Latte alla diossina, un altro caso
TARANTO — Spunta un nuovo campione di latte di capra contaminato dalla diossina. Appartiene all'animale di un allevamento ospitato in una masseria che si trova lungo la direttrice Taranto-Grottaglie e distante tra i cinque e i dieci chilometri dall'epicentro del fenomeno rappresentato dallo stabilimento siderurgico. E' il risultato fornito dall'istituto zooprofilattico di Teramo sugli esami effettuati dopo gli ultimi prelievi.
Il lavoro degli uomini del dipartimento di prevenzione dell'azienda sanitaria locale di Taranto è proseguito, sin da marzo, senza soste per completare le verifiche in un cerchio sempre più largo rispetto ai primi campionamenti fatti nell'area sotto le ciminiere dell'Ilva. Ulteriori prelievi di campioni di latte, formaggi ed altri derivati su pecore e capre sono stati compiuti nelle settimane scorse e l'altro giorno gli analisti di Teramo hanno consegnato il referto.
«Si tratta di un unico risultato positivo alla diossina - dice Michele Conversano, responsabile del dipartimento, - su decine di casi tutti negativi. In ogni caso la situazione va approfondita ugualmente non appena finirà il periodo di gestazione degli animali che, in questo periodo, non allattano».
Quest'unico, ulteriore caso, conferma che la contaminazione da diossina potrebbe essere più estesa di quanto si pensasse a marzo. Dopo i primi campionamenti negli allevamenti situati entro un raggio molto limitato dallo stabilimento siderurgico, i prelievi sono stati effettuati in un'area più allargata proprio per verificare il grado di diffusione della diossina e, eventualmente, dei policlorobifenili (Pcb) che pure furono ritrovati nel latte di un'azienda di Statte. Questo lavoro dell'Asl determinò l'imposizione del vincolo sanitario a sette aziende agricole possessori di allevamenti. Gli animali non potevano essere macellati, di conseguenza venne proibita la vendita della carne.
Sin dall'inizio, in ogni caso, le autorità sanitarie ridimensionarono la pericolosità della situazione dal momento che il latte contaminato non era destinato alla vendita ma serviva all'alimentazione all'interno del gregge. Gli elementi inquinanti di derivazione industriale, diossina o pcb, sono diffusi nell'area circostante l'Ilva e finiscono nel terreno dove gli animali pascolano. Di qui la necessità da parte delle autorità sanitarie di controllare non solo il latte e i suoi derivati, ma anche il suolo e le carni delle bestie macellate. Anche la Procura di Taranto avviò un'indagine per definire il quadro e individuare eventuali responsabilità. Le conseguenze più pesanti sono a carico delle aziende agricole. La giunta regionale ha deliberato che, per evitare ogni rischio, vanno abbattuti milleduecento animali appartenenti a sette allevamenti. Ai proprietari è riconosciuto un indennizzo per il quale la Regione ha stanziato 160 mila euro complessivi, pari a 133.3 euro ad animale.
Estensione
Il caso conferma che la contaminazione potrebbe essere più estesa di quanto si pensasse a marzo
Le verifiche
L'Asl ha allargato le analisi allontanandosi dalle ciminiere Ilva. Gli esami eseguiti dall'istituto zooprofilattico di Teramo
Le pecore
Il caso delle pecore alla diossina prende il via a marzo quando l'istituto zooprofilattico comunica l'esito delle prime analisi e sul latte degli animali di un allevamento dell'area intorno all'Ilva. Da quel momento i controlli si intensificano e sette aziende ricevono il vincolo sanitario. Non possono macellare né vendere carni e derivati del latte. Gli accertamenti da parte dell'Asl e dell'Arpa si allargano all'olio, al suolo. Il Comune di Statte vieta il pascolo. Ora saranno abbattuti 1200 animali
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