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L´Arpa: emergenza veleni all´Ilva

L´Agenzia regionale al contrattacco: pericoloso appellarsi a questioni procedurali. Confrontati i dati di Taranto con quelli di altre città della siderurgia come Piombino. Dalla Puglia la risposta al ministero: "I nostri dati sono attendibili"
18 settembre 2008
Giuliano Foschini
Fonte: Repubblica

- La situazione ambientale di Taranto «è gravemente compromessa e la causa principale è rappresentata dall´Ilva e delle sue cockerie. A fronte di un´evidenza scientifica così univoca, appare eticamente discutibile negare questa criticità ambientale». A sostenerlo è il direttore regionale dell´Arpa, Giorgio Assennato, che ieri ha risposto a muso duro, con una relazione di 47 pagine, alle accuse mosse ad agosto dal ministero dell´Ambiente.

Il direttore generale del dicastero, Bruno Agricola, aveva contestato i dati dell´Arpa che inchiodavano l´Ilva. Secondo il ministero, infatti, quelle rilevazioni non erano utilizzabili perché registrate secondo procedure non previste dalla norma.

L´inghippo non è soltanto tecnico. Sulla base di quei dati il Ministero entro marzo dovrà dire sì o no all´Aia, l´Autorizzazione integrata ambientale, necessaria all´Ilva per proseguire l´attività. Dire che quei dati non sono validi, come ha fatto il ministero, significa spianare la strada all´azienda.

«Il nostro unico interesse - sostiene Assennato - è tutelare l´ambiente e la salute dei tarantini e dai pugliesi. Noi non siamo contrari al rilascio dell´Aia, ma sulla base dei dati a disposizione, ci aspettiamo che l´Ilva faccia ulteriori passi in avanti in tema di ambientalizzazione».

Resta però la polemica con il Ministero. «Ci hanno contestato che nel 2005 e nel 2006 sono state effettuati dei campionamenti non coerenti con quanto prevedeva la legge del 2007» sorride Assennato. «Sinceramente non so come facevamo ad adeguarsi a una legge che non esisteva ancora». In ogni caso l´Arpa ieri ha rilanciato. Confermando i vecchi dati. E supportandoli con rilevazioni dell´Ispsel, l´Istituto di sicurezza e previdenza per la sicurezza del lavoro, rilevazioni che fino a oggi erano state secretate.

Emblematico è il caso del benzoapirene, l´inquinante cancerogeno che sarebbe prodotto dalle cockerie dell´Ilva. Diceva l´Arpa, sulla base delle rilevazioni effettuate nel 2005 e nel 2006 dall´Università di Bari, che al quartiere Tamburi, a ridosso della fabbrica quindi, il benzoapirene era anche dieci volte maggiore rispetto al resto della città. Ha risposto il ministero che quei dati non erano utilizzabili. «E´ così impossibile imporre le specifiche criticità ambientali - dice Agrigola - e quindi imporre limiti più restrittivi». Ora però l´Agenzia regionale per l´ambiente insiste, mettendo a disposizione anche le rilevazioni dell´Ispsel del 2004: anche all´epoca al Tamburi il benzoapirene era dieci volte maggiore che nel resto della città.

Oltre ai dati dell´Ispsel, l´Arpa nel suo dossier propone poi una serie di dati comparati con altri insediamenti siderurgici in Italia. In tutti i casi, nelle vicinanze delle aziende sono stati rilevati valori sopra la media di benzoapirene. La prova, secondo Assennato e i suoi tecnici, che la causa dei valori anomali al Tamburi è proprio l´Ilva. Ora a questa relazione dovrà rispondere nuovamente il ministero, non fosse altro perché i tempi stringono.

Il ministro Stefania Prestigiacomo ha rassicurato la famiglia Riva che entro la fine dell´anno si chiuderanno le procedure per il rilascio dell´Aia. Rilascio sul quale la Regione è pronta a dare parere negativo, seppur non sia vincolante per il ministero. «Non siamo soddisfatti - ha detto l´assessore all´Ambiente, Michele Losappio - del cronoprogramma sugli abbattimenti degli agenti inquinanti che l´azienda ha proposto. Secondo noi infatti è opportuno ridurre molto le emissioni, oggi Taranto non può sopportare questi livelli».

Losappio così come Legambiente e il comune di Taranto avevano espresso il proprio sostegno all´Arpa «sulla qualità delle rilevazione». Il caso era finito anche in Parlamento. Il deputato del Partito democratico, Francesco Boccia, ha presentato un´interrogazione al ministro Prestigiacomo e ha attaccato pesantemente la famiglia Riva. «Non è ammissibile - aveva detto Boccia - che nel 2008 un´azienda produca utili per 2,5 miliardi in quattro anni e investa poco o nulla su un territorio così martoriato e sfruttato».

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