professor Giorgio Assennato, direttore generale dell´Arpa, quella del capoluogo ionico resta «la vera emergenza ambientale» del tacco d´Italia. «Il tacco nero d´Europa» l´aveva definito non più tardi di un anno fa in un´intervista con L´espresso l´assessore all´Ecologia della giunta Vendola, Michele Losappio, che aggiungeva: «Farlo bianco sarà impossibile. Vediamo di renderlo grigio». Pure perché, secondo lo stesso Assennato, «le cose migliorano» a Brindisi (Petrolchimico), Bari (Fibronit) e Manfredonia (Enichem). Ma la capitale dell´acciaio continua a soffrire d´asma e alla fine potrebbe non avere più il fiato sufficiente ad andare avanti.

Perché, professore?

«Non dobbiamo dimenticare che da quelle parti, a differenza del resto della Puglia, c´è una concentrazione impressionante d´impianti industriali».

Lettera aperta al Prof. Assennato
Taranto, 18 Marzo - Una giornata "irrespirabile"

c.a. Giorgio Assennato
Gentile Professore,

Oggi a Taranto l'aria è stata davvero irrespirabile. Lavoro in un'azienda che ha sede nella zona industriale di Taranto e verso le h10 e per tutta la giornata c'è stato un odore davvero incredibile di gas. Pensavo si trattasse della ormai consueta nuvola di veleni ma l'aria è stata davvero irrespirabile per molte ore.

Vorrei sapere se sono attive delle vostre centraline nei pressi della Raffineria ENI di Taranto e se sono state mai monitorate eventuali esalazioni di idrocarburi dai terreni circostanti la raffineria. Sarebbe importante a mio avviso verificare la presenza di sostanze inquinanti nell'area circostante lo stabilimento e fare dei test sull'aria per sapere se i lavoratori delle fabbriche a ridosso di ENI ed ILVA hanno respirato (e respirano) direttamente idrocarburi.

Confido nel sul riscontro e colgo l'occasione per ringraziarla per il suo impegno su Taranto.

Stefano De Pace
Materializzano quello che chiamano il "buco nero" dell´inquinamento

«Quella è una città che fa registrare eccessi di mortalità: lo dimostrano i dati epidemiologici. E dove i suoi abitanti vivono come se fossero in stato d´assedio da più di quarant´anni, dall´insediamento del centro siderurgico».

Difendersi è impossibile?

«Noi facciamo quello che possiamo».

Cioè, che cosa?

«Cerchiamo di parare i colpi attraverso cui mettono in pericolo aria, acqua, suolo, alimenti. L´attacco è a tutto campo».

Risultati?

«Il problema è enorme e deve essere affrontato a livello nazionale. Potrà essere risolto una volta per tutte soltanto se decideremo di compiere uno sforzo straordinario».

Ma nel frattempo, l´alternativa è quella di girarsi i pollici?

«No, tutt´altro. Come Arpa stiamo lavorando con le università, ad un progetto per identificare quelle che sono a Taranto tutte le sorgenti responsabili dell´inquinamento».

E´ la "madre di tutte le battaglie"?

«Si tratta di un´iniziativa ambiziosa e costosa. L´unica in grado di fare marciare a braccetto lo sviluppo industriale con la tutela dell´ambiente e la salute dei cittadini. Non è certamente con la politica del "lasciar fare" di tipo liberistico che si può sperare di invertire la rotta».

Tuttavia senza soldi, siete fermi al palo. Quanto è costoso il progetto messo in cantiere?

«Un milione di euro. In queste ore ho saputo che saremo sostenuti finanziariamente dall´Ilva. Anche l´amministrazione regionale non dovrebbe voltarci le spalle».

Quando, questo progetto, sarà reso pubblico?

«Lo presenteremo dopo Pasqua: fra un mese, credo».

Tutti uniti verso la meta?

«Questa è una faccia della medaglia».

Qual è l´altra?

«Rafforzare l´esercito dell´Arpa. Sapete quanti siamo a Taranto?».

Quanti siete?

«Trentacinque. Ce ne vorrebbero almeno il doppio: settanta. Ad oggi invece abbiamo carenze di organico e di strumentazione, indispensabile per il lavoro delicato che svolge l´agenzia, sistemata peraltro in una sede fatiscente. Sono, queste, tutte condizioni di inadeguatezza rispetto alle esigenze di un moderno laboratorio ambientale».

Professor Assennato, ancora per quanti lustri questa sarà indicata agli occhi del Belpaese come la Puglia dei veleni?

«Non siamo all´anno zero: nella altre province le operazioni di bonifica sono a buon punto. Ma nuovi fantasmi si agitano dal nord al sud, e rischiano di trasformarsi in veri e propri incubi».

Quali, scusi?

«I rifiuti, depositati illegalmente e in grande quantità là dove capita. Gli incendi, incrementati sensibilmente e che distruggono spesso irrimediabilmente i boschi. Sì, dobbiamo rimanere con le maniche rimboccate ed evitare di abbassare la guardia».

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