«Morti all'Ilva, indagare sugli appalti»
BARI — «A un certo punto mi assale l'angoscia dell'infortunio, e non mi mollerà più. Paura di finire schiacciato sotto un blocco di tavole di ferro, quelle imbracate da una corda consunta che dal cortile vedo piombare giù dal settimo piano del ponteggio, e se perdi l'attimo, o ti distrai, rimani sotto...».
Sono le parole di uno dei tanti operai che raccontano le proprie condizioni di lavoro nell'anno del Signore 2008 - a Paolo Berizzi nel libro «Nuovi schiavi nell'Italia del lavoro», in questi giorni in libreria insieme a «Di fabbrica si muore» di Langiu e Portaluri.
E di lavoro si continua a morire, infatti. Anche ieri, a Roma, in via Nomentana. Un'altra volta. Mentre i passanti scavalcavano il corpo caduto dal terrazzo. E ora lo sanno anche i familiari di Gjoni Arjan che in Italia si muore ogni giorno per lavoro, l'operaio albanese dipendente della Pedretti Montaggi - ditta che aveva vinto un appalto all'Ilva di Taranto - caduto da un ponteggio l'altra sera. Il primo a volerci vedere chiaro sull'ennesima morte bianca - insieme agli operai dell'Ilva che oggi per protesta scioperano - è il presidente della Regione, Nichi Vendola. «E' un cerchio che andrà spezzato con decisione. Quello degli appalti e dei subappalti nell'Ilva di Taranto - ha spiegato ieri - è un mondo che non conosciamo. Che non è mai stato indagato in profondità e che viene alla luce solo nel caso di incidenti mortali come quello capitato a Gjoni Arian, ai cui familiari, amici e colleghi vanno le condoglianze mie e della giunta». Un mondo che Vendola conosce fin da quando, tanto tempo fa, distribuiva volantini davanti ai cancelli. «Persone in carne ed ossa che ogni giorno non sanno in quale reparto lavoreranno, su quale impalcatura saliranno, quali rischi correranno. Lavoratori che operano fianco a fianco dei dipendenti Ilva, per i quali invece sono cominciati i programmi di monitoraggio dei rischi, anche grazie agli ultimi accordi con l'azienda».
Franco anima, insieme al presidente Cosimo Semeraro e a decine di altri cittadini, l’associazione «12 giugno» nata per difendere le famiglie dei morti sul lavoro: «Sulla sicurezza bisogna tenere le briglie tirate». Sì, ma chi deve farlo? «Prima di tutto i lavoratori che sono parte in causa, poi il sindacato che deve riguadagnare il carattere, il nerbo, degli anni ‘70, gli anni delle lotte più dure. Perché la sicurezza è una conquista da raggiungere e difendere». L’associazione «12 giugno» ha avviato una raccolta fondi da devolvere ai familiari sperando nella solidarietà della popolazione dei comuni della provincia.
La ditta Pedretti di Brescia, operava in subappalto rispetto ad un lavoro assunto dalla Semat, sempre di Brescia, «due imprese del Nord chiamate in uno stabilimento che, probabilmente anche a fronte del tributo ambientale e di salute della città, dovrebbe cominciare a rivedere il suo rapporto con il territorio ». Il capogruppo alla Regione del Pdci, Cosimo Borraccino, attacca: «Ora basta. Se per i dipendenti diretti del gruppo Riva qualche passo in avanti è stato fatto, per i lavoratori dell'indotto è emergenza». Bisogna far conoscere ai sindacati «i nomi delle imprese ed i lavoratori che entrano nel siderurgico per fare interventi di manutenzione. Bisogna sapere tutto delle imprese della galassia dell'appalto dell'Ilva se si vuole uscire dalla giungla».
In campo anche il presidente della Provincia di Taranto, Gianni Florido: «Le nostre parole di condanna rischiano di sconfinare nella retorica. Occorre accertare subito le responsabilità. La normativa in materia, in alcuni casi, prevede sanzioni penali di una certa rilevanza. Non è più possibile morire sul posto di lavoro».
Per Aldo Pugliese (Uil), rammaricato per le recenti visite dei rappresentanti istituzionali che hanno elogiato il ruolo dell'Ilva, «c'è una grave responsabilità aziendale e istituzionale. Nel settore degli appalti siamo in una sorta di libera prateria. Il che è grave in un'azienda in cui la lavorazione è a ciclo integrale, 24 ore su 24». Per Mary Rina (Cisl) «nessuno può tirarsi fuori. L'azione di prevenzione e controllo deve essere assicurata a tutti quanti i lavoratori presenti all'interno dell'impianto». Silenzio, invece, dal mondo politico di centrodestra.
Articoli correlati
- XVII Anniversario della strage ThyssenKrupp: un monito contro l’indifferenza
La strage della ThyssenKrupp
Oggi, come ogni anno, l’associazione Il Mondo Che Vorrei, che riunisce i familiari delle vittime della strage di Viareggio, e Assemblea 29 Giugno si sono ritrovati a Torino per commemorare le vittime e ribadire la richiesta di sicurezza sul lavoro.6 dicembre 2024 - Redazione PeaceLink - Lettera ai sostenitori di PeaceLink
ILVA, continua la nostra lotta per l'ambiente e la salute pubblica
L’annullamento della sentenza di primo grado rappresenta un passo indietro, causato da questioni procedurali. Ma non equivale a un'assoluzione. La realtà dell’inquinamento dell’ILVA rimane comunque acquisita e il GIP di Potenza Ida Iura ha infatti emesso un nuovo decreto di sequestro degli impianti.29 ottobre 2024 - Associazione PeaceLink - Ottobre 2024
Lettera di ottobre agli amici di PeaceLink
Vogliamo porre al centro il tema del diritto alla felicità. È un tema che dovrebbe toccare ciascuno di noi, invitandoci a immaginare insieme una società futura che combatta la solitudine, che superi la rassegnazione individuale e che riaffermi il principio di speranza e felicità condivisa.29 ottobre 2024 - Alessandro Marescotti - La riattivazione dell'altoforno 1 dell'ILVA di Taranto
La buffa cerimonia del ministro Urso
Si potrebbe paragonare l'inaugurazione di oggi all'assurdità di una cerimonia in cui la FIAT mettesse in piedi un evento per presentare con orgoglio una Fiat 1100 malconcia di sessant'anni fa, invece di un'auto elettrica moderna e all'avanguardia.15 ottobre 2024 - Alessandro Marescotti
Sociale.network