Si progetti per Taranto l’uscita dalla monocultura dell’acciaio
“Ho visto in Tv scendere Emilio Riva dal Palazzo dove si stanno chiudendo gli accordi sui resti dell’Alitalia. Come sapete lui è della cordata CAI. Come è possibile che continuiamo a finanziare con denaro pugliese il risanamento ambientale dell’ILVA a Taranto e lui investe altrove i profitti? Insomma diossina, inquinamento e morti a Taranto e proventi investiti altrove! Questa storia deve finire.
Si vuol continuare a fare siderurgia a Taranto? Bene, l’azienda attui al più presto senza ulteriori indugi quanto stabilito nelle tonnellate di carta stampata finora, senza attendere gli effetti dell’Atto di Intesa con la Regione Puglia. Dobbiamo responsabilità alle 13.630 persone che lavorano e soffrono all’ILVA ma la dobbiamo anche ai bambini, ai polmoni, all’ambiente ed alla dignità di questa città bellissima e saccheggiata. Allora si faccia a Taranto come a Bilbao, in Spagna. Si progetti l’uscita dalla siderurgia e la si riconverta al turismo, alla trasformazione biologica dei prodotti agricoli, alla ricerca scientifica, alla cultura. Insomma alla economia del domani, non a quella del passato.
Nessuno chiede di abbandonare la cultura industriale di Taranto ma allora questo deve essere il centro propulsivo di ricerca di nuove soluzioni industriali ecocompatibili. Si applichi a Taranto quanto già studiato con i SIAM, i modelli di area industriale sostenibile finanziati dalla Unione Europea. Potrebbe essere la tecnologia dei FEA, (forni elettrici ad arco) ma non spetta a me indicare la soluzione tecnico/economica più conveniente. Mi interessa però in quanto componente della IIIª Commissione regionale Sanità non tacere su quello che ci aspetta. Un pericolo sanitario ed ambientale che è sotto gli occhi di tutti e che provoca le lacrime di molti. Di quelli che hanno perso la vita al lavoro e di quelli che hanno perso la salute o la perderanno.
E se a qualche cinico la cosa non interessa, potremmo iniziare a contabilizzare le spese per le cure sanitarie delle malattie indotte da diossina, polveri e metalli pesanti. Il carico di vite umane deve imporci di trovare un'altra strada. Non è impossibile, in Spagna ce l’hanno fatta, possiamo farcela anche noi. Gli introiti delle permanenze medie turistiche hanno di gran lunga superato il fantascientifico investimento iniziale per il Museo Guggheneim di Bilbao.
Significative le parole del vicesindaco di quella città, Ibon Areso Mendiguren: “un clima di dissenso diffuso, induceva molti a considerarci "los mas tontos de Europa" per aver accettato ciò che tutti gli altri avevano rifiutato. In questo clima di dissenso diffuso, che induceva molti a considerarci "los mas tontos de Europa", per aver accettato ciò che tutti gli altri avevano rifiutato, e per aver propiziato la cultura della Coca-Cola e dell’imperialismo americano, dovemmo concretizzare la scommessa strategica che avevamo formulato, costruendo un museo che avesse la forza di diventare l’emblema della nostra città e di inserire Bilbao nel circuito delle grandi mostre che si svolgono nelle principali capitali del mondo.
La verità è che quella scommessa superò le nostre migliori aspettative: come dimostrano le cifre e il suo successo cambiò radicalmente il clima avverso che ho prima descritto”.
La città di Taranto, 200.000 abitanti contro il milione di Bilbao può e deve ristrutturarsi, a partire dall’acciaio per finire ai suoi immensi tesori archeologici, culturali e paesaggistici. E questo nonostante il Ministero dell’Ambiente sconfessi i dati ineccepibili dell’ARPA, l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale. Mi associo al coro di solidarietà scientifica che pubblicamente ha dato sostegno all’azione del Professore Giorgio Assennato appena il 25 Settembre scorso.
Ricercatori del CNR, il Consiglio Nazionale delle Ricerche e professori dell’Università di Bologna, primari ospedalieri di radioterapia come il professor Portaluri. L’opera encomiabile dell’assessore all’Ecologia Losappio insieme al presidente Vendola che ha cercato con ogni mezzo la strada del pragmatismo e del colloquio con i vertici aziendali dell’ILVA non può essere azzoppata da ritardi e opacità. Il 2014 come data di risanamento ambientale dell’ILVA non è accettabile. La lettera del presidente Vendola al Governo, del 30 Luglio scorso, è stato un atto miliare nella storia degli interventi politici sull’Ilva di Taranto.
Il risanamento dell’ILVA deve partire, essere concretamente visibile e certificato da organi indipendenti e non essere sminuito da limiti legali della diossina che cozzano con i livelli effettivamente sopportabili dal corpo umano. Non ci interessa scambiare la nostra salute con il salvataggio interessato di compagnie aeree fallimentari, che al Sud lasciano cadere le briciole.
Il Ministro Prestigiacomo con delega all’Ambiente deve onorare i voti raccolti in Puglia per il suo partito, non le strategie milanesi del Capo di Governo, che portano soldi al Nord ed inquinamento, malattie e bassa occupazione al Sud. Quindi ben venga il referendum consultivo imposto dal Tar al Comune di Taranto. Ora saranno i cittadini ad esprimersi ed a valutare”.
Incidente all’Eni di Taranto: Lettera aperta di Luciano Mineo
Lo stabilimento Eni di Taranto è al centro di una lettera aperta che il vicepresidente del Consiglio regionale, Luciano Mineo, ha indirizzato all’assessore regionale all’ambiente, Michele Losappio. Questo il testo.
Caro Assessore, la gravissima emergenza verificatasi, ieri, nello stabilimento Eni di Taranto richiede un intervento rapido ed incisivo da parte della Regione.
I responsabili dell’impianto e, più in generale, il management dell’Eni devono essere convocati per chiarire le responsabilità e le cause di quanto è avvenuto e per garantire che, in futuro, non si verifichino più incidenti simili.
Il direttore generale dell’Arpa, prof. Giorgio Assennato, ha dichiarato che episodi che determinano una situazione di vera e propria emergenza sono divenuti troppo frequenti nello stabilimento in questione.
Taranto non può più consentirsi di vivere ore drammatiche in cui fiamme e fumo nero, contenente idrocarburi, si riversano sulla città ed, in particolare, sui quartieri circostanti.
La misura è colma. Ed è arrivato il momento di riservare all’Eni le stesse attenzioni che nel corso degli ultimi anni sono state riservate ad altri impianti industriali.
Il chiarimento è assolutamente necessario, non solo in relazione alla gestione dell’attuale impianto ma anche perché l’Eni si candida a raddoppiare lo stabilimento di Taranto.
La mia opinione è che l’incidente di ieri mette seriamente in discussione l’ipotesi del raddoppio e, comunque, il progetto dell’Eni non potrà mai essere autorizzato senza avere ottenuto le preventive garanzie circa una corretta gestione dello stabilimento e senza avere acquisito la certezza che incidenti, come quello di ieri, non si verificheranno più.
Oltretutto, Taranto e la Puglia sono abbondantemente creditori rispetto al resto del Paese. Raffiniamo il petrolio, produciamo l’acciaio, esportiamo energia: tutto questo senza contropartite, se non quella occupazionale, che, nel caso di raddoppio dello stabilimento Eni, sarebbe irrisoria. Casomai, per sentirsi, poi, dire dalla Lega e da esponenti dell’attuale governo nazionale di essere parte di un Mezzogiorno di fannulloni, camorristi ed incapaci.
Ti invito, pertanto, a convocare i dirigenti dell’Eni, alla presenza delle istituzioni ioniche e dei consiglieri regionali del territorio per fare il punto della situazione ed acquisire i dati su cui, successivamente, adottare le decisioni che saranno necessarie
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