Deve la Puglia da sola coprire tutto il deficit dell’Italia?
Gentile Direttore,
chiedo ospitalità alla “Gazzetta” per avanzare un ragionamento nell’intenso dibattito che si è aperto sulla vicenda del nucleare in Puglia all’interno del già fertile confronto che da mesi è in corso sulle fonti di energia..
In primo luogo affermo che il Governo Nazionale va preso sul serio. A mio parere quando il Ministro dello Sviluppo Economico dichiara alla Confindustria che entro questa legislatura si apriranno i cantieri degli impianti nucleari bisogna partire da lì nelle nostre valutazioni, accantonando le perplessità sui tempi, sui finanziamenti, sulla tecnologia. Terza o quarta che sia la generazione di queste centrali non vedo perché si voglia ridurre a semplice “annuncio” l’attuazione di parti del programma di Berlusconi quando il Governo ha la possibilità e i numeri per poter procedere con una certa tranquillità. Insomma non sono “chiacchiere” ed è perciò evidente che il Mezzogiorno (la Puglia?) non verrà esentato dal fornire il proprio “contributo” a tale processo, anche se al momento non sono emersi i possibili siti.
In secondo luogo vedo che la maggioranza governativa e i suoi fans pugliesi fanno del nucleare la metafora della modernizzazione del Paese ed a questa suggestione tutti sono chiamati a rispondere. Non si può infatti trincerarsi in un NO che sia espressione della nostalgia verso i tempi degli antichi o un veto “a prescindere” verso qualsiasi tipo di processo produzione industriale ed energetica, dall’eolico alle biomasse fino al nucleare.
Il Governo Vendola è invece impegnato nella sfida della modernizzazione anche su questa frontiera. Gli accordi sull’idrogeno, sul termodinamico, la diffusione dell’eolico su tutto il territorio ed anche sul mare, il fotovoltaico che inizia a prendere piede in modo significativo raccontano di processi innovativi, strettamente legati alla ricerca ed ai suoi centri di eccellenza. Altrettanto è possibile fare nella neutralizzazione delle CO2. Insomma tutto il PEAR è indirizzato verso il futuro secondo canoni ed esperienze fra le più avanzate in Europa e può perciò ben sfidare l’ossimoro del nucleare come dinamicità Ma il cuore del problema per la nostra Regione è nelle scelte strategiche, di fondo.
Parliamoci chiaro: se c’è qualcuno che vede per la Puglia un futuro prossimo ritagliato sulla produzione energetica, quasi una monocoltura, lo affermi senza reticenze assumendosene la responsabilità e chiamando la società civile e le istituzioni al confronto. Perché di questo si tratta, in un territorio che produce 8.000 MW di energia ed ha il record di “esportazione” verso il Paese dell’82%, dove sta per entrare in funzione (con conseguente incremento dei numeri) un’altra centrale a turbogas di 760 MW ed altre due per complessivi 800 MW sono in attesa a Brindisi e in Capitanata, mentre ancora a Brindisi la costruzione di un rigassificatore è solo momentaneamente sospesa e a Taranto si presentano progetti per un altro rigassificatore, per una centrale di cogenerazione nell’ILVA, e per un raddoppio di quella dell’ENI.
Deve la Puglia da sola coprire tutto il deficit dell’Italia? Vogliamo aggiungere a tutto questo una centrale nucleare, magari perché sollecitati dai possibili benefici economici, immemori che questa trasformazione si è verificata negli ultimi 30 anni senza che le classi dirigenti siano riuscite o abbiano semplicemente provato a indirizzare, a “governare” questo processo perché fosse il più possibile compatibile con il territorio e con la nostra salute ed anche il meno gravoso per le tasche dei pugliesi? Vogliamo dimenticare che la Puglia ha avuto solo oggi, dopo quasi 30 anni, il suo piano energetico con obiettivi, tempi e modalità definite e che si stanno praticando?!
Dov’erano nei 10 anni ininterrotti di governo di centrodestra, quelli durante i quali cresceva Cerano e si autorizzavano Candela, Modugno e Sansevero, i sostenitori del governo dello sviluppo? Cosa hanno fatto ed ottenuto in quei 120 mesi per ridurre i costi della bolletta ai cittadini ed al sistema d’impresa? Si può fare una discussione non ideologica ma calata sulla concretezza della nostra situazione? Forse che Scaiola ci propone di chiudere Cerano, di fermare i rigassificatori, di smantellare le turbogas o si vuole più semplicemente aggiungere anche il nucleare? In questo quadro trovo risibile il ritornello sugli impianti di altre Nazioni che ci circondano.
Non credo che questa constatazione debba tradursi automaticamente nel nostro coinvolgimento quando ci sono altre Regioni che hanno assoluto bisogno di energia tanto che quella che noi gli forniamo non è sufficiente. Come si vede questo mio ragionamento scorre rigorosamente lungo il filo della responsabilità istituzionale.
Potrei aggiungere che anche la coalizione di centrosinistra al governo della Regione, come quella opposta al governo della Nazione, ha il suo programma ed a esso deve essere coerente; potrei entrare nel merito del profilo “culturale” e/o scientifico dell’opzione nucleare; dei suoi riflessi sulla democrazia e sui processi partecipativi; potrei ricordare il precedente di Scanzano (che avrebbe direttamente coinvolto il porto di Taranto) e come il premier di allora e di oggi consideri il Mezzogiorno, ma preferisco un confronto che parta dalla realtà. Sarà possibile?"
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