Vendola: «Impianti da adeguare. Alle spalle decenni di complicità»
BARI — Nessuna sottovalutazione e nessuna inerzia da parte della Regione. Nichi Vendola interviene immediatamente dopo la divulgazione, da parte dell'associazione «Bambini contro l'inquinamento», dei dati relativi alla presenza della diossina nel latte materno.
La giunta, dice Vendola, ha predisposto nuovi controlli (riguarderanno gli alimenti, a partire dal primo maggio) e si sta adoperando perché le imprese tarantine più inquinanti adeguino gli impianti.
La notizia sulla diossina nel latte materno arriva mentre in Regione è in corso la riunione istruttoria per la stipula di un accordo di programma (ne riferiamo nel box in basso) con il ministero dell'Ambiente: riguarderà quattro tra le aziende tarantine più inquinanti e la procedura con cui esse debbano essere sottoposte all'Aia (autorizzazione integrata ambientale).
Hanno risposto a un questionario per stabilire occupazione, abitudini alimentari, contatti con insetticidi o altri elementi. Il valore più alto di diossina e pcb, pari a 31.74 picogrammi, cioè un milionesimo di grammo, per ogni grammo di grasso contenuto nel latte, appartiene a una donna di Lama abitante a Taranto da sette anni. Ha 26 anni ed è al suo primo figlio che allatta da qualche giorno.
La signora beve un litro di latte al giorno, il formaggio è presente nella sua alimentazione giornaliera, mangia carne tre quattro volte la settimana, il pesce molto di meno e lo prende in pescheria, fa spesso la brace e usa la carbonella. Il valore più basso (26.19) l'ha evidenziato il latte della donna di Crispiano, paese a venti chilometri da Taranto ma sempre nell'area a rischio. Ha 31 anni, un solo figlio, beve latte due volte al giorno, formaggio sempre, carne cinque volte la settimana, il pesce di rado. Ha usato creme a base di acido glicolico.
Il valore intermedio (29.40) è di una signora di 32 anni che vive al quartiere Tamburi, a ridosso delle ciminiere. Il suo latte, però, non è il più «inquinato». E' al secondo figlio, fa l'estetista, beve latte quasi ogni giorno e mangia formaggi con cadenza giornaliera. La carne abbonda sulla tavola e, prima del parto, s'è sottoposta a una dieta che le ha fatto perdere dieci chili.
Il rilascio delle autorizzazioni, spiega il governatore, sarà subordinato «all'assunzione di tutti gli accorgimenti necessari per abbattere drasticamente gli elementi inquinanti, a partire dalle diossine».
Il presidente della giunta, poi, fa sapere che dal primo maggio l'Arpa garantirà a Taranto «il sistematico monitoraggio degli alimenti». Insomma, si terrà sotto controllo non solo l'aria e il suolo, ma anche il cibo.
Il direttore dell'agenzia per l'ambiente, Giorgio Assennato, spiega che saranno le Asl ad eseguire i prelievi (latte, carne, pesce, carne).
L'Arpa compirà le analisi. Vendola, al riguardo, anticipa che sono pronte nuove attrezzature ed è previsto il rafforzamento del personale Arpa a Taranto. Dunque, «la Regione non sottovaluta la situazione di rischio per la salute nell'area tarantina».
Non lo aveva fatto neppure dopo le informazioni relative all'individuazione di alte concentrazioni di diossina nel latte di un allevamento ovino situato vicino all'Ilva (il latte era utilizzato per alimentare gli agnelli).
«Dopo le prime rilevazioni - ricostruisce Vendola - sono state compiute quasi 60 rilevazioni certificate, non solo in formaggi e carni, ma anche nel latte e nei prodotti agricoli».
Al momento, è confermata «solo la pericolosità di alcuni prodotti da pascoli bradi, mentre giungono rassicurazioni per gli allevamenti in stalla, i prodotti agricoli e il latte della Centrale» di Taranto. La situazione, sembra dire il governatore, è sotto controllo.
E, ad ogni modo, non tutto «si può risolvere in pochi giorni, dopo un accumulo pluridecennale di disattenzione, sottovalutazione e complicità, che hanno contraddistinto una stagione dello sviluppo economico aggressiva verso la salute e il territorio». Occorre, al contrario, «il giusto equilibrio tra la vita dei cittadini e le attività economiche».
Peraltro, sottolinea l'assessore all'Ambiente Michele Losappio, «concentrare tutte le attenzioni nei confronti di una sola azienda non risolve il problema».
E per essere più chiaro spiega che «è tutto da dimostrare che la contaminazione da diossina degli agnelli (il caso riferito prima, ndr) dipenda dalla vicinanza dell'allevamento all'Ilva.
È possibile, invece, che la diossina derivi dall'azione di un'altra vecchia impresa presente fino a qualche tempo fa nell'area». La risposta alle preoccupazioni, dunque, «non può essere una sola e brutale, ma tante e graduali.
Per esempio: migliorare le tecnologie, verificare gli impianti, abbattere il livello di diossina». La strada verso il risanamento, seppur intrapresa, resta ancora lunga.
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