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L'acqua è poca, Taranto la butta in mare

Grande spreco dei depuratori. E le industrie la prelevano dai fiumi Sinni e Tara. Il paradosso di una provincia che ha sete e non riesce a utilizzare le sue risorse. Mentre le aziende prosciugano i rubinetti
29 luglio 2008
Cesare Bechis
Fonte: Corriere del Mezzogiorno

. TARANTO — Taranto soffre di periodiche mancanze di acqua, però ne butta in mare 38 milioni di metri cubi l'anno. Sono quelli, depurati, provenienti dai depuratori Gennarini e Bellavista, inutilizzati da sempre ma utilissimi ai fini agricoli e industriali. Vanno a finire direttamente in mar Grande mentre la grande industria succhia 79 milioni di metri cubi d'acqua dolce per le proprie esigenze di raffreddamento degli impianti e di servizio.

Ilva ne aspira 31 milioni dal fiume Tara e, insieme con Eni, 48 dal Sinni, secondo i dati del Politecnico e dell'Ipres; in più, lo stabilimento siderurgico ne prende 1515 milioni dal mar Piccolo, determinando l'alterazione dell'equilibrio dell'ambiente marino. A fronte delle gigantesche idrovore industriali le acque reflue raffinate dai due depuratori, 15 milioni dal Gennarini e 23 dal Bellavista, non vengono riusate per nulla: uno spreco che lascia il segno quando, come l'anno scorso, i rubinetti dei tarantini rimasero a secco per dieci giorni.

Se il polo industriale ionico potesse utilizzare le acque di raffinazione dei depuratori ne preleverebbe 38 milioni di metri cubi in meno dai fiumi, acqua che potrebbe soddisfare la sete dei tarantini e di parte del Salento.

L'area di Taranto, difatti, preleva il 49 per cento di acqua ad uso potabile dal Sinni, un altro 49 dal Pertusillo e il 2 per cento dalla falda. Il problema è venuto fuori ieri mattina durante il Forum di Area Vasta dedicato a ambiente e inquinamento. L'ingegner Mauro De Molfetta, dirigente del Comune di Statte, parla di un doppio spreco: energetico, per portare a termine la depurazione dei liquami e produrre i reflui raffinati, e dell'elemento acqua.

L'assessore all'Ambiente del Comune di Taranto, Sebastiano Romeo, è consapevole di questa distorsione del sistema e dello spreco rappresentato dai reflui non utilizzati. «Siamo in attesa del collaudo dell'impianto di superaffinamento situato accanto al depuratore Gennarini - spiega Romeo poi avremo acque ancor più depurate e vedremo come utilizzarle per non gettarle a mare. Ho intenzione di confrontarmi con gli agricoltori e gli industriali per vedere quale uso fare di questi 38 milioni di metri cubi d'acqua.

Il mio impegno e di non perderli inutilmente, uno spreco che non possiamo permetterci in una città che spesso ha problemi di approvvigionamento e con intere zone che non hanno un'erogazione costante ». In questo specifico caso l'Acquedotto pugliese non entra in gioco perché è responsabile delle acque fino all'uscita dal depuratore tarantino. Si occupa solo della distribuzione di acqua a uso potabile e della raccolta e smaltimento dei liquami. Il problema dell'uso delle acque reflue depurate è tutto dell'amministrazione comunale e dei potenziali utilizzatori.

Un patrimonio sperperato

Il Tara, fiume dal quale, con il Sinni, le industrie tarantine prelevano 50 milioni di tonnellate di acqua ogni anno. In alto il depuratore Gennarini, che con il depuratore Bellavista scarica in mare acqua depurata per 38 milioni di metri cubi l'anno. Eppure potrebbe essere utilizzata

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