«Roba nostra», Carlo Vulpio a Taranto
«Bisogna far sistema». Questa ricetta, con cui in genere le economie decollano e i paesi si sviluppano, trova da noi un’applicazione tipicamente all’italiana. Consiste nella capacità inesauribile di stabilire reti di complicità e connivenze tra politici, esponenti professionali e istituzionali, faccendieri e malavitosi, con un unico scopo: saccheggiare i beni e le risorse pubbliche.
Anche grazie alle rivelazioni emerse dalle inchieste del pm Luigi de Magistris e alle vicende del giudice Clementina Forleo, Carlo Vulpio punta l’attenzione sul sistema meridionale del malaffare, dove i partiti- famiglia – formula di grande successo in Sicilia, Calabria, Basilicata, Campania, Puglia, Molise – sono macchine oleatissime con cui si smistano i fondi nazionali ed europei, si assegnano gli appalti, si decide la fortuna o la sfortuna nelle carriere pubbliche, a cominciare dalla magistratura. E mette in primo piano le vere forze che «fanno girare» il paese, condannandolo all’inefficienza dei servizi, agli scempi ambientali e al declino inarrestabile della sua economia.
Di queste forze, dopo le scoperte pionieristiche del pool di Milano, Roba Nostra offre la radiografia più aggiornata. Nuovi capibastone politici, tangentisti della prima e della seconda Repubblica, massoni riuniti in fantasiose logge, affaristi devoti della Compagnia delle Opere, clan familiari che sperimentano le tecniche più spietate per garantirsi il controllo di tutto ciò che è pubblico in intere regioni: dalla sanità all’istruzione, ai cosiddetti incentivi per lo sviluppo. La saga italiana delle «mani sporche» tocca con questo libro uno dei suoi culmini.
Dalla prefazione di Marco Travaglio
Calabria, Lucania, Roma, Milano. La nuova Tangentopoli italiana. «Nessuno, grazie anche a questo libro, potrà più dire di non aver saputo.»
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