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«Referendum su Ilva, vinceranno i sì»

«Aver ottenuto il referendum è un fatto molto positivo. L'eventuale chiusura dell'Ilva o quanto meno del-l'area a caldo, che è la più inquinante, farà bene alla salute collettiva. Noi chiediamo ai tarantini di esprimersi su tale quesito».
7 ottobre 2008
Cesare Bechis
Fonte: Corriere del Mezzogiorno

- Sono parole di Nico Russo, coordinatore di «Taranto Futura», il comitato cittadino referendario per la tutela della salute e del lavoro che, presso il Tar, ha vinto un ricorso contro il Comune di Taranto ora obbligato a mettere a disposizione dei cittadini gli strumenti amministrativi per manifestare la propria volontà con il referendum.

Avvocato Russo, Taranto virtualmente potrebbe perdere quindicimila posti di lavoro se i cittadini diranno sì alla chiusura della fabbrica dell'acciaio. Ci ha pensato?

«Noi poniamo una condizione, che il governo e la comunità europea provvedano a tutelare i posti di lavoro così come è stato fatto per Alitalia. Nel caso della compagnia aerea, in pochissimo tempo, s'è risolto il problema occupazionale. Anche a Taranto, nell'eventualità, si può fare la stessa cosa».

I lavoratori che rimarrebbero a spasso come potrebbero essere reimpiegati in un'area di crisi come quella tarantina?

«Tanto per cominciare, per bonificare l'area dismessa dalla siderurgia ci vogliono quarant'anni di lavoro. Ciò assicurerebbe occupazione per i dipendenti di Ilva che potranno portare a termine questa attività per rendere l'area ecocompatibile».
Mi scusi, ma non sarebbe meglio continuare la strada intrapresa per costringere l'Ilva a produrre in modo ecocompatibile annullando le emissioni inquinanti?
«Noi non crediamo alle barzellette. L'adozione di tutte le migliori tecnologie possibili non raggiungerebbe questo scopo e non renderebbe l'azienda dell'acciaio compatibile con l'ambiente».

Come fa ad affermarlo?

«Lo dico perchè gli impianti tarantini sono obsoleti e quindi nessun rimedio in tal senso potrà essere utile alla salute dei cittadini e dei lavoratori ».

Secondo lei come voteranno i tarantini?

«Siamo in possesso dei risultati di un sondaggio durato sei giorni. Ebbene l'82 per cento dei cittadini è favorevole alla chiusura dell'Ilva».

Benissimo, poi che si fa?

«Se al referendum vincono i sì è un risultato importantissimo per la città, una vittoria della democrazia. Certamente sarà un indirizzo amministrativo da parte del delegante nei confronti del delegato ovvero da parte dei cittadini verso la politica di qualsivoglia colore. E' questo il risultato più importante».

I sindacati, intanto, si sono espressi in modo contrario e anche gli amministratori tarantini. Che ne pensa?

«I sindacati sono contrari perché hanno interessi corporativi da tutelare e naturalmente sono contrari anche i politici perché il referendum non è altro che la testimonianza della loro sconfitta e del timore reverenziale nei confronti dell'azienda».

Quando saranno chiamati alle urne i cittadini?

«Contiamo di fare referendum subito prima o subito dopo le elezioni per il rinnovo del consiglio provinciale. Intanto nei prossimi giorni al consiglio di stato si discute la nostra richiesta di sospensiva per la costruzione della zincatura a caldo nello stabilimento dell'Ilva. Il dirigente della Regione Puglia ha escluso la procedura di impatto ambientale».

Confindustria, Confartigianato, Confesercenti e Confcommercio
Il deciso «no» delle categorie produttive

Tutte contrarie le associazioni produttive di Taranto all'idea che un referendum, per quanto forma diretta di democrazia, possa decidere sul destino del più grande stabilimento siderurgico d'Europa. «Sono assolutamente contrario alla chiusura totale o parziale dell'Ilva - dice Domenico D'Amico, presidente provinciale di Confartigianato, - e la proposta di un referendum mi sembra uno dei tanti eccessi della nostra città. Certo, l'azienda siderurgica deve essere costretta a diventare realmente ecocompatibile col territorio, ma utilizzando le leggi vigenti, che ritengo sufficienti e adeguate. Rigore e vigilanza, dunque, senza sconti. Auspicando che Regione Puglia, Provincia e Comune di Taranto facciano sino in fondo il loro dovere: la loro azione, infatti, sino a oggi, non mi è apparsa affatto convincente e intransigente in materia ambientale».

Luigi Sportelli, presidente Confindustria, ritorna sul tema degli accordi. «L'atto di intesa - ammette - continua a rappresentare un modello da mutuare in quanto mira a tutelare anche il grande apparato produttivo di cui il complesso siderurgico dispone. Solo una politica capace di rendere compatibili le due facce della stessa medaglia, pertanto, potrà fornire alla città le risposte che cerca: ben vengano, dunque, tutti quei correttivi che consentiranno, oltre gli accordi già sottoscritti, di imprimere un accelerata ai progetti di risanamento. Il referendum di per sé rappresenta uno strumento sbagliato per almeno due motivi strettamente connessi: perché non suggerisce valide ipotesi alternative e perché sembra non tener conto di un dato: la gran parte del Pil di questa provincia riviene dalla grande industria».

Secondo Roberto Conte, segretario provinciale di Confesercenti, «l'Ilva è un problema troppo grosso da sciogliere che non può limitarsi ad un quesito referendario dove si dovrà dire un si o un no secco senza raccogliere le varie sfumature. Penso sia il momento che sia la politica di questa città a prendere in mano seriamente il problema e proponga una soluzione idonea nell'interesse generale e non particolare di qualcuno, una proposta che eviti che questo problema sia deciso da un quesito referendario che non potrà dare la risoluzione giusta e idonea al problema». Anche Emanuele Papalia, presidente di Confcommercio, non condivide l'idea del referendum come metodo per pronunciarsi su un problema così serio però ammette che «finalmente si saprà cosa pensano i tarantini di questo problema».

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