ILVA: presidiare contro la terribile propaganda
L’ILVA e i suoi problemi stanno acquistando ultimamente un risalto nazionale. Nella narrazione di vari servizi giornalistici sta assumendo sempre più l’aspetto di un mostro, dipinto con gli stessi colori con cui da anni ormai le varie associazioni ambientaliste e di sensibilizzazione tarantine ne disegnano i tratti.
L’ILVA è una fabbrica di morte, epicentro di diffusione di tumori e di inquinamento. Gli operai sono spesso vittime di incidenti mortali. La sua direzione viene raccontata come spietata, spesso indagata e quindi condannata dai tribunali. Dovrebbe far piacere un atteggiamento del genere da parte dei media nazionali e locali ma, un’ombra sinistra appare come sfondo di questa riflessione: un paragone inquietante.
Prima dell’attacco alle Torri Gemelle e la conseguente accusa contro il regime talebano afgano, l’opinione pubblica mondiale era stata sensibilizzata da una massiccia campagna di informazione capitanata da Amnesty International. Chi non ricorda l’immagine della donna di Kabul col burqa o la distruzione dei Budda da parte dell’esercito? Conoscevamo l’Afghanistan attraverso foto e video che mostravano la violenza di un regime guidato dal fondamentalismo religioso e tutti, ma proprio tutti, ne eravamo indignati. La decisione USA di attaccare l’Afghanistan per estirpare alla radice il problema talebano un po’ ci spaventava ma un po’ lo condividevamo, dato che, oltre il fatto del World Trade Center, sapevamo di cosa erano capaci questi “studenti di Dio”. Da questo si desume che le campagne delle varie ONG siano state propedeutiche alle bombe americane.
Se per “sinistra” intendiamo una parte della popolazione sensibili ai temi dei diritti civili e delle libertà fondamentali, pacifista e tendenzialmente eterocentrata, e per “destra” invece la parte che è più conservatrice, attaccata ad un sistema valoriale assoluto e autocentrato, i fatti dell’Afghanistan sono stati raccontati da sinistra e affrontati da destra. Presumendo che questo “metodo” possa essere astratto e quindi formulato come una teoria e quindi applicato a questioni diverse, ammetteremmo che l’azione da “destra” trova giustificazione e legittimità anche grazie alla sensibilizzazione da “sinistra”.
Possiamo provare ad applicare questa teoria a Taranto e alla questione ILVA. I media nazionali hanno iniziato a parlare di Riva e dello stabilimento siderurgico a partire dallo scandalo dell’abbattimento dei capi di bestiame a causa dell’avvelenamento da diossina. In una sorta di effetto domino, a poco a poco l’argomento è stato sdoganato e la questione affrontata da più punti di vista. Testate che poco o nulla hanno a che fare con quelle generalmente sensibili agli argomenti ambientalisti, hanno iniziato a raccontare con un taglio particolare i fatti del siderurgico tarantino. Contemporaneamente il TAR ha dato via libera ad un referendum che, lungi dall’essere utile al futuro dei cittadini, ha tutte le caratteristiche di un’arma a doppio taglio, sia per la città che per l’amministrazione Stefàno. Tirando le somme, è possibile asserire che l’equazione ILVA uguale Male è stata sdoganata e un poco ufficializzata: questa è la sensibilizzazione da “sinistra”.
In un intervista ad un consigliere comunale di AN di Grottaglie, in occasione di un evento riguardo la discarica Ecolevante, venne fuori che il direttivo provinciale del partito di Fini aveva deciso che la questione ambientale a Taranto doveva divenire fondamentale nella loro politica. Il partito avrebbe dovuto iniziare ad occuparsi di inquinamento e ambiente e mettere queste questioni al centro del loro agire. Questo avveniva in primavera.
In vista degli appuntamenti elettorali di questa primavera (le provinciali) e dell’anno venturo (le regionali) e dell’immagine della coalizione di centro destra a Taranto dopo il crack del comune e il successivo indebitamento, causato dalla gestione che definire criminale è poco delle giunte di quel colore, è plausibile pensare che, per risalire la china si sia scelto di cavalcare un argomento ampiamente condiviso come l’ambiente. Un argomento che può benissimo essere sfruttato non solo in provincia ma anche in tutta la regione, dato che Vendola è stato spesso attaccato dalle realtà ambientaliste perché le aspettative della “rivoluzione gentile” si sono dovute ridimensionare con il compromesso politico tra le forze della coalizione. L’ambiente e la sua salvaguardia sembrano un buon argomento per cercare di scalzare le giunte di centro-sinistra pugliesi.
Questo argomento non è facile da affrontare come sembra, dato che ad esso sono legati alcuni aspetti molto importanti, come quello dell’occupazione, se prendiamo ad esempio l’ILVA. Affermare che lo stabilimento deve chiudere perché le sue emissioni ammazzano, vuol dire affrontare un intervento a cuore aperto con il machete. Oppure, se affrontiamo questo da un punto di vista di dibattito politico, significa raccontare la diossina con gli strumenti della propaganda, perché si usa un argomento pienamente condiviso come la diossina che uccide proponendo una soluzione che a prima vista può sembrare naturale, la chiusura dell’acciaieria, tralasciando un importante effetto collaterale, l’occupazione.
Ecco che la teoria dedotta dall’affare Afghanistan inizia, in maniera induttiva, a calzare all’affare ILVA: sfruttare un argomento condiviso per proporre una soluzione propagandistica e inattuabile in realtà, se non con gravi perdite dal lato del diritto al lavoro, in modo da ottenere un consenso politico tale da vincere elezioni che altrimenti andrebbero sicuramente perse, dato il curriculum che la coalizione di centro-destra ha accumulato in Puglia, e in particolare, a Taranto in questi anni.
Questa fase è ancora quella della sensibilizzazione da “sinistra” ed è probabile che ad essa seguirà un’azione da “destra”. Ma non è necessario che questo accada, ma è importante una riflessione, da parte di chi è sempre stato in prima linea su queste questioni.
Dubitare deve essere legittimo e si deve fare anche in un momento di euforia. Essere vigili, questa è la soluzione, presidiare sempre e non lasciarsi intrappolare dalla terribile propaganda che promette di togliere i veli con le picchiate dei cacciabombardieri.
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