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Taranto: l'impresa uccide la salute

Un bambino si ammala di cancro da fumo pur non essendo un fumatore. Il territorio è sempre più contaminato, con conseguenze sulle attività rurali e di allevamento. La città vanta un triste primato per l'inquinamento industriale.
23 ottobre 2008
Lunetta Franco (Circolo di Taranto di Legambiente)
Fonte: Aprile On line

- Sempre più spesso gli spaventosi dati relativi all'inquinamento di origine industriale che affligge la città di Taranto assurgono agli onori delle cronache. E non c'è bisogno di essere i soliti ambientalisti catastrofisti per rendersi conto che la situazione è davvero drammatica. Sono infatti i dati forniti dalle stesse aziende e riportati nel registro INES, oltre a quelli che emergono dalle sempre più puntuali campagne di monitoraggio dell'ARPA Puglia e dai numerosi studi di Istituzioni Universitarie ed enti di ricerca, a dare un quadro allarmante della situazione del capoluogo jonico.

Taranto ha due impianti, l'ILVA e la centrale elettrica ex Edison, che si collocano al secondo e terzo posto nella "classifica" di impianti industriali italiani che, con le loro emissioni di CO2, contribuiscono maggiormente all'effetto serra.

Dati altrettanto abnormi riguardano le emissioni di inquinanti con dirette ricadute sull'ambiente e sulla salute a livello locale. La città ha infatti il primato italiano nelle emissioni in atmosfera di Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) (il 95,8 % del totale), di diossina (il 92% del totale), di Piombo (il 78,3 % del totale), di Mercurio (il 57,2 % del totale), di Benzene (il 44,8 % del totale), mentre l'ILVA in particolare detiene, da sola, molti dei suddetti primati oltre che quelli per le emissioni di Ossido di Carbonio, Ossidi di Zolfo e Ossidi di Azoto. Non vanno poi dimenticati il PCB e le consistenti emissioni di piombo, mercurio e arsenico in acqua.

Molte di queste sostanze sono riconosciute come cancerogene nella letteratura scientifica; lo è, per esempio, il benzopirene, un idrocarburo i cui effetti nel determinare il cancro sono ampiamente studiati e dimostrati. Altre sono neurotossiche o hanno effetti sul sistema metabolico, altre, come molti IPA, causano affezioni più o meno gravi all'apparato respiratorio nel suo complesso.

La diossina è ormai divenuta caso nazionale dopo il rilevamento della sua presenza in terreni posti in prossimità ed anche distanti dallo stabilimento siderurgico, in capi di bestiame ed in alcuni alimenti (carni, latte, formaggi). Gravi le ripercussioni subite da attività tradizionali del territorio imperniate sulle masserie: 1200 capi di bestiame dovranno essere abbattuti nei prossimi giorni e il Dipartimento di Prevenzione della ASL procederà a ulteriori analisi su allevamenti, ampliando il raggio d'azione da 10 a 15 chilometri di distanza dall'azienda, dopo la scoperta di un capo contaminato in un allevamento non sottoposto a vincolo sanitario, né situato in prossimità dell'area industriale.

Gli impressionanti numeri parlano da soli e non avrebbero bisogno di alcun commento; confermano, se ce ne fosse ancora bisogno, la gravità assoluta della situazione ambientale di Taranto, la rilevanza nazionale dei problemi dell'inquinamento della nostra città, la necessità e l'urgenza di interventi volti ad abbattere sensibilmente le emissioni inquinanti dell'imponente apparato industriale tarantino,

Questo il contesto nel quale si inseriscono le procedure per la concessione delle Autorizzazione Integrate Ambientali (A.I.A.) alle principali imprese industriali taratine e l'Accordo di Programma del 11.4.2008 in cui sono comprese le maggiori imprese industriali che insistono sul nostro territorio: entrambi sono l'occasione storica per mettere fine alla catena di ritardi, omissioni e distorsioni che hanno caratterizzato l'intera vicenda dell'inquinamento ambientale di origine industriale a Taranto.
Le norme sull'A.I.A. consentono infatti di poter direttamente intervenire sui sistemi produttivi condizionandone l'esercizio all'adozione delle migliori tecnologie disponibili, al sostanziale abbattimento dell'impatto ambientale prodotto e ad un puntuale sistema di monitoraggio delle loro emissioni. Le stesse prevedono inoltre importanti momenti di partecipazione di associazioni e soggetti vari interessati.

Determinante risulta però la volontà politica da parte di Governo, Regione ed enti locali nel voler applicare alcuni fondamentali principi contenuti nella normativa in materia di A.I.A. e MTD (Migliori Tecnologie Disponibili):

- incidere sui processi produttivi piuttosto che sui sistemi di depurazione per ridurre i livelli di inquinamento in applicazione del principio della prevenzione

- adottare, per gli impianti maggiormente inquinanti, misure di adeguamento più incisive e supplementari rispetto a quelle previste dalle B.A.T.

- prevedere prescrizioni che impongano limiti di emissione molto più rigorosi rispetto a quelli previsti dalle legislazioni nazionale e regionale (- 20% di quella nazionale in base alla L.R. 7/99) e mirare a "ridurre al minimo l'inquinamento"

Il solo adeguamento alle B.A.T. non necessariamente garantisce l'osservanza di questi principi. Il progetto presentato dall'ILVA ne è la testimonianza.

E' in questo contesto contraddittorio che la volontà politica delle istituzioni coinvolte diventa decisiva. Fondamentale risulta quindi la convergenza di intenti, proposte ed obiettivi tra enti locali, associazionismo e popolazioni interessate affinché le procedure per il rilascio dell'A.I.A. costituiscano la storica occasione per il risanamento ambientale dell'apparato produttivo dell'area jonica. Irrinunciabile è la convinzione che la libertà di impresa non possa comprimere il rispetto prioritario dei diritti alla salute, alla sicurezza e alla qualità dell'ambiente.

*Presidente del Circolo di Taranto di Legambiente

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