Inquinamento Ilva, rischio infrazione per l'Italia
ROMA — Secondo Marcello Vernola è molto probabile che il governo italiano non abbia ancora ottemperato alle richieste dell'Unione europea, non abbia cioè ancora recepito appieno la direttiva IPPC sulle emissioni industriali e non l'abbia quindi applicata, nonostante il primo avvertimento scritto che obbligava l'Italia a presentare entro il 6 luglio eventuali osservazioni allo stesso richiamo. Di qui l'interrogazione presentata dall'eurodeputato Pdl - segue altre sulla stessa materia - il 14 scorso, con cui chiede di avere certezza sul comportamento italiano e, nel caso di negligenza, «quali misure intende imporre la Commissione per sanzionare i ritardi e le inadempienze dello Stato italiano ».
Interrogazioni di Vernola, risposte del commissario Dimas si sono intrecciate dal giugno 2007, in merito alle emissioni inquinanti degli impianti industriali tarantini. Vernola pone l'accento sul colosso siderurgico dell'Ilva, ma il tema riguarda anche Cementir, Eni/Power, Eni, Amiu chiamate ad adeguare il livello delle loro emissioni ai parametri europei. In realtà un provvedimento cogente in tal senso - per dotarsi cioè dell'Aia, Autorizzazione integrata ambientale - non è stato mai predisposto dal governo italiano, nè in Puglia nè nel resto del Paese, e anche l'accordo di programma sottoscritto l'11 aprile scorso - fuori tempo massimo e a due giorni dal voto - tra la Regione e il ministero dell'Ambiente guidato da Alfonso Pecoraro Scanio (capolista Arcobaleno nel Tacco) di fatto non è altro che un'ulteriore dilazione delle prescrizioni, perchè disciplina tempi e modalità autorizzativi. Di fatto, in base ai testi delle interrogazioni e delle risposte del commissario Ue, è davvero probabile che l'Italia sia inadempimenti. Questo cosa può comportare?
«Dopo il primo richiamo e in assenza di una risposta adeguata dovrebbe scattare la sanzione per l'Italia - spiega Vernola - quantificabile in centinaia di milioni. Soldi che verrebbero decurtati dai fondi destinati al nostro Paese e di cui lo Stato si avvarrebbe sulla Regione. Non dimentichiamo - aggiunge l'europarlamentare Pdl - che si sta ancora parlando della vecchia direttiva. A settembre cominceremo a discutere di quella nuova, ancora più severa, perchè la Ue in materia ambientale e di tutela della salute non fa sconti a nessuno». Conclude Vernola: «A questo punto dobbiamo chiederci: è preferibile pagare 500, 600 milioni di penale o piuttosto dare incentivi ad Ilva perché si metta in regola? ». Il colosso dell'acciaio, di suo, starebbe già lavorando in questa direzione (500 milioni di investimento) per presentarsi all'appuntamento del nuovo accordo di programma fissato nel 2009 nelle migliori condizioni.
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