Chi risarcirà l’azienda e i lavoratori dalle cause d’inquinamento?
Egr. Sig. Sindaco,
Scusandomi in anticipo per il disturbo e sperando di non dilungarmi oltremodo, comincio questa mia lettera col presentarmi. Il mio nome è Angelo Fornaro e sono un imprenditore agricolo praticamente da sempre. Sono nato a Taranto e in questa città, che amo profondamente, vivo con la mia famiglia e qui, con loro, svolgo la mia attività. O per lo meno ci provo. Insieme ai miei figli e ad alcuni dipendenti, con alterne vicende, mantengo operativa da più di 40 anni una masseria del 1800, sita in Contrada Carmine, sul suolo tarantino, prezioso dono del mio amato padre.
Non vorrei apparire come sentimentale nostalgico, ma per quanto mi sforzi di essere breve non posso proprio sorvolare su alcuni particolari per me significativi ai fini di quello che ritengo essere l’obiettivo ultimo della mia richiesta. Torniamo dunque a noi.
In questa azienda agricola oggi si allevano cavalli, una passione che si cerca di mantenere, ma il sostegno economico deriva dalla coltivazione degli ulivi e dall’allevamento ovino e caprino. Quest’attività ha offerto occupazione a numerose persone un decennio dopo l’altro. Oggi permette di dare lavoro a tre famiglie di italiani e tre o quattro famiglie di lavoratori rumeni. Vorrei sottolineare che tutti sono rigorosamente in regola. Negli anni le vicissitudini sono state numerose e non poche le battaglie: la malavita organizzata, le asl, le banche… pensavamo di aver finito dopo aver tirato fuori le unghie, dopo aver resistito con ogni mezzo lecito, ci eravamo illusi che era arrivato il tempo di fare una cosa strana, pensi si sfiorava la visione utopica di potersi occupare soltanto del lavoro, già si pensava a dei progetti.
Si è pensato di produrre energia con i pannelli solari, ma una vasta superficie dovrebbe essere tolta agli ulivi (giustamente protetti), inoltre abbiamo scoperto che sulla zona c’è un vincolo ambientale perché area di gravine e macchia mediterranea.
Allora non ci siamo dati per vinti, è stata costituita una società per fare un caseificio, ma appena costituita la società e mossi i primi passi all’interno della giungla burocratica ecco la sorpresa nonché il motivo di questo mio gesto: diossina e pcb, rispettivamente nella carne e nel latte. Pensi un po’, in una zona circondata da industrie che ci avvelenano con la sina (la storica masseria Carmine ha avuto la sfortuna di veder sorgere nei suoi paraggi il nostro “prezioso” polo industriale!) siamo però protetti da un bel vincolo ambientale (che sollievo…).
La conseguenza di questo inquinamento industriale è stata l’applicazione di un vincolo sanitario alla nostra azienda con la prospettiva di avviare all’abbattimento circa di 400 animali (calcolando solo i nostri) cui dovrebbe seguire un ipotetico risarcimento dei capi abbattuti. Ma questo lei lo sa già! Allora mi chiedo, premesso che ad oggi 31-07-2008 ancora nulla di scritto e di ufficiale ci è stato comunicato, non posso fare a meno di chiederle cosa s’intenda per risarcimento. Come si pensa di risarcire una realtà presente dal 1800 che ha offerto lavoro a decine di persone; per risarcire si dovrebbe offrire il lavoro a chi lo perde, si dovrebbe risarcire un’attività produttiva…
Come si può risarcire un lavoro alle sei famiglie che attualmente vivono grazie a questa attività; Come si possono risarcire le aziende che a Taranto e in altri posti vivono la stessa situazione e che non esisteranno più? Come si possono risarcire i danni morali di chi viene accusato di avvelenare la gente, quando l’unica preoccupazione che ha avuto è stata quella di lavorare rispondendo con fatica a tutti i doveri imposti? Come si possono risarcire le persone continuamente avvelenate dall’industria, ma che non possono dire niente perché tutti a Taranto hanno almeno un familiare o un amico che ci lavora col miraggio di un posto fisso in una città in completo dissesto?
Lo afferma l’europarlamentare Marcello Vernola secondo il quale la “violazione riguarda proprio la Regione Puglia e quel suo accordo di programma con varie aziende fra cui l’Ilva, che ha portato solo a perdere tempo e a non vedere migliorate le produzioni in senso ecocompatibile. Devono fare una sola cosa, l’autorizzazione integrata ambientale (AIA): ed è l’unica cosa che continuano a non fare. Voglio ricordare fra l’altro che l’Italia, per questo ritardo, è a rischio di gravissime sanzioni da parte dell’Unione Europea.
Basta con gli atteggiamenti dilatori. Atteggiamenti che invece il centrosinistra al governo della Regione, della Provincia di Taranto e del Comune di Taranto, con il vertice Stefàno-Florido-Losappio
A lei, al signor Prefetto, al signor Procuratore, all’ASL, ai quali invio lo stesso scritto denunciando questo grave degrado ambientale e chiedendo che si proceda nei confronti di coloro che ne sono responsabili con un grido di speranza e di disperazione confido in un pronto riscontro. Semplicemente chiedo chiarezza e sostegno, giustizia e imparzialità. Per conoscenza invierò questa lettera anche ad alcune testate giornalistiche locali, perché in un paese democratico l’informazione è tutto. Ringraziandola quindi per la sua attenzione concludo riportandole le parole pronunciate sotto un regime totalitario, ma che si addicono bene al clima di omertà, imbavagliamento ed ingiustizia che si respira a volte anche da noi, nonostante l’apertura delle menti e dello spirito che dovrebbero ispirarci i colori vivi e caldi della nostra bella terra sempre così maltrattata eppure così generosa che con un minimo sforza da parte nostra potrebbe ancora regalarci tanto benessere…
“Essi vennero contro i comunisti e io nulla obiettai perché non ero comunista; essi vennero contro i socialisti e io nulla obiettai perché non ero socialista; essi vennero contro i dirigenti sindacali e io nulla obiettai perché non ero dirigente sindacale; essi vennero contro gli ebrei e io nulla obiettai perché non ero ebreo; essi vennero contro di me ma ormai non era rimasto nessuno ad obiettare”
(Martin Niemoeller)
Cordialmente
Angelo Fornaro
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