Operai morti, indagati i direttori del Siderurgico
TARANTO — E' giunta al capolinea un'indagine silenziosa che ha ripercorso le dolorose vicende di oltre trenta famiglie colpite da morti per malattie contratte su lavoro a causa del contatto con sostanze nocive. In questi giorni, è stato recapitato ai 32 indagati l'avviso di conclusione delle indagini con valore di avviso di garanzia. Si tratta dei direttori dello stabilimento siderurgico e degli amministratori delegati che si sono alternati alla guida fino al 1993, ovvero quando l'Ilva è stata ceduta al gruppo Riva.
Fra questi, gli ex direttori Giovanni Mario Costa (direttore dal '73 al '78), Mario Noce (direttore ‘82-'84) ma anche l'attuale direttore Luigi Capogrosso; ed amministratori delegati come Giovanni Gambardella ('88-'93) od il giapponese Hayao Nakamura, ultimo manager della gestione pubblica del siderurgico tarantino. Alcuni indagati in questi giorni hanno presentato al pubblico ministero documentazione per chiarire la propria posizione in merito all'indagine, per la quale è già stata avanzata richiesta di fissazione di udienza preliminare.
Il pm chiede un processo per stabilire responsabilità nelle morti di quasi 30 operai, deceduti nel corso degli anni dopo aver contratto malattie sul lavoro. Nel capo d'imputazione si fa riferimento ad un mix letale di elementi dannosi per la salute dei lavoratori di cui gli indagati non si sarebbero preoccupati. Nella lunga lista, diossina, apirolio, amianto, polveri sottili, pcb e mercurio.
Un mix che avrebbe creato uno stato tale di inquinamento all'interno dello stabilimento da portare alla morte di più operai. Oltre alle lesioni gravissime ed alle morti colpose, cui il pm contesta anche le aggravanti per futili motivi, i massimi vertici dello stabilimento son chiamati alla responsabilità di non aver informato adeguatamente il personale dei rischi per la salute prodotti dalle lavorazioni cui erano adibiti e dalle polveri che respiravano.
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