Taranto, per la bonifica 200mln da Stato e Regione Puglia
ROMA - L’obiettivo è arrivare al traguardo dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia), fissato a marzo 2009, senza ulteriori sorprese. La riqualificazione ambientale della vastissima area interessata dalle lavorazioni delle acciaierie, si sa, passa attraverso il risiko delle intese tra pubbliche amministrazioni (a Roma sono accorsi la Regione Puglia, con l’assessore all’Ecologia, Michele Losappio, la Provincia e il Comune di Taranto) e privati.
Stavolta il ministero interviene in maniera pesante, mettendo sul piatto (meglio, impegnandosi a mettere sul piatto) una golosa posta economica di 133 milioni di euro che la Regione integrerà con altri 67. Sono soldi che servono alla bonifica del sito di interesse nazionale e per i quali Roma non chiederà conto alla società Ilva e agli altri privati se e quando questi investiranno in termini economici e di innovazione tecnologica.
Quanto agli investimenti, Ilva ricorda di aver già sottoscritto un accordo sulla rinaturalizzazione dell’area e su altre misure anti inquinamento per complessivi 500 milioni di euro. Non tutti gli altri privati della vasta area inquinata che arriva al mare possono dire altrettanto. Su quelli che non rispetteranno l’im - pegno, ci si rivarrà in danno. L’accordo di programma dal quale emergeranno i termini dell’impegno reciproco per la bonifica del sito inquinato di Taranto è uno strumento del quale già si parlava al tempo del precedente ministro, Alfonso Pecoraro Scanio.
I preliminari tecnici avviati dal governo Prodi verrebbero dunque oggi riempiti di contenuto. Cosa che muove Losappio a complimentarsi con il ministro Prestigiacomo per la «positiva continuità istituzionale che la Regione apprezza. Fermo restando - continua Losappio - che occorre vedere il testo dell’ipotesi di accordo predisposta dal direttore generale competente per Rifiuti e Bonifiche, Gianfranco Mascazzini, testo che abbiamo potuto analizzare al momento solo in maniera sommaria».
La questione della bonifica del sito inquinato di Taranto-Ilva
(praticamente la stragrande fetta della zona industriale tarantina) è stato il secondo punto tra i tre del programma di «facilitazione» messo a punto dagli uffici del ministro Prestigiacomo. E che di tentativo di «facilitazione» si tratti lo dimostra in particolare il primo dei tre punti sul quale ministero e regione Puglia in particolare, tra gli enti partecipanti al vertice, si sono trovati d’accordo. Parliamo dello snellimento delle procedure per le diverse autorizzazioni (alcune di competenza della regione, molte invece in capo a Provincia e Comune di Taranto) necessarie ogni giorno all’Ilva per poter procedere con l’attività.
Il ministro ha ribadito che non è possibile «utilizzare il mancato rilascio delle autorizzazioni come forma di pressione sul privato». Sull’esigenza di non interporre procedure capotiche sulla strada degli investimenti di Ilva, la Regione ha espresso la sua condivisione. «Lo dimostra - dice Losappio - la correttezza della procedura di Valutazione dìimpatto ambientale con la quale è stato concesso all'Ilva l'ampliamento dell'impianto di zincatura. Non è colpa della Regione se contro questa procedura Via, alcuni comitati hanno fatto ricorso al Tar».
Il punto di frizione resta quanto alle diossine. Ilva da un lato si impegna a stringere i tempi degli interventi promessi per l’abbattimento (nuova scadenza a metà giugno), dall’altro conferma di non poter garantire livelli di concentrazione inferiori ai 3,5 nanogrammi.
La Regione ribadisce, invece, che il limite al quale tendere è di 1 nanogrammo. «Non c'è nessuna strumentalizzazione - ribatte Losappio - giacché questa richiesta è stata posta nelle stessa forma anche all'allora ministro Pecoraro Scanio». Ma la questione delle diossine non è secondaria. La Regione la ritiene dirimente rispetto al rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia). «Il nostro parere - chiude Losappio - sarà negativo qualora i limiti non saranno rivisti».
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