No alla discarica, Riva fa ricorso al Tar
LECCE — L'amministrazione provinciale di Taranto ha bloccato l'avvio di una nuova discarica per rifiuti pericolosi nello stabilimento Ilva e il gruppo Riva, che ne è proprietario, si rivolge al Tar di Lecce aprendo un nuovo contenzioso con le istituzioni. Il quesito riguarda un impianto per la raccolta di materiale di scarto della lavorazione industriale situato in una cava dismessa a Statte ricadente nelle proprietà del siderurgico.
Iniziati i lavori 13 anni fa, con tutte le autorizzazioni in regola, questo almeno sostengono i legali di Riva, il prima lotto della discarica in questione, pari ad una capienza di 150mila metri cubi di rifiuti (il progetto completo ne prevede il doppio), è stato completato ma quando la direzione del siderurgico ha presentato la richiesta di inizio attività, dagli uffici del settore Ecologia e Ambiente della Provincia è arrivato il fermo dell'impianto disponendo per esso «l'inoltro di domanda Autorizzazione integrata ambientale (Aia)» al Ministero dell'Ambiente.
Per i legali della famiglia Riva (Francesco Perli di Milano e Roberto Marra di Lecce), le cose non stanno così. Per questo, l'altro ieri, hanno depositato un ricorso al Tar chiamando in causa, oltre alla Provincia, anche il Ministero dell'Ambiente, la Regione Puglia e il Comune di Statte. La controversia avanzata dall'Ilva è basata sul fatto che la discarica denominata «Cava Mater Gratiae» è stata già realizzata «con tutte le prescrizioni fissate nel decreto Valutazione impatto ambientale (Via) e nelle autorizzazioni, comunicando alla Provincia, secondo quanto prescritto, l'avanzamento dei lavori».
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