Vogliono il pizzo, la Wertmuller sposta il set
TARANTO — «Mannaggia alla miseria» è una tipica imprecazione meridionale e solo a una meridionale come Arcangela Wertmuller, detta Lina, lucana di Palazzo San Gervasio, o al compianto Nanni Loy, poteva venire l'idea di farne il titolo di un film. Un titolo quanto mai azzeccato, bisogna dire, sia per il luogo, Taranto, sia per ciò che poi è successo, cioè richiesta di «pizzo» di 50 mila euro per continuare a lavorare in pace.
Si potrebbe raccontare il guaio capitato alla Wertmuller proprio con un film di Nanni Loy. Per esempio, «Mi manda Picone», oppure, per non prendere troppo sul serio i delinquenti che si sono presentati sul set e che la polizia ha inquadrato come «isolati balordi», con il più scanzonato «Pacco, doppiopacco e contropaccotto».
Ma poiché quanto a titoli la Wertmuller è pressoché imbattibile, la minaccia estorsiva subìta potrebbe portare proprio il titolo di uno dei suoi film. «Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare di agosto», per esempio, andrebbe benissimo. Sostituendo azzurro con inquinato e agosto con Taranto, sarebbe perfetto. Per non parlare di «Io speriamo che me la cavo». E infatti è stato proprio per cavarsi da ogni impiccio che Lina ha subito annunciato di voler abbandonare Taranto per continuare le riprese a Brindisi.
Naturalmente, la Wertmuller è stata subito sommersa da una cascata di messaggi solidali e tranquillizzanti. Come quelli del governatore Vendola: «Chiedo scusa a nome dei pugliesi ». Del sindaco Ippàzio Stefano, del prefetto e del questore, che a leggerli bene sono altrettanti garbati «mannaggia alla miseria», per dire che anche quest'altra tegola, sulla capoccia sfasciata di Taranto, proprio non ci voleva. O dell'assessore regionale al Turismo, il tarantino Massimo Ostillio, che ricordando «le emergenze sociali, ambientali, economiche ed occupazionali » della città ha voluto anch'egli lanciare il suo «mannaggia alla miseria» rappresentativo del pensiero del governo regionale.
Ciononostante, a Taranto adesso sono tutti contenti. Non soltanto perché il pizzo non è stato pagato, ma perché «Mannaggia alla miseria» è già diventato il motto della città. E si capisce. Taranto è il Comune italiano che ha anticipato la crisi finanziaria mondiale grazie a «derivati», obbligazioni spazzatura e cartolarizzazioni d'ogni tipo, facendo bancarotta per un miliardo e 200 milioni di euro (spalmati su 200 mila abitanti fanno 6 mila euro a cranio). Ed è anche la città che ha l'acciaieria più grande d'Europa, l'Ilva, che però non ha pagato l'Ici per 13 anni (13 milioni di euro).
Cosa le resta da dire se non «mannaggia alla miseria »? Qualche giorno fa, poi, i tarantini sono venuti a sapere che a Catania — anch'essa in bancarotta — il governo ha regalato 140 milioni di euro per far fronte all'emergenza, mentre a loro nemmeno una lira. Potrebbero non pronunciare ancora una volta il titolo del film, come uno spot pubblicitario di massa? Lina, dicono, forse ci ripensa. Anche per un'altra ragione. Andandosene a Brindisi quel titolo-imprecazione verrebbe un tantino modificato. Lì si dice «mannaggia alla p... della miseria».
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