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TarantoViva: «No a nuove servitù energetiche»

L'Associazione interviene in merito alle autorizzazioni concesse ad ENI per costruire pozzi esplorativi nella zona di Foggia, in quella murgiana prima di Matera e in quella jonica, tra Ginosa e Castellaneta. «In quest’angolo di Sud intossicato dalla diossina serve un accordo per il monitoraggio degli inquinanti e il rilancio dell’intero territorio. Il monitoraggio in continuo e un «patto» con il governo per lo sviluppo delle infrastrutture nell’arco jonico. È la strada indicata da TarantoViva».
3 aprile 2008
Stefano De Pace (Associazione TarantoViva)

Egr. Presidente Vendola,

- Leggendo i verbali di udienza relativi al processo contro il Petrolchimico di Marghera, ci siamo soffermati a leggere con quanta precisione vennero stimate e datate le contaminazioni da diossine e PCB nella laguna di Venezia. Qui a Taranto il problema non è la diossina in sé: il problema è quanta se ne trova e dove se ne trova. Un lavoro che tenta di datare la contaminazione, cioè di stabilire una cronologia rispetto a quando è iniziata la contaminazione, è un'operazione d’avanguardia che ormai riteniamo sia l’unica via d’uscita.

Non è accettabile che gli agenti inquinanti riversati in aria ed acqua fino ad oggi non vengano definitivamente individuati e quantificati, tenendo conto delle quantità emesse nel corso degli anni passati e delle sedi in cui si sono depositati; occorre che vengano composte delle mappe terrestri, marine e di falda acquatica che fotografino lo stato di inquinamento delle aree interessate.

L’obbligo di tutela della salute dei cittadini conseguentemente dovrebbe imporre aree di esclusione al pascolo, aree di interdizione alla pesca ed alla coltivazione e raccolta dei mitili. Dopo il necessario riconoscimento dello stato attuale e dello status quo ante, servirà assumersi anche l’onere della messa a norma delle attività inquinanti per il futuro, con l’adozione di leggi adeguate ad un paese civile che chiede salute e con l’istituzione di validi sistemi di monitoraggio delle emissioni inquinanti.

Per garantire la realizzazione di questa importante attività serve un progetto, o meglio serve un vero e proprio accordo, e norme perentorie per monitorare non solo le diossine e non solo l’area a ridosso dello stabilimento siderurgico, ma anche gli altri inquinanti la cui presenza nel territorio tarantino è accertata da tempo.

In un recente convegno abbiamo ascoltato il Professor Montanari che raccontava l’esperienza vissuta a Udine dove è stato portato a termine un progetto similare analizzando campioni di aria, di polvere presa dai davanzali delle case a ridosso dell’acciaieria, di piante e foglie. Ci chiediamo se e quando si arriverà anche da noi fare queste datazioni?

A Taranto abbiamo bisogno di fatti concreti e non di show mediatici per rilanciare questo territorio, nettamente in ritardo rispetto alle realtà industriali che oggi rinascono grazie alla capacità di mettersi in gioco delle amministrazioni. Ci riferiamo ad esempio a Bilbao e ad Amburgo che adesso raccontano al mondo intero cosa vuol dire risorgere dopo decenni di industria pesante. Il porto di Taranto avrebbe grandi potenzialità anche come scalo passeggeri se solo le meraviglie di Taranto e della sua provincia potessero essere prese in considerazione dal turismo internazionale, mentre ad oggi sono inavvicinabili, perché mal collegate, sporche, inquinate.

E’ importante a nostro avviso rafforzare il rapporto tra governo nazionale e regionale proponendo un accordo per lo sviluppo integrato della regione, attraverso la valorizzazione delle macroinfrastrutture quali l’aeroporto di Grottaglie, il Porto di Taranto ed i collegamenti ferroviari. A Taranto abbiamo bisogno di una piattaforma logistica che sia capace di affrontare le sfide di questo Mediterraneo.

Lo scalo portuale di Taranto, unico nel Mediterraneo per la sua posizione ha le potenzialità e il dovere di diventare un porto di riferimento per questo Paese e un ponte di interscambio di collegamenti fra oriente ed occidente. È la piattaforma logistica il futuro di questa città.

L’ansia energetica nazionale giustifica invece ancora una volta l’idea di imporre al territorio jonico e alla Puglia più in generale nuove servitù, col rischio di pregiudicare ulteriormente le chances di sviluppo del territorio, piuttosto che favorirle. La Sua giunta, Presidente, ha autorizzato l’ENI a costruire pozzi esplorativi nella zona di Foggia, in quella murgiana prima di Matera e in quella jonica, tra Ginosa e Castellaneta.

Nell’arco jonico di pertinenza della Regione Basilicata sono state autorizzate perforazioni nella Piana Jonica-Metapontina, comprendente i fertilissimi territori che si estendono da Policoro-Nova Siri- Scanzano a Pisticci-Bernalda. Le sole risorse certe provenienti dall'agricoltura d'avanguardia e dal crescente turismo sono a rischio di estinzione. Sono previsti pozzi alla foce dell'Agri (zona SIC), di fronte il complesso di Marinagri in territorio di Scanzano. Tutto ciò senza che sia stata consultata la popolazione che dovrà subire i danni delle trivellazioni e delle eventuali estrazioni di petrolio o gas.

Nella Puglia delle energie rinnovabili, nella Puglia che vuole liberarsi dalla dipendenza del carbone e che combatte la battaglia della diossina c’è ancora chi, nella Sua giunta, crede che il petrolio sia la soluzione ai nostri, numerosi e gravi, mali. Invitiamo i nostri concittadini a visitare il vicino “Texas d´Europa”, le terre lucane svendute alle compagnie petrolifere, e a farsi raccontare dalla gente comune cosa ne è stato del miraggio dell’olio nero…

Stefano De Pace
Associazione TarantoViva

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