Rigassificatori, 15 impianti in lista
La Puglia è una terra grande, ma è stretta di manica con i rigassificatori: in base alle indicazioni della Regione guidata da Nichi Vendola, si farà solamente uno dei tre impianti proposti. Quale? Difficile dirlo. Lunedì sera alla televisione («Porta a porta») il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha confermato l'impegno dell'Italia per l'impianto proposto a Brindisi dalla British Gas.
Un impianto contestatissimo dai brindisini, qualunque Giunta esprimano, e per promuoverlo era dovuto intervenire anni fa addirittura Tony Blair, ma è un impianto già autorizzato e i cui lavori di costruzione erano già stati avviati. Enrico Monteleone, direttore generale della British Gas, è soddisfatto: l'impegno di Berlusconi è una «ulteriore conferma della solidità del progetto». Gli altri due investimenti sono della Sorgenia (Cir) a Trinitapoli (Foggia) e della catalana Gas Natural a Taranto.
Nessuno di questi trova un forte consenso locale. Il progetto della Sorgenia prevede la costruzione di un approdo al largo per consentire alle navi metaniere di scaricare il metano liquido lontano dalla costa, ma il Comune vicino di Margherita di Savoia si oppone e si è immaginato di spostare altrove, per esempio nella zona di Chieuti,quell'istallazione. La società tuttavia non intende piegarsi, visto che la collocazione di Trinitapoli è tra le meglio indicate e l'impianto è del tutto sicuro anche dal punto di vista ambientale.
I casi pugliesi sono una conferma degli ostacoli che trovano questi progetti: in teoria se venisse realizzata la quindicina di rigassificatori proposti, l'Italia potrebbe godere un import aggiuntivo di circa cento miliardi di metri cubi di gas l'anno, pari a tutti i consumi attuali che sono assicurati in sostanza dai soli grandi metanodotti (più un contributo dal vecchio terminale dell'Eni nel golfo della Spezia).
Tra le proposte più recenti ci sono quelle dell'Api davanti alla sua raffineria di Falconara (Ancona)e l'innovativo progetto Tritone della Gaz de France per una nave rigassificatrice da ormeggiare a una trentina di chilometri al largo di Recanati.
Ben pochi della quindicina di progetto riusciranno a vedere la luce. Mentre ieri mattina al largo del delta del Po era arrivato il rigassificatore di Exxon, Qatar ed Edison (si veda l'articolo qui sotto), tanti altri impianti stentano a passare dalla fase delle domande ufficiali al progetto esecutivo.
Alcuni investimenti sono molto avanti. È il caso di Gioia Tauro (primo proponente, la Sorgenia), un impianto colossale da 12 miliardi di metri cubi. «Il progetto procede bene –assicura Massimo Orlandi, amministratore delegato della Sorgenia – e dopo l'approvazione della Valutazione di impatto ambientale del ministero ora rimane l'ultima conferenza dei servizi ». E hanno ottime speranze anche l'Enel a Porto Empedocle (Agrigento) e il progetto che a Livorno l'E.On ha ereditato dalla madrilena Endesa.
In altri casi si delineano alleanze possibili per dare più forza all'investimento. Si parla per esempio di una possibile alleanza dell'Eni per il rigassificatore che la Gas Natural vuole costruire a Trieste, per il quale a fine giugno il ministero dell'Ambiente ha dato la Via libera.
In molti casi il problema è anche la disponibilità di metano liquido. Il mercato internazionale dei fornitori è assai meno liquido di quando non lo sia il metano da rigassificare. Se la British Gas, l'Eni, la Exxon e pochi altri posseggono i giacimenti e hanno le partecipazioni negli impianti di partenza che liquefanno il gas per poterlo caricare sulle navi, la maggior parte degli altri progetti non ha ancora la fornitura.
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