Inquinamento: lettera aperta all’on. Pietro Franzoso
Spett.le on. Franzoso
a distanza di poche settimane mi ritrovo a scrivere. Sono Angelo Fornaro, un imprenditore agricolo tarantino, in quest’ultimo periodo forse un po’ troppo loquace, anche considerando il coinvolgimento della mia azienda nel problema della presenza di diossina nel latte ovi-caprino. Ripensando alla mia vita, infatti, non posso fare a meno di sorridere, quasi quanto sorrido leggendo i quotidiani degli ultimi giorni. Sorrido di me stesso perché mai avrei pensato di arrivare alla mia età trovandomi nella necessità di espormi pubblicamente, nel tentativo di risolvere un problema senz’altro personale, ma certo non individuale.
E sorrido, sfogliando i giornali, perché in fondo non sono l’unico ad avere voglia di parlare. In quanto a parole vedo che disponiamo tutti di ricche scorte. Mi perdoni onorevole, non vorrei proprio io fare della facile demagogia, ma sono i fatti a scarseggiare! E così, trascorse alcune settimane dal mio appello “disperato e di speranza” rivolto alle cariche istituzionali locali, da cui peraltro non ho ricevuto a tutt’oggi alcun riscontro, non posso non rivolgermi direttamente a lei, che tanto chiaramente ha assunto delle posizioni ripercorrendo, peraltro, la stessa linea di condotta del suo partito, che poi è quella governativa. Cercando, infatti, insieme alla mia famiglia di tenerci informati su tutto quanto riguardi il problema dell’inquinamento a Taranto, rimaniamo sbalorditi innanzitutto da dichiarazioni che hanno come fonte proprio il ministero dell’ambiente.
Si parla di azzeramento delle commissioni per il rilascio dell’AIA; si parla di metodi non adeguati, di parametri non rispettati nel monitoraggio in base ad un decreto legislativo del 2007, in relazione, però, al lavoro svolto dall’ARPA negli anni precedenti. Non posso, in proposito, fare a meno di chiedermi come tutto ciò possa essere possibile. Una valutazione del metodo porta ad evitare completamente un giudizio di merito su una questione così grave? Poi ripenso agli “ammazzasentenze” che alla ricerca di cavilli impediscono alla giustizia di seguire il proprio corso e concludo che evidentemente da noi le leggi non servono sempre a regolare la vita sociale e a tutelare il cittadino.
E così in una città dove la diossina si rileva nel latte degli animali d’allevamento, nel latte materno e dove le indagini epidemiologiche dimostrano dati allarmanti sulla diffusione delle neoplasie tra le persone, per il “solito” cavillo che ogni italiano ha imparato bene a conoscere, si rischia di legittimare la prepotenza o forse la follia. Insomma, dobbiamo forse considerarci condannati a morte per legge? E, andando avanti, francamente, rimaniamo ancora più sbalorditi leggendo articoli in cui vengono riportate le opinioni sue, appunto, e dell’onorevole Vico. Quanto leggiamo ci sconcerta e ci dispiace innanzitutto in quanto sostenitori convinti del suo partito. Con grande fiducia abbiamo infatti partecipato alla campagna elettorale delle ultime amministrative.
Mio figlio maggiore è stato egli stesso candidato dal Circolo Giovani dell’allora Forza Italia. Tutto ciò lo dichiaro apertamente e con orgoglio in questa sede anche perché mi autorizza ancora di più ad esprimere il mio rammarico verso le sue parole. Tante, mi scusi, ma vaghe! Perché parlare ancora di strumentalizzazioni, di ciò che non è stato fatto prima, di chi ha colpa di cosa…? Che noia! Davvero, che noia! E poi, come si fa allo stato attuale a pensare di tranquillizzare i cittadini affermando che “l’Ilva ha dimezzato le emissioni rispetto all’Italsider pubblica…” o ricordandoci che “l’Ilva va difesa come unica risorsa economica ancora a disposizione” come a ribadirci che tutto ciò che ci resta da fare è scegliere se morire di fame o di cancro!
Senza entrare nel merito di tutto quanto si potrebbe dire nel tentativo di spiegare come mai, in una bella e storica città di mare come Taranto, si sia arrivati al punto in cui l’Ilva è realmente l’unica risorsa economica (l’agricoltura e il turismo, tanto per citarne due, sono forse attività poco redditizie? E se sì, per chi?), concludo ricordandole che nessuno, davvero nessuno, pretende che l’Ilva chiuda, ma semplicemente che investa in politiche di ammodernamento e di adeguamento per la difesa dell’ambiente che mi creda, onorevole, è anche suo, dei suoi figli e dei suoi nipoti, consentendo, così facendo anche ad altre attività produttive e ai tarantini stessi di non morire.
Come già in precedenza invierò per conoscenza questa lettera alle testate locali, anche se non tutte sono disposte ad ascoltarci.
Cordialmente
Angelo Fornaro
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