L'Ente Irrigazione chiude, al suo posto Acqua spa
Nella scorsa Finanziaria l'Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia era finito nella cosiddetta lista degli «enti inutili». Insieme alle Opere laiche palatine pugliesi e le Comunità montane (sotto i 500 metri).
Su enti come questi si era abbattuta la scure della Finanziaria. E da ieri la fase finale della vita dell'Ente irrigazione, istituito il 18 aprile 1947 con decreto del Capo provvisorio dello Stato e soppresso a partire dalla fine del prossimo mese di giugno è cominciata ufficialmente.
Con la firma di un'intesa che sancisce l'ingresso della Regione Puglia, con una quota del 40%, nel capitale di Acqua spa, di cui la Regione Basilicata ha in portafoglio il restante 60%. La firma sull'intesa è stata apposta dai due governatori, il lucano Vito De Filippo e il pugliese Nichi Vendola: Acqua spa (che ha un capitale di 1,7 milioni di euro, per cui il 40% della Puglia ha un valore di 680mila euro) gestirà le dighe e le reti idriche delle due regioni.
Sia De Filippo sia Vendola non hanno escluso di coinvolgere nella società la Regione Campania e lo Stato, che si è accollato i debiti accumulati dall'Ente irrigazione (circa 120 milioni di euro). In definitiva, all'Ente irrigazione subentra Acqua Spa con lo Stato che, uscito dalla porta, potrebbe rientrare dalla finestra.
«Siamo in grado - ha spiegato De Filippo - di gestire gli impianti e di progettare la captazione dell'acqua, nell'ambito di un rapporto con la Puglia che ha fatto scuola in Italia». Al «dialogo fra le due Regioni, basato sulla solidarietà» ha fatto riferimento anche Vendola: «L'Ente irrigazione - ha concluso - è il simbolo di una lunga stagione in cui lo Stato ha svolto compiti che oggi spettano alle Regioni che, nel caso attuale, possono svolgerlo con profitto».
Intanto, la prima conseguenza della nascita della nuova spa non è positiva per la Puglia: il comitato per l'attuazione dell'Accordo di programma tra Basilicata, Puglia e Ministero delle Infrastrutture - firmato nel 1999 - ha infatti approvato la modifica delle tariffe all'ingrosso per l'acqua per uso irriguo, potabile e industriale, che entrerà in vigore dal prossimo luglio.
Con le nuove tariffe, l'Acquedotto Pugliese pagherà ad Acqua spa l'acqua potabile più del doppio di quanto non facesse all'Ente irrigazione: da circa 25 lire al metro cubo a oltre 56. La tariffa dell'acqua all'ingrosso è costituita da due componenti, quella di compensazione ambientale (che va interamente alla Regione Basilicata) e quella industriale (per la manutenzione delle dighe e delle condotte).
Se il costo della componente ambientale era già stato definito (poco meno di 8 centesimi al metro cubo, oltre 20 milioni di euro all'anno che l'Aqp paga alla Basilicata), mancava la determinazione del costo industriale dell'acqua all'ingrosso.
Che è la seguente: tariffa per uso irriguo, 0,01549 euro a metro cubo (pari a 30 lire); per uso potabile: 0,02895 euro a metro cubo (pari a 56,07 lire); per uso industriale: 0,2079 euro a metro cubo (pari a 402,64 lire). Considerando che l'Acquedotto Pugliese preleva circa 250 milioni di metri cubi all'anno, si tratterà di un incremento di costi annuale pari a circa 4,5 milioni che graverà sull'Acquedotto Pugliese. E, probabilmente in un futuro prossimo, anche sui pugliesi: i costi dell'acqua vengono infatti normalmente trasferiti in tariffa, ma la modifica deve essere recepita dal Piano d'Ambito.
Nell'incontro di ieri non si è invece discusso di un'altra vicenda che si trascina da anni: quella della quota della Regione Basilicata in Acquedotto Pugliese. Nel dicembre del 2002 venne decisa la nascita dell'Acquedotto Lucano da un ramo di azienda di Aqp, in cambio della quota azionaria dell'Acquedotto Pugliese in mano alla Regione Basilicata (12,892%). Secondo gli accordi raggiunti il 27 maggio del 2004, la Puglia ha versato alla regione confinante 11,7 milioni di euro. Ma quello era solo un acconto: il saldo sarebbe dovuto essere versato entro il 31 dicembre 2006 (una volta portata a termine la privatizzazione, che però non c'è stata, oppure con un riconoscimento a titolo forfettario e definitivo quantificato «da un soggetto qualificato incaricato dalle due Regioni »).
Ma l'operazione non è stata mai conclusa: la Basilicata - che quindi non ha nessuna fretta - non solo ha ancora in portafoglio le azioni di Aqp ma ha anche incassato l'acconto di 11,7 milioni. «Mi sembra ha commentato ieri l'assessore pugliese alle Opere Pubbliche Onofrio Introna - che alcuni mesi fa sia stato consentito alla Basilicata di valutare la quota. Non ne abbiamo parlato ieri perché sono due cose che viaggiano su piani di responsabilità istituzionali diversi».
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